Strage di Piazza della Loggia, una sentenza che sa di beffa

A 41 ANNI DALLA STRAGE, IN CUI PERSERO LA VITA OTTO PERSONE E NE RIMASERO FERITE CENTO, ARRIVA LA CONDANNA DELLA CORTE D’APPELLO PER DUE EX MILITANTI DI ESTREMA DESTRA: CARLO MARIA MAGGI E MAURIZIO TRAMONTE
La strage di Piazza della Loggia a Brescia, avvenuta il 28 maggio 1974 alle ore 10:02, in cui persero la vita otto persone, mentre ben cento rimasero ferite, rientra in quella che fu chiamata la Strategia della tensione. Avviata con l’attentato di Piazza Fontana nella Banca dell’Agricoltura il 12 dicembre 1969, questa strategia diabolica ed assassina fu messa in piedi da terroristi, criminali e settori deviati dello Stato – dunque un coarcevo di forze di natura diversa e in taluni casi anche opposta (Servizi segreti italiani ed internazionali, strutture armate occulte, gruppi di estrema destra con ispirazioni golpiste, lobby segrete, centrali economiche preoccupate dal cambiamento, organizzazioni criminali di diversa origine) – con l’obiettivo di creare uno stato di disordine sociale, che così giustificasse l’intervento delle forze dell’ordine. Con l’intento, anziché di destabilizzare le istituzioni, di rafforzare il potere statale contro ogni forma di cambiamento. Un’involuzione autoritaria e militare del sistema politico italiano insomma. Occorre ricordare infatti il fermento socio-culturale in atto in Italia, come in molte altre parti del Mondo, a partire proprio dalla fine degli anni ’60 e per tutta la prima metà degli anni ’70. La strategia si concluse con la Strage di Natale, del 23 dicembre 1984 sul treno Napoli-Milano, all’altezza della galleria di San Benedetto Val di Sambro (17 vittime).

Orbene, dopo un lungo iter giudiziario più volte chiuso e riaperto, mercoledì vi è stata una sentenza che accerta precise responsabilità sugli autori della strage. Ed è per questo storica, considerando che in altri casi o si condannava gente già deceduta oppure le condanne erano verso ignoti. Ma la sentenza sa anche tanto di beffa, perché arriva dopo 41 anni. Vediamo i dettagli.

LA SENTENZA – La seconda sezione della Corte d’assiste d’appello di Milano ha condannato all’ergastolo due ex militanti di estrema destra: Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Il primo come mandante della strage, il secondo per aver ricoperto un duplice ruolo di collaboratore e depistatore. Sono due veneti, insomma due di quella cellula veneta di Ordine Nuovo che è sempre stata al centro delle indagini su quasi tutte le stragi del periodo 1969-1974, e che in un modo o nell’altro l’aveva sempre fatta franca. Lo stesso Maggi era già stato processato anche per la strage di piazza Fontana e assolto. 
Di quel «giro» di camerati sempre in bilico fra nostalgie naziste e collaborazioni con i servizi segreti delle odiate democrazie occidentali, s’era sempre detto che erano i veri registi ed esecutori delle bombe nel mucchio, cioè quelle messe nelle banche, nelle piazze, sui treni a fare stragi di innocenti per seminare il terrore nel Paese e favorire una svolta autoritaria o peggio ancora un colpo di Stato. Ma mai s’era arrivati a dimostrarne la colpevolezza. Sì, c’erano state varie condanne: ma poi cancellate in appello e in Cassazione.
Questa volta, invece, la doppia condanna difficilmente finirà nel nulla come le precedenti. Gli ergastoli di Milano, infatti, sono stati praticamente quasi «ordinati» dalla Cassazione, e quindi ben difficilmente verranno annullati. Anche qui occorre una spiegazione. Per la bomba di piazza della Loggia, scoppiata durante un comizio dei sindacati, erano già stati celebrati talmente tanti processi che se n’era perso il conto: chi dice dodici in tre istruttorie, chi dice quattordici in cinque istruttorie. Tutti, comunque, finiti nel nulla. 
I PROCESSI PRECEDENTI – Il 2 giugno 1979 i giudici della Corte d’Assise di Brescia condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa, esponenti dell’estrema destra cittadina. Nel dicembre 1981 Buzzi viene ucciso nel supercarcere di Novara, strangolato coi lacci delle scarpe, da altri due detenuti vicini alla destra più agguerrita, poco prima che inizi il processo d’Appello. I due killer, Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, motivano l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse un “pederasta” e confidente dei
carabinieri, ma forse temevano le sue possibili dichiarazioni nel processo di secondo grado che stava per aprirsi. Il 2 marzo
1982 i giudici della Corte d’assise d’Appello di Brescia assolvono tutti gli imputati, Papa compreso, e nelle motivazioni definiscono Buzzi “un cadavere da assolvere”.
Il nuovo processo – Il 30 novembre 1984, però, la Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici. Durante quello stesso anno, Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi avviano una seconda inchiesta sulla base delle rivelazioni di alcuni pentiti, tra i quali Angelo Izzo. Tra gli imputati il neofascista Cesare Ferri, accusato anche dalla testimonianza di un prete, il fotomodello Alessandro Stepanoff e il suo amico Sergio Latini che gli aveva fornito un alibi. Il 20 aprile 1985 la Corte d’Assise d’Appello di Venezia, davanti alla quale è stato celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano. Il 23 maggio 1987 i giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. I primi due sono assolti anche dall’accusa dell’omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perché non parlasse. Il 25 settembre 1987 la Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte da appello di Venezia. Cala il sipario sulla prima inchiesta sulla strage.
Tutti assolti – Il 10 marzo 1989 la Corte d’assise d’Appello di Brescia assolve, stavolta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini. Il 13 novembre 1989 la prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale sancisce in via definitiva le assoluzioni di Ferri,Stepanoff e Latini, mentre il 23 maggio 1993 il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi, accogliendo la richiesta del pm, proscioglie “per non aver commesso il fatto” gli ultimi imputati della inchiesta bis. Nella sentenza, Zorzi scrive che l’ordigno esploso in piazza della Loggia non fu “strumento di una strage indiscriminata, di un atto di terrorismo puro ma di un vero e proprio attacco diretto e frontale all’essenza della democrazia”. A ottobre di quell’anno prende il via la terza inchiesta.
Il terzo processo – Il 16 novembre 2010 i giudici della Corte d’Assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti) con la formula dubitativa dell’articolo 530 comma 2, erede della vecchia insufficienza di prove. Viene revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone e ha cambiato nome. Il 14 aprile 2012 la Corte d’Assise d’Appello conferma l’assoluzione di tutti gli imputati, mentre il 21 febbraio 2014 la Cassazione ha detto “no” alle assoluzioni di Maggi e Tramonte, imputati nel processo per la strage di piazza della Loggia, disponendo per i due
imputati un nuovo processo d’appello. Confermata, invece, l’assoluzione di Delfo Zorzi.
SI CONDANNA LA MATRICE FASCISTA, MA ORMAI ANZIANA – Qualcuno dirà che è archeologia giudiziaria, e che una giustizia tardiva non è una giustizia. Carlo Maria Maggi, un medico veneziano, ha oggi 80 anni ed è in gravi condizioni di salute: non andrà mai in carcere. Se è colpevole, in un certo senso finirà la sua vita da impunito. Maurizio Tramonte, «fonte Tritone» dei servizi segreti del Sid, ha invece solo 63 anni e per lui le cose potrebbero mettersi male il giorno in cui la Cassazione, come appare scontato, dovesse confermare l’ergastolo. 
Ma al di là della sorte e della libertà personale di queste due persone, la sentenza «farà storia», come dicevamo, perché mai si era arrivati a una simile chiarezza – pur al termine di un processo indiziario – nell’indicare le responsabilità di Ordine Nuovo e dei servizi segreti nelle stragi di quegli anni. Molte sentenze erano arrivate a dichiarare colpevoli persone non più processabili perché già assolte con formula definitiva (come Freda e Ventura per piazza Fontana) o addirittura già morte come Ermanno Buzzi, Marcello Soffiati e Carlo Digilio per piazza della Loggia. Ma mai dei vivi, per giunta ancora processabili. Resteranno però impuniti i pezzi dello Stato deviati, che hanno permesso un depistaggio così lungo.
LA MESTA SODDISFAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE FAMILIARE VITTIME – La lettura della sentenza è stata accolta senza applausi da un gruppo di avvocati e parenti ormai invecchiati nell’attesa di una giustizia che sembrava non poter mai arrivare. Manlio Milani, il presidente dell’associazione della vittime di piazza della Loggia, che quella mattina perse la moglie, ha ascoltato a capo chino. «Cosa provo?», mi ha detto pochi attimi dopo: «Non lo so. L’unica cosa che ho rivisto è stata mia moglie. Ho provato nostalgia, ma anche il valore di un segnale che abbiamo dato al Paese non mollando per 41 anni: l’impegno paga».
Per chi vuole approfondire la Strategia della tensione suggerisco il libro: Le stragi dimenticate.

(Fonte: La Stampa, Libero)
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

Una risposta a “Strage di Piazza della Loggia, una sentenza che sa di beffa”

  1. ..dunque un coarcevo di forze di natura diversa e in taluni casi anche opposta (Servizi segreti italiani ed internazionali, strutture armate occulte, gruppi di estrema destra con ispirazioni golpiste, lobby segrete, centrali economiche preoccupate dal cambiamento, organizzazioni criminali di diversa origine)Ma mica per caso volevi riferirti a logge segrete, come la P2, cui era iscritto Berlusconi? Per forza…I collusi con gli stragisti sono stati i governanti della nazione. Forse è questa la beffa, Scialò.

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