In questi giorni a Pechino, diverse organizzazioni palestinesi, tra cui Hamas e Al Fatah, hanno firmato la Dichiarazione di Pechino.
Cina sempre più protagonista della geopolitica internazionale. In questi giorni a Pechino, diverse organizzazioni palestinesi, tra cui Hamas e Al Fatah, hanno firmato la Dichiarazione di Pechino, accettando essenzialmente di porre fine alle loro divisioni e rafforzare l’unità palestinese.
Si tratta di un momento storico, che vede la riconciliazione di 14 gruppi palestinesi storicamente divisi e ciò, ovviamente, è andato a svantaggio della causa palestinese.
Vediamo in cosa consiste l’accordo e cosa cambia per la Palestina.
Cosa prevede l’accordo palestinese in Cina
Come riporta Contropiano, la dichiarazione prevede, tra le altre cose, che le fazioni
hanno concordato sul raggiungimento di un’unità nazionale completa che includa tutte le fazioni palestinesi nell’ambito dell’OLP, e sull’impegno per la creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite e garantendo il diritto al ritorno come previsto dalla risoluzione 194
L’accordo tra i gruppi palestinesi prevede anche di “unire gli sforzi nazionali” per fermare il genocidio israeliano a Gaza e per resistere ai tentativi di espulsione dei palestinesi dalle loro terre.
Tra le fazioni presenti, troviamo anche organizzazioni che hanno un certo peso sulla questione di Gaza, sulla nascita di uno stato Palestinese e, soprattutto, per i complicati rapporti con Israele. Ovvero:
- il Movimento Fatah
- il Movimento Hamas
- il Fronte Palestinese per la Liberazione della Palestina (PFLP)
- il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (DFLP)
- ecc.
Hamas e Fatah si erano già incontrati in Cina ad aprile per discutere degli sforzi di riconciliazione.
Cosa cambia per la guerra a Gaza
L’alto funzionario di Hamas, Musa Abu Marzuk, ha così definito lo storico accordo:
Oggi firmiamo un accordo per l’unità nazionale e diciamo che la strada per completare questo viaggio è l’unità nazionale. Siamo impegnati per l’unità nazionale e la chiediamo
Soddisfatta ovviamente la Cina, che sta scalzando sempre più gli Usa per quanto riguarda l’influenza diplomatica sulla questione mediorientale. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi auspica la nascita di un
governo di riconciliazione nazionale ad interim a Gaza, nella fase successiva alla guerra
Il punto più importante è l’accordo per formare un governo di riconciliazione nazionale provvisorio attorno al governo di Gaza del dopoguerra
Dunque, la Cina ci tiene a sottolineare che questo accordo non vuole essere uno sgarro attuale a Israele, quindi un modo di entrare a gamba tesa nel conflitto vigente. Ma un modo per facilitare accordi di pace a guerra finita.
Tuttavia, come fa notare Maurizio Blondet, occorre anche aggiungere che la Cina sia sempre stata favorevole alla causa palestinese e ha sostenuto la soluzione dei due stati al conflitto tra Israele e Palestina. Il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto una “conferenza di pace internazionale” per porre fine alla guerra. E questi accordi di unità infastidiscono Israele.
Cina decisiva anche per conflitto ucraino?
Il ministro degli Esteri ucraino, Dmitry Kuleba, è volato in Cina per incontrare il suo omologo cinese Wang Yi. Il tentativo è quello di trovare un accordo che soddisfi tutti. Gli ucraini sanno bene che, qualora al governo americano ci tornasse Trump, gli aiuti americani si ridurrebbero drasticamente.
A ciò va aggiunto il recente fallimento del vertice di pace in Svizzera. La Cina di recente ha tessuto rapporti con la Russia, e ciò non può non essere un altro fattore determinante per l’approdo a un accordo.