TIM e ITA, ceduti gli ultimi pezzi: si completa uno sfascio annunciato nel 1992

TIM e ITA, ceduti gli ultimi pezzi: si completa uno sfascio annunciato nel 1992

In un discorso sul Britannia del 2 giugno 1992, Mario Draghi aveva predetto e in fondo auspicato tutto questo.

Il 1992 è stato per l’Italia un anno spartiacque: da potenza industriale italiana, con una discreta sovranità rispetto agli stati esteri (colonia americana, ma con un margine di possibilità decisorie interne) a Stato smembrato del suo tessuto imprenditoriale e del suo apparato statale.

Quell’anno, infatti, l’inchiesta di Mani pulite smantellava due grandi partiti che avevano governato il nostro paese (con non poche criticità, sicuramente) fin dal dopoguerra, ovvero Democrazia cristiana e Partito socialista. Mentre la Storia smantellava a sua volta i due grandi partiti di opposizione: Partito comunista italiano e Movimento sociale italiano. Nasceranno tanti partitini, con personaggi politici discutibili e incapaci, servili esecutori dei diktat delle élite globaliste. Si pensi ai vari Amato, Prodi, Ciampi.

Ne verrà fuori un paese spaesato, facile preda degli speculatori stranieri, dell’alta finanza e delle multinazionali. Le compagnie di bandiera saranno via via sfasciate. Del resto, in un discorso sul Britannia (nave della Monarchia inglese, anche essa poi mandata in pensione) del 2 giugno 1992, Mario Draghi aveva predetto e in fondo auspicato tutto questo (ne abbiamo parlato qui).

Tim, ITA e le altre

E oggi, con le ultime notizie relative a Tim (ex Telecom, già SIP) e ITA (ex Alitalia, già Alicai), si può dire che sia completa, o quasi, la liquidazione fallimentare di questo paese. Tim ha venduto pure la propria rete, perdendo così anche l’infrastruttura strategica della società (qui abbiamo già parlato delle conseguenze anche sulla nostra privacy). Mentre ITA sarà ceduta alla tedesca Lufthansa, sebbene a brandelli, prendendosi solo gli aspetti aziendali migliori e strategici.

Due ex grandi aziende, indebitate fino all’osso, utilizzate per giochi di palazzo e scambi di favori. La stessa fine che ha fatto Ferrovie dello stato, Poste italiane, ENEL. Ad oggi, tra le poche aziende pubbliche rimaste, troviamo Leonardo, ex Finmeccanica. Ma vedremo fino a quando.

E come non ricordare anche la brutta fine della FIAT, resa una grande azienda negli anni ’80 con l’incorporamento di Lancia Y e Alfa Romeo. Fino all’acquisizione dell’americana Chrysler, uno dei simboli di Detroit. E, poi dagli anni 2000, lentamente sfasciata. Fino all’incorporamento da parte di Peugeot, diventando Stellantis. E perdendo ogni stabilimento in Italia, così come le sedi legali e commerciali.

, parliamo di un’azienda che collettivizzava le perdite e privatizzava gli utili. Ma, quanto meno, dava lavoro a migliaia di italiani e produceva ottime auto accessibili a tutti. Povera Patria diceva il buon Franco.

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