Spagna, boom di contratti a tempo indeterminato: altro successo socialista

Introduzione

La Spagna è una Repubblica giovane, nata a metà anni ’70, dopo 40 anni di dittatura clerico-fascista guidata da Francisco Franco. La quale, se è vero che non trascinò il paese nella Seconda guerra mondiale consapevole dei limiti del paese, al contrario di quanto fede da noi Benito Mussolini, lasciò comunque il paese economicamente arretrato. Prevalentemente agricolo e limitatamente industriale.

La Spagna si è però gradualmente messa al passo con il resto dell’Occidente, con una accelerazione negli anni 2000. Si ricorderà, per esempio, la crescita con il governo socialista Zapatero, che la sinistra italiana, ancora orfana di Berlinguer e dalla cui morte non si riprenderà più, non perse tempo ad ergere come proprio modello. Con tanti giovani italiani che trovarono in quella iberica la nuova “terra promessa“.

Crescita poi frenata da una pesante bolla immobiliare, a cui fece seguito la crisi del 2007.

Poi una nuova ripresa economica, circa 10 anni dopo, mentre l’Italia si entusiasmava per gli “zero virgola“. E ora, un nuovo fiore all’occhiello economico: la crescita dei contratti a tempo indeterminato, sempre grazie ai socialisti. Segno che da quelle parti funzionano ancora e fanno cose di sinistra.

Spagna: Boom di contratti a tempo indeterminato

Come riporta Il fatto quotidiano, in Spagna più di 12,8 milioni di lavoratori attualmente attivi hanno un contratto a tempo indeterminato: ha riportato la notizia l’Istituto Nazionale di Statistica (Ine), all’interno dei dati relativi al primo trimestre del 2022.

Da quando il dato è disponibile, ha sottolineato il quotidiano La Vanguardia, si tratta di un record ed arriva a seguito della recente entrata in vigore della riforma del mercato del lavoro, approvata con l’obiettivo dichiarato “combattere il precariato“: riducendo le tipologie di contratti lavorativi possibili, favorisce quelli a tempo indeterminato.

In cosa consiste la riforma del mercato del lavoro? Il governo socialista di Sanchez ha recentemente adeguato le basi contributive all’aumento del minimo salariale interprofessionale entrato in vigore a metà febbraio. Ciò ha colpito il costo del lavoro sui contratti sotto i 30 giorni, per i quali l’aumento del contributo giornaliero è di circa un euro. Per l’esecutivo, dall’inizio dell’anno la misura ha già disincentivato le imprese a ricorrere a rapporti brevi e brevissimi.

Già ad inizio anno come riporta sempre Il fatto quotidiano, l’occupazione non aveva risentito della Pandemia. Secondo i dati pubblicati dal Ministero del lavoro iberico, nel 2021 i nuovi contratti sono stati 776.478, mai così tanti dal 2005. Rispetto a febbraio 2020, l’ultimo mese pre Covid, i lavoratori sono quasi 600mila in più, e sfiorano quota 20 milioni, con una crescita dell’occupazione femminile di quasi il 5%.

Allora, la notizia venne resa meno brillante dall’alto numero di contratti precari. Ma anche questo problema sembra gradualmente superato.

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