Ci risiamo. La questione del Kosovo si infiamma nuovamente. Tutto è iniziato, come spiega Today, a Zvecan, un piccolo paese nel nord del paese staccatosi dalla Serbia, a pochissima distanza dal confine di quest’ultimo.
La situazione è divenuta tesa dopo che i sindaci di etnia albanese si sono insediati nell’area a maggioranza serba del Kosovo settentrionale, in seguito alle elezioni boicottate dai serbi. Il 29 maggio, più di 30 soldati della Kfor, la forza militare internazionale guidata dalla Nato, posti in difesa di tre municipi nel nord del paese, sono rimasti feriti nei violenti scontri con i manifestanti serbi.
Tra loro ci sono anche 14 italiani, appartenenti al nono Reggimento alpini de L’Aquila. Tre hanno riportato ferite serie: ustioni per il lancio delle molotov e fratture. Non sono comunque in pericolo di vita.
La questione kosovara è di respiro internazionale, giacché la Serbia vanta come alleati la Russia e la Cina. Mentre l’indipendenza del Kosovo è stata sostenuta dall’Occidente, e, secondo i sospetti dell’epoca, sempre per questioni energetiche (agevolare il passaggio di un gasdotto verso l’Italia). Insomma, gira e rigira siamo sempre lì.
L’ambasciatore russo in Serbia, Alexander Botsan-Kharchenko, lancia un grave sospetto: quanto sta accadendo nella ex Jugoslavia somiglia molto a quanto successo in Ucraina nel 2014.
In Serbia un golpe stile piazza Maidan in Ucraina?
Come riporta Maurizio Blondet, l’ambasciatore russo ha affermato che gli oppositori del presidente serbo Aleksandar Vucic stanno tramando e tentando di organizzare un “colpo di stato in stile Maidan” nella capitale serba di Belgrado. La sua scelta di parole implicava che l’Occidente fosse coinvolto a un certo livello.
Usando una terminologia simile a quella che il Cremlino utilizza per descrivere ciò che la NATO sta facendo in Ucraina, l’Amb. Botsan-Kharchenko ha dichiarato:
Questo fa parte della guerra ibrida. Vorrei sottolineare che le forze anti-Belgrado hanno agito in modo quasi sincrono; operano su due fronti: questa è la situazione in Kosovo e i tentativi di un colpo di stato di Maidan qui, a Belgrado
Le parole del funzionario russo si riferivano anche alle recenti proteste antigovernative su larga scala all’interno della Serbia, alcune delle quali si sono radunate domenica scorsa davanti all’edificio dell’emittente nazionale serba a Belgrado.
In realtà, le proteste sono iniziate da metà maggio contro quella che i manifestanti descrivono come una “cattiva gestione da parte del governo delle recenti crisi“.
Serbia non vista di buon occhio da Occidente
L’agenzia di stampa russa Tass così descrive l’escalation di proteste in corso a Belgrado:
La prima manifestazione è stata abbastanza pacifica, praticamente senza slogan antigovernativi. La gente si stava semplicemente radunando in silenzio davanti all’edificio parlamentare. Durante la seconda manifestazione, i manifestanti hanno bloccato un ponte sul fiume Sava e scandito slogan antigovernativi. Anche la terza manifestazione ha avuto carattere antigovernativo. Secondo il ministero degli interni serbo, a queste manifestazioni hanno preso parte più di 11.000 persone .
La Serbia è stata a lungo un fedele alleato della Russia, sebbene di recente ne abbia preso le distanze per la guerra in Ucraina. Tuttavia, Belgrado è generalmente vista in Occidente come più orientata verso la Russia. Resta che entrambi i paesi slavi hanno da tempo condannato ciò che vedono come aggressione ed espansione della NATO, in particolare dopo la campagna di bombardamenti USA-NATO del 1999 su Belgrado.
Quelli incitati anche dall’attuale presidente americano Biden quando era senatore, come dimostrato qui. E che partirono dall’Italia, quando al governo c’era la pseudo-sinistra con D’Alema.
La stessa popolazione serba tende anche a partecipare di tanto in tanto a grandi manifestazioni contro le politiche della NATO e degli Stati Uniti. In particolare, il popolo serbo rifiuta il riconoscimento statunitense e internazionale del Kosovo come nazione sovrana, dato che storicamente era un cuore di etnia serba e cristiana ortodossa.
Questa settimana, il presidente Vucic ha ordinato alle truppe serbe di raggiungere il confine con il Kosovo tra disordini e una situazione imprevedibile, anche perché ha condannato il governo del Kosovo per aver represso la minoranza serba lì.
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