Squid Game diventa simbolo proteste: tutti i precedenti

Introduzione

C’erano una volta le t-shirt col faccione di Che Guevara, da esibire in occasione di proteste e manifestazioni. Utilizzate anche dai pacifisti, ignorando che il buon Ernesto fosse proprio un guerrigliero. O dal movimento LGBTQI, dimenticando che il medico argentino non fu proprio benevolo nei loro confronti.

C’erano la svastica, la falce e il martello, il pugno chiuso, il pugno aperto, il triangolo, l’arcobaleno. Simboli politici utilizzati da destra e da sinistra per dare una immagine o un volto alle proprie idee, ideologie, istanze.

Oggi che la politica si è svuotata di contenuti, si cercano altrove le raffigurazioni della propria identità. E così le si cerca nel mondo del Cinema, fatto sempre più di serie Tv ,che ben si prestano alle esigenze commerciali odierne e ai nuovi distributori di prodotti culturali.

Quelli da consumare comodamente a casa, scoperti soprattutto durante questi mesi costretti a limitazioni della libertà. In quel processo in corso di penalizzazione della socializzazione e della convivialità.

Ultima serie Tv a fornire nuovi simboli da utilizzare per le proteste è Squid game, violenta certo, ma con una morale.

Vediamo tutti i casi.

Simboli del Cinema usati nelle manifestazioni

V per Vendetta

Il primo caso fu quello di V per Vendetta. Come riporta Wikipedia, il film uscito nel 2005, diretto da James McTeigue, tratto dal romanzo a fumetti omonimo, scritto da Alan Moore e illustrato da David Lloyd, prodotto e adattato per il grande schermo da Lana e Lilly Wachowski.

La storia è ambientata nel Regno Unito, divenuto una società totalitaria e militarizzata, sul modello del romanzo 1984 di George Orwell. Guidato dall’Alto Cancelliere Adam Sutler, che rievoca non poco, per operato ed estetica, Adolf Hitler.

Al sistema opprimente si oppone un misterioso individuo chiamato semplicemente V. Un rivoluzionario, etichettato “complottista e terrorista” con il volto sempre coperto da una maschera di Guy Fawkes.

Questa maschera è stata utilizzata in molte occasioni, come simbolo della protesta e della rivoluzione, ancora di recente. Ma anche dagli Hacker che hanno rivendicato attacchi a siti web istituzionali.

La casa di carta

La casa di carta (La casa de papel), come riporta sempre Wikipedia, è una serie televisiva spagnola ideata da Álex Pina, trasmessa inizialmente dall’emittente Antena 3, e in seguito acquisita e distribuita da Netflix. Per un totale di sei serie, l’ultima in uscita a breve.

La storia narra gli sviluppi di una rapina che prevede l’irruzione nella Fábrica Nacional de Moneda y Timbre, sita nella capitale spagnola di Madrid. Per poi far stampare migliaia di milioni di banconote e scappare con il bottino.

L’ideatore è un uomo conosciuto come “Il Professore“. Come in Squi game, anche qui il reclutamento di ogni singolo membro avviene tra persone che per motivi di estrazione sociale, non hanno nulla da perdere.

La maschera lanciata da questa fortunatissima serie è quella ispirata al pittore spagnolo Salvador Dalí. Utilizzata dai membri del gruppo e spesso indossata in occasione di rivolte e manifestazioni. Oltre ad essere usata per la vendita di t-shirt in generale.

Joker

Joker è un film del 2019 diretto da Todd Phillips. Propone le origini del villain per eccellenza di casa DC Comics, principale nemico di Batman. Passato alla storia del cinema soprattutto per la straordinaria interpretazione di Joaquin Phoenix, nei panni di Arthur Fleck, un disadattato che vive con la madre, affetto dalla rara sindrome pseudobulbare. La quale gli provoca improvvisi e incontrollabili attacchi di risate, specie in momenti di forte tensione. Patologia che gli comporta non pochi problemi sociali.

Si vede anche la mano di Martin Scorsese come produttore, dato che le vicissitudini del protagonista rievocano fortemente 2 suoi famosi successi dietro la macchina da presa: Taxi driver e Re per una notte.

E forse non è un caso che nel cast ci sia anche il grande Robert De Niro, protagonista di entrambi.

Orbene, in linea con quanto accade nel finale del film, anche la maschera di Joker è diventata simbolo di ribellione contro il potere. Ed il suo abuso e la sua noncuranza rispetto ai problemi della gente comune.

Squid game

Chiudiamo la carrellata con un altro successo targato Netflix. Tanto da essere stato visto da oltre 111 milioni di utenti, un record straordinario.

Squid game è una serie tv sudcoreana andata in onda di recente. La quale si aggiunge alle molte produzioni cinematografiche della metà democratica e capitalista dell’isola di Corea che denuncia le storture della sua società.

In pratica, una organizzazione clandestina organizza dei giochi per ricchi e viziati clienti, nei quali persone con problemi finanziari partecipano per intascare il cospicuo montepremi. Si tratta di sei prove dove in ballo però c’è la loro vita. E ora dovranno fare squadra tra loro, ora dovranno giocare uno contro uno.

Al di là della indubbia e discussa violenza mostrata (già è partito l’allarme per l’effetto emulazione tra gli adolescenti), Squid game ha comunque una sua morale. Che dimostra dove possono spingersi gli esseri umani quando vedono la propria vita in pericolo. O quando sono accecati dal vil denaro.

Lo stile è quello tipico del cinema sudcoreano, tra i più interessanti del panorama attuale. Fatto ora di scene violente, ora di momenti di riflessione, ora di clamorosi colpi di scena. Una critica, neanche troppo celata, alla cinica società sudcoreana, certo, ma anche a quella retoricamente egualitarista nordcoreana.

Come riporta Badtaste, alcuni giorni fa in Corea del Sud si è registrata una protesta nazionale nella quale i manifestanti hanno utilizzato anche i simboli e costumi della serie Squid Game. Decine di migliaia di lavoratori hanno marciato in tredici città del paese per chiedere al governo un miglioramento delle condizioni di lavoro e un salario minimo. Nella capitale Seoul sono state circa 27mila le persone che hanno protestato, e le autorità locali hanno dispiegato circa 12mila agenti per gestire la manifestazione.

La presa in prestito iconica, anche a livello mondiale, visti i precedenti non si fermerà qui.

Conclusioni

Dunque, stiamo assistendo alla sostituzione dei simboli politici con quelli cinematografici. In realtà, già il calcio a partire dagli anni ’90 stava svolgendo nella società occidentale il ruolo di fonte aggregativa e identitaria che una volta avevano i partiti.

Oggi i simboli identitari dietro cui celare la propria rabbia ce li dà il Cinema. Con un ruolo alquanto notevole assunto da Netflix. Comunque, fin quando si protesta e si lotta per i propri diritti, la questione simbolica passa in secondo piano. Non credete?

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