Donald Trump minaccia di imporre dazi del 25% dal prossimo aprile. Ma già la stessa Ue impone dazi e cavilli costosi per le aziende europee.
In un mondo che negli anni ’90 sognava di essere totalmente globalizzato, con la libera circolazione di persone, capitali e merci, sentir parlare ancora di dazi al 2025 fa riflettere non poco. Del resto, a partire dagli anni ’10 del Nuovo Millennio si è assistiti a un contrordine mondiale. Gli Stati hanno ripreso a chiudersi sia commercialmente che amministrativamente, come dimostra, per esempio, la vittoria di Brexit in Gran Bretagna e di Trump negli Usa.
Il 2016 può essere di fatto considerato l’anno 1 di questa nuova fase.
E ora che The Donald è tornato alla Casa Bianca, occorre di nuovo fare i conti con la minaccia dei dazi, che il Tycoon “ha promesso” da aprile. I capi di Stato della sempre più vecchia e povera Europa si stanno affannando per chiedergli uno sconticino e vedremo come andrà a finire. Del resto, Trump ci ha abituati a questa strategia: minacciare la controparte, impaurendola in fase di pre-trattativa, per poi raggiungere un compromesso a suo vantaggio.
Si parla comunque di dazi fino al 25%, il che, oltre a danneggiare noi esportatori, danneggerà comunque anche gli americani stessi, visto che troveranno meno prodotti originali dall’Europa e pure più cari.
Tuttavia, è bene sapere che noi, come stati membri dell’Unione europea, già fronteggiamo dei dazi e pure pesanti. Ecco i numeri.
I dazi dell’Unione europea
Come segnala Il Giornale, Mario Draghi ha ricordato solo poche settimane fa, citando un recente studio del Fondo monetario internazionale, le barriere interne ai 27 Paesi della Ue equivalgono a un dazio del 45% sui beni manifatturieri e una tassa del 110% sui servizi. Tanto che i 27 preferiscono commerciare con Paesi extra Ue.
Ancora, solo 2 giorni fa, la Commissione europea ha detto di volere attenuare gli effetti del CSRD e poi del CSDDD e ancora del CBDM. Di cosa si tratta? Di 3 direttive che equivalgono a dazi e a costi in più per le imprese europee rispetto ai concorrenti:
- con la CSRD obblighiamo a costosissime rendicontazioni finanziarie le nostre aziende;
- con la CSDDD pensiamo di controllare la qualità delle catene produttive;
- la CBDM è una vera e propria tassa sul 90 per cento degli importatori di merci.
Il commissario Dombrovskis ha promesso di cancellarle, il che significherebbe oltre 6 miliardi di costi in meno per le imprese europee. Insomma, da trent’anni e passa il nemico ce l’abbiamo in casa, vicino ai nostri confini.
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