Ci sono località che hanno la fortuna di vantare tutti questi fattori attrattivi (si pensi a Napoli città e la sua provincia). O solo alcuni di essi o solo uno. Sta poi nella capacità di chi li amministra, sfruttarne a pieno le potenzialità. In modo da “vendere” quanto la natura o le attitudini umane gli hanno consegnato in eredità, nel miglior modo possibile.
Infatti, il nostro Paese, che ha praticamente tutto quanto un turista possa desiderare, cade proprio in questo. La cattiva gestione delle proprie risorse, la disorganizzazione dei servizi di trasporto, il degrado urbano, l’insicurezza e tante altre pecche, rischiano di allontanare i turisti. Si pensi a quanto sta vivendo Roma da diversi anni.
Certo, poi ci sono fattori esogeni come il terrorismo o le calamità naturali. Nel primo caso, è quanto sta patendo Parigi o località nordafricane come Sharm El Sheikh (ne ho parlato qui). Nel secondo, si pensi ai paesi asiatici afflitti da tsunami, alluvioni o pesanti terremoti.
Come detto, il turismo è una risorsa. Ma può dare vita anche ad effetti nefasti. Socialmente [sta_anchor id=”turismo”]inquietanti[/sta_anchor].
Cos’è la turistificazione, l’effetto nefasto del Turismo
Qualche giorno fa, il 6 aprile, si è celebrata la giornata internazionale della mobilitazione (Madrid, Barcellona, Berlino, Napoli ecc) contro la bolla speculativa legata ai processi di turistificazione e al diluvio di “case vacanza”. Per rivendicare un immediata regolamentazione del fenomeno e politiche pubbliche in difesa del diritto all’abitare.
A Napoli, un partecipato corteo – partito da Largo Banchi Nuovi – ha percorso il centro storico ed i quartieri di Montesanto e Montecalvario nella giornata di mobilitazione contro gli sfratti. Contro la “turistificazione” selvaggia della città ed il complesso delle misure di manomissione urbana, ambientale e sociale dell’area partenopea. Un grido di allarme che deve fermare le variegate dinamiche di gentrificazione del territorio che – in forme sempre più stridenti – si stanno configurando con un netto segno antisociale.
In effetti, anche la città partenopea, i cui pregi e difetti, ma soprattutto le tradizioni, hanno resistito nel corso dei secoli, anche contro le dominazioni stranieri (come quella spagnola ed austriaca), sta vivendo mercificazione della propria anima. Con il centro storico trasformato sempre più in una vetrina da offrire al turista.
Con effetti estremi come quelli che vedono i proprietari di locali cacciare letteralmente i propri inquilini, per ospitare potenziali turisti. Sfruttando l’evidente aumento di flusso turistico che la città sta vivendo da qualche anno con l’amministrazione de Magistris. Dopo gli anni bui vissuti con Rosa Russo Iervolino sindaco.
Del resto, oggi ci sono portali web che consentono di offrire le proprie abitazioni secondarie o terze ai turisti. Su tutti, si pensi ad Airbnb. Dove si offrono proprio appartamenti.
Non solo case però. Anche le attività storiche, come quelle artigiane, sono sempre più vittime di questo “ben servito”. Per fare posto alla globalizzazione turistica. Coi sui fast food, con la sua gastronomia fintamente legata alla tradizione ma rivisitata in chiave aberrantemente moderna. Tanto a Napoli, quanto in molte altre grandi realtà europee. E cosa dire di Venezia, il cui centro è mercé di lounge bar e ristoranti, con i loro invadenti tavolini e ombrelloni. Ma anche di grosse navi che si avvicinano pericolosamente alla costa (come descrissi qui). Date in pasto alla turistificazione.
Ecco il volantino che sabato 6 aprile i manifestanti di Rete SET NAPOLI hanno consegnato ai passanti:
“Napule nun adda cagnà!”… lo ripeteva come un mantra Funiculì Funiculà, l’autoironico killer di “No grazie, il caffè mi rende nervoso” interpretato da un grande Lello Arena. “Nun te piace ‘o sole, ‘a pizza, ‘o mandulino!?”…
Eppure proprio con la retorica del sole, pizza e mandolino, con le sue straordinarie bellezze architettoniche e paesaggistiche, ma anche con la macchina industriale del turismo di massa e la moltiplicazione delle rotte di trasporto low cost Napoli sta vivendo un cambiamento molto veloce.
E molto violento.
Solo le città che muoiono non cambiano, ma i cambiamenti devono vedere protagonisti in primo luogo gli abitanti, le persone in carne e ossa, il vero “Patrimonio Unesco” di ogni città.
Seimila appartamenti diventati “case vacanza” in pochi anni in regime di diffusa evasione fiscale, il conseguente rincaro e l’inaccessibilità degli affitti per le famiglie a basso reddito, per studenti, immigrati e precari, le centinaia di sfratti senza alternativa ci raccontano però il “lato oscuro” di una trasformazione turistica veloce e deregolamentata su una città come Napoli.
Così come la chiusura dei negozi artigiani, di librerie e negozi di musica per la monocoltura della gastronomia seriale, il crescente costo della vita, la diffusione di lavoro nero e sottopagato nell’indotto turistico, la sproporzione tra rendite private e ricavi pubblici, l’impatto sul consumo di suolo e l’inquinamento.
Sono gli effetti collaterali della “turistificazione”, un processo già conosciuto e discusso in quasi tutte le grandi città europee, perché svuota di gran parte degli abitanti i quartieri storici, trasformandoli in una disneyland musealizzata, in una finzione.
Non facciamo un discorso “contro il turismo” ma consideriamo indispensabili politiche di governo di questo fenomeno che devono tutelare le fasce più deboli della popolazione e l’idea stessa della città, una delle poche in Europa ad avere ancora un centro storico abitato, vivo e vero.
Il sei aprile la marcia contro la bolla degli affitti e contro gli sfratti, nello stesso giorno in cui manifestazioni analoghe si terranno da Barcellona a Berlino, non si rivolge perciò solo agli sfrattati, alle famiglie, agli studenti, ai precari sempre più in difficoltà a resistere nei quartieri storici, ma a tutte e tutti, perché riguarda la nostra visione comune della città di Napoli e di quello che diventerà nei prossimi anni! Sabato sei aprile attraverseremo insieme le strade dei nostri quartieri per comunicare, per confrontarci ma anche per rivendicare:
* Scelte politiche che a tutti i livelli di responsabilità (comunale, regionale, governativo) regolamentino l’industria turistica per contenerne gli effetti più negativi, difendano la biodiversità economica e culturale, pongano precisi limiti normativi alla trasformazione delle case in alberghi e difendano i beni collettivi e lo spazio pubblico dalla speculazione di pochi
* Lo stop agli sfratti, agli sgomberi e alla crescita incontrollata degli affitti nei quartieri storici a causa della conversione di sempre più appartamenti in case vacanza. Chiediamo politiche di sostegno al diritto all’abitare dei ceti più deboli, delle famiglie, degli studenti
*Recupero di risorse pubbliche dalle rendite private dell’industria turistica (oggi è enorme l’evasione fiscale che sfrutta anche alcuni vuoti normativi) per finanziare le politiche sulla casa, sulla vivibilità dei quartieri, sulla tutela e la sicurezza del suolo, sulla tutela delle attività artigiane, sulla riduzione dell’inquinamento e la qualità dei trasporti.
A partire dal recupero fiscale sui grandi patrimoni immobiliari religiosi e laici già convertiti al consumo turistico e dalla valorizzazione pubblica dei siti demaniali di interesse storico/culturale che hanno oggi una gestione privatistica.
*Riqualificazione e rilancio del patrimonio pubblico come strumento fondamentale di tutela delle fasce deboli della popolazione. Basta dismissione!