Non solo Cina: i prodotti contraffatti arrivano anche dalla Turchia

Non solo Cina: i prodotti contraffatti arrivano anche dalla Turchia

La Turchia è tra i principali paesi che inondano l’Italia e il resto d’Europa di prodotti contraffatti. Ecco i numeri.

Ci siamo ormai abituati alla dicitura “Made in China” sui prodotti che acquistiamo, per quanto, comunque in molti casi sia camuffata con acronimi come “CE“, che non significa “Comunità Europea” come dovrebbe, bensì “China export“. Prodotti spesso nocivi, per colori e tessuti utilizzati, per non parlare dello sfruttamento dei lavoratori.

Tuttavia, c’è un altro paese che sta inondando i mercati europei: la Turchia. Stato sospeso tra l’Europa e il Medioriente, l’Occidente e l’Oriente. Ammodernato grazie all’operato di Ataturk ma riportato indietro da Erdogan. Che sta ristabilendo un nuovo Impero Ottomano.

Oltre ai mercati che si trovano nei paesi, in primis al centro di Istanbul, che non è la capitale ma di fatto è la città più importante della Turchia (un po’ come la nostra Milano), tali prodotti stanno arrivando nel resto d’Europa e anche in Italia. Ecco i numeri.

Prodotti contraffatti dalla Turchia: i numeri

Ha fatto scalpore la notizia dello scorso anno che ha visto protagonisti Nike, Prada, Gucci e tanti altri marchi celebri che sono stati contraffatti. La Guardia di Finanza di Orbassano ha infatti scoperto un traffico internazionale che partiva dalla Turchia. Venticinque denunciati, 16 multati. Colpiti anche gli acquirenti. Ben 20mila capi falsi. Ma è solo una delle tante notizia di questo genere degli ultimi anni

Come riporta La Conceria, la Turchia è diventato il terzo esportatore di prodotti contraffatti nell’Unione Europa dopo Cina e Hong Kong, ma è prima per merci sequestrate alle Dogane europee. Ad incidere il calo del valore della lira turca e l’andamento negativo dell’economia del Paese. Poiché gli articoli di moda taroccati diventano sempre più economici per i commercianti stranieri.

Per fare un esempio, un venditore al dettaglio acquista nel “gran bazar turco” una tuta Nike per 30 euro per poi rivenderla a 90 euro nel proprio Paese. A prevalere, oltre agli abiti di tutti i tipi (eleganti, casual, sportivi), troviamo anche scarpe (soprattutto sneaker, vantaggioso per il loro utilizzo in tutti i momenti della giornata) ma anche, ovviamente, le borse. Diventate, di fatto, un triste classico della contraffazione.

Come spiega Ümit İzmen, ex manager di TÜSİAD (la Confindustria turca), si è creata una vera e propria

rete criminale organizzata che ha il suo snodo nel personale doganale corrotto

Oltre a Gucci, Prada e Nike, brand particolarmente vittime della falsificazione sono anche Burberry e Louis Vuitton. Ma tanti altri ancora.

Certo, poi c’è un altro problema, forse anche più grave: i marchi che producono nei paesi asiatici a basso costo per poi rivenderli allo stesso prezzo che imposterebbero se producessero nei paesi che rispettano i diritti dei lavoratori e le tasse previste dai regimi fiscali nazionali…

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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