Silent party cos’è e come funziona
Il Silent party consiste nel fatto che la musica di sottofondo di un locale non viene profusa dalle casse come da tradizione, ma viene inoltrata appunto nelle cuffie. Quindi ascoltata da ogni singolo per conto proprio. Una versione rivista e corretta della famosa scena de Il tempo delle mele insomma. Provate per curiosità, mi sono accorto presto della tristezza della cosa.
Silent party, perché è sbagliato
Ognuno aveva la sua cuffia, ascoltava per conto proprio la musica. E non si riusciva neanche a parlare, visto che avevi quell’aggeggio sulle orecchie. Musica di merda, peraltro. E neanche selezionabile perché imposta dal Deejay di turno. Il massimo della tristezza e della solitudine insomma. In fondo però, questa nuova moda (almeno per me, ma sembra che sia in giro da un po’) giunta anche in Italia, è l’emblema della società in cui viviamo. Egoista, edonista ed egocentrica.
Socializziamo sempre meno (se non tramite tecnologia, che però avvicina la gente e allontana le persone) e condividiamo sempre meno le nostre esperienze.
Silent party storia
Wikipedia riporta che il più vecchio riferimento al silent party risalga ad una fiction del 1969. Quando nel Finnish science-fiction films Ruusujen Aika (“A Time of Roses”) i personaggi indossavano delle cuffie durante una festa.
Il concetto è stato utilizzato anche da eco-attivisti nei primi anni 1990, utilizzando le cuffie durante feste all’aperto per ridurre al minimo l’inquinamento acustico ed il disturbo della fauna locale. Nel maggio 2000, durante la trasmissione BBC Live Music, si è tentuo un “concerto silenzioso” presso il Chapter Arts Center di Cardiff, dove il pubblico ha ascoltato il gruppo dei Rocketgoldstar e diversi dj attraverso le cuffie senza fili. Il termine “silent disco” è stato coniato nel 2005 al Festival di Glastonbury in Inghilterra, dove sono state utilizzate le cuffie per evitare di violare le restrizioni sull’inquinamento acustico.
C’è poi il silent concert, un concerto in cuffia, una manifestazione di musica dal vivo in cui il pubblico, nella stessa sede dove l’artista esegue la performance, ascolta la musica attraverso le cuffie. L’idea è nata nel 1997, quando Erik Minkkinen, un artista di Parigi, ha trasmesso un concerto su internet per tre ascoltatori in Giappone.
Silent party colonna sonora della solitudine odierna
Ok, singoli eventi particolari possono anche andare bene. Nonché fini ambientali come quelli di ridurre l’inquinamento atmosferico. Ma farci delle feste di compleanno, delle uscite tra amici, delle serate nei locali, la trovo una cosa sbagliata. Già siamo presi dalla mania social di fotografare tutto e spiattellarlo sui nostri profili, tanto che non ci curiamo di vivere un momento ma solo di pubblicarlo e renderlo noto agli altri. Mettiamoci pure questo altro strumento tecnologico che ci ostacola la comunicazione con gli altri. La fa apparire quasi una cosa obsoleta, di altri tempi, superflua.
Siamo sempre più animali Social e sempre meno sociali. E con un paio di cuffie che ci estraniano dagli altri. Come facciamo quando siamo in autobus, per strada o in metro. Ma se in questi contesti ci estraniamo da un contesto estraneo, appunto, col Silent party ci estraniamo da chi conosciamo o potremmo conoscere. Triste colonna sonora della solitudine odierna.