Ucraina, anche l’Italia va in guerra: pronti mille soldati

Introduzione

La guerra in Ucraina è sempre più una triste possibilità, tra paesi che stanno invitando i propri cittadini a lasciare il paese (tra cui il nostro) e chi sta dando il proprio contributo militare e logistico ora alla NATO ora alla Russia.

Ho già parlato abbondantemente di tutti i rischi che corre l’Italia se scoppia una guerra in Ucraina. Sia per tutti i costi che aumenteranno, sia per le relazioni commerciali con il paese russo che finiranno per peggiorare.

C’è poi un altro rischio che pochi citano: quello dei tanti italiani presenti in Crimea, isola regalata da Cruscev negli anni ’50 agli ucraini (si dice che fosse ubriaco, lui amante della vodka). Con una presenza quasi totale di russi ancora oggi (ne ho parlato qui).

Saranno ben mille i soldati che saranno chiamati alla guerra se la crisi Ucraina non dovesse più lasciare spazio alla Democrazia.

Vediamo come il nostro paese contribuirà contro i propri interessi.

Italia invia mille soldati in Ucraina

Come riporta Il Giornale, le forze armate italiane sono già in prima linea sulla frontiera russa e ucraina con gli alpini in Lettonia e i caccia bombardieri Eurofighter 2000 in Romania. Non solo: mercoledì e giovedì la Nato si riunirà e potrebbe decidere l’invio di ulteriori truppe sul fronte Est dell’Alleanza atlantica.

L’Italia ha pronti 1000 uomini «delle forze che a rotazione sono in prontezza per intervenire» spiega una fonte militare del Giornale.

Ovviamente una nuova missione dovrà passare per il Parlamento, ma nel frattempo le nostre forze in Lettonia e Romania sono «a un livello di allerta elevatissimo» confermano i militari.

Come contribuirà l’Italia nella guerra in Ucraina

L’articolo poi scende nei particolari, grazie ad una fonte militare. «Guardiano del Baltico» è l’operazione più vicina alla frontiera russa, su territorio lettone, dove sono schierati 238 uomini e 135 mezzi terrestri compresi i cingolati tattici che si muovono sui terreni impervi e ghiacciati. Gran parte del Task group è composto dagli alpini del 2° reggimento, battaglione Saluzzo, veterani dell’Afghanistan dove hanno operato e combattuto in zone calde come Bakwa e Bala Murghab.

La parte del leone spetta al reggimento Nizza Cavalleria con le blindo Centauro dotate di un cannone da 105 millimetri. Il mini contingente, che fa parte della «presenza avanzata» della Nato, comandata dai canadesi, è protetto dal 17° reggimento Contraerea Sforzesca.

L’11 febbraio il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, è volato a Riga e ha assistito all’esercitazione «Ajax Strike», che serviva a «rassicurare la popolazione soprattutto delle aree di confine» con la Russia. Il 31 gennaio gli alpini hanno svolto attività addestrative per incrementare le capacità di tiro utilizzando i blindati Lince e i cingolati BV 206/S7.

Cinque giorni dopo sul fronte più a sud, in Romania, i piloti italiani dei caccia Eurofighter 2000 sono stati attivati per uno «scramble», il nome in gergo del decollo rapido per un allarme di possibile penetrazione dello spazio aereo da parte di velivoli ostili. La task force italiana si chiama «Tempesta nera» ed è schierata all’aeroporto militare Mihail Koglnicean di Costanza assieme ai Mig-21 romeni.

Dai primi di dicembre sono operativi gli equipaggi provenienti dagli stormi di Grosseto, Gioia del Colle, Trapani e Istrana. La Romania confina con l’Ucraina che teme un attacco aereo russo. Un’altra zona di attrito è il mare Mediterraneo al largo della Sicilia dove era transitata pochi giorni fa una flotta russa tenuta sotto controllo dalla Nato, che schiera anche le nostre navi e sottomarini.

Tre portaerei alleate sarebbero pronte a convergere sul Bosforo, ingresso al Mar Nero e passaggio marittimo chiave per eventuali rinforzi all’Ucraina, compresa l’ammiraglia italiana Cavour. Da Riga, il ministro della Difesa Guerini, assieme al suo omologo lettone Artis Pabriks, aveva spiegato che

eventuali scelte di ulteriori adattamenti di postura verranno, come sempre, prese insieme agli Alleati. La ministeriale Nato della prossima settimana (16-17 febbraio nda) sarà pertanto molto importante in quest’ottica

In marzo la Marina italiana e gli alpini parteciperanno a «Cold response», una mega esercitazione al Circolo polare artico di 20mila uomini, che i russi vedono come fumo negli occhi.

La base aerea di Aviano è un trampolino di lancio con due squadroni di caccia bombardieri F-16 americani sempre pronti. I droni Global Hawk di Sigonella, solitamente utilizzati sullo scacchiere africano, sarebbero già stati ripianificati per l’area ucraina.

Conclusioni

Date le sue dimensioni e la sua importanza strategica dal punto di vista logistico ed economico, l’Ucraina è l’ultimo ostacolo che divide l’avanzata della NATO rispetto alla Russia, ormai sempre più accerchiata. Lo dimostra il fatto che paesi come Lituania e Lettonia, da ex repubbliche socialiste sovietiche, oggi siano diventate basi militari strategiche per l’attacco finale ai russi.

Joe Biden sta mostrando tutta la sua indole guerrafondaia. Ha acceso la macchina militare americana e noi ci siamo totalmente dentro questa follia. Ma occorre stare attenti, perché oltre alla potenza militare russa, occorrerà fare i conti anche con la Cina, che negli ultimi tempi si è molto avvicinata ai russi. Come hanno dimostrato anche le olimpiadi invernali in corso. E che non ha certo molto interesse che l’America avanzi in quel modo.

Inoltre, la Russia può contare su alleati come l’Iran, paese molto avanzato dal punto di vista nucleare. E noi siamo ci siamo dentro appieno in questa follia, come sempre dalla parte sbagliata e auto-lesionista.

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