La strage silenziosa dei ciclisti sulle strade italiane: le ragioni e i rimedi

La morte del ciclista Michele Scarponi – vincitore del Giro d’Italia 2011 – travolto il 22 aprile da una Fiat Iveco mentre si allenava nella “sua” Filottrano (Ancona), ha riacceso le luci su un tragico fenomeno di questi anni: la strage dei ciclisti sulle strade italiane. Le ultime cifre ufficiali dell’Istat fanno registrare 273 ciclisti morti sulle strade nel 2014 e 249 decessi nel 2015. “Si tratta di una categoria ad elevatissimo rischio, così come i pedoni. Questa tragedia deve far riflettere“, ha affermato Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale Biserni all’AdnKronos.

Il 24 aprile due ciclisti stranieri, a distanza di pochi chilometri uno dall’altro sulla strada statale 16 in Molise, vicino Campomarino, in provincia di Campobasso, sono stati investiti. E uno di loro è morto. Ma quali sono le ragioni di questa strage e come ovviarla?

Strage di ciclisti sulle strade italiane: le ragioni

Michele ScarponiCome riporta LaRepubblica, basta cercare “ciclista” sul web e nella sezione notizie ci s’imbatte in un vero e proprio bollettino di guerra. Con nomi di persone comuni accomunate dalla passione per la bici e da un destino tragico, falciate mentre erano in sella. Si pensi a Don Virginio, il parroco in sella investito dal tram a Torino, o il ciclista investito a Bologna e lasciato sull’asfalto senza essere soccorso. O l’amatore finito sotto le ruote di un trattore nel Vercellese; la donna in bici travolta e uccisa da un’autoambulanza a Monza, solo per citare i casi delle ultime settimane. Ma un autentico record lo detiene un automobilista marocchino con residenza in Italia che a Lamezia Terme nel 2010 investì ben 7 ciclisti, uccidendoli tutti. Era sotto effetto di stupefacenti.

Quali sono i motivi di questa strage di ciclisti sulle strade italiane? Va ricercata nel fatto che chi pedala è esposto a mille pericoli della strada e non avrà almeno uno strumento normativo atto a proteggerlo. Perché le strade italiane, con pochissime eccezioni, non sono affatto amiche della bicicletta e chi pedala per lavoro (come i ciclisti professionisti) o per andare al lavoro (come i ciclisti urbani) continua a farlo a rischio e pericolo quotidiano schivando buche e attraversando incroci mal segnalati, pedalando in mezzo al traffico motorizzato o su piste ciclabili al limite della praticabilità.

Strage di ciclisti sulle strade italiane: i rimedi

La strage di ciclisti sulle strade italiane potrà essere seriamente ovviata solo quando si inaspriranno davvero le pene per chi guida utilizzando lo smartphone (per parlare, chattare o scattarsi selfie). Per chi lo fa in stato di ebbrezza o sotto effetti di stupefacenti. Per chi non rispetta i limiti di velocità nei centri urbani. Importante diventa poi la scuola guida: occorre incitare alla prudenza, a guardare gli specchietti quando si sorpassa, ad aprire lo sportello con la mano destra quando si guida o sinistra quando si è sul lato passeggeri (così da voltarsi dietro per forza). Ma a parte l’imprudenza di chi guida, anche gli enti locali devono fare la loro parte: asfaltando le strade, migliorando la segnaletica e la luminosità, ampliando il numero di piste ciclabili.

Speriamo che la morte di un personaggio importante come Michele Scarponi possa accelerare la promulgazione di una legge già ribattezzata “salva ciclisti”.

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