La sentenza che mette in pericolo le donne

Giovedì 6 ottobre 2016, a Riccione, è stato ritrovato il cadavere di una 56enne moldava nella sua abitazione. Il rinvenimento del corpo senza vita è avvenuto intorno alle 11. La donna, 56enne, padrona dell’appartamento, si chiamava Olga Matei. A permettere di ritrovare il cadavere è stato lo stesso autore dell’omicidio che si è consumato nella notte.

Dopo aver ucciso la Matei, separata dal marito e con una figlia di 10 anni, l’assassino è scappato girovagando per tutta la notte. Nella mattinata di giovedì l’uomo, un italiano 50enne, ha tentato di uccidersi nel suo appartamento di Cesena ingerendo dei farmaci ma, sul posto, è intervenuto il personale del 118 e i carabinieri. Davanti ai militari dell’Arma l’uomo avrebbe raccontato di aver commesso una “stupidaggine” rivelando l’omicidio.

Da Cesena sono stati immediatamente contattati i carabinieri della Compagnia di Riccione che, precipitatisi in viale Dante, hanno ritrovato il cadavere della Matei nell’abitazione. Sul posto è intervenuto il magistrato di turno, Davide Ercolani, e i militari dell’Arma della Scientifica per effettuare i rilievi di rito.

Il reo confesso è Michele Castaldo, 57 anni, con cui Olga aveva una relazione da un mese.

Questo sembra uno dei tanti tristi casi di femminicidio. Ma non è proprio così. Perché la vicenda giudiziaria di questo caso rischia di creare un pericoloso precedente. Pericoloso per tutte le [sta_anchor id=”sentenza”]donne[/sta_anchor].

Pena dimezzata per “tempesta emotiva”

violenza sulle donne foto

Come riporta Cesena Today, il verdetto è stato emesso il 15 novembre dello scorso anno. Nella sentenza depositata si spiega che la decisione deriva in primo luogo dalla valutazione positiva della confessione. Inoltre, si legge nell’atto, sebbene la gelosia provata dall’imputato fosse un sentimento “certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione”, tuttavia essa determinò in lui, “a causa delle sue poco felici esperienze di vita” quella che il perito psichiatrico che lo analizzò definì una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”, che in effetti, “si manifestò subito dopo anche col teatrale tentativo di suicidio”. Una condizione, questa, “idonea a influire sulla misura della responsabilità penale”.

L’omicidio avvenne al culmine di una lite, quando Olga, di fronte a un uomo che le manifestava insicurezza e paura di essere tradito, gli chiese di andarsene. “Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro. L’ho stretta al collo e l’ho strangolata”, raccontò Castaldo. Una volta tornato a casa bevve del vino con farmaci, provando a uccidersi, e scrisse un messaggio a una cartomante che frequentava da qualche tempo: “Cambia lavoro, l’ho uccisa e mi sto togliendo la vita, non indovini un c…”.

Orbene, in primo grado il signor Castaldo è stato condannato a 30 anni. Il che può essere considerato il massimo della pena per come vanno oggi gli omicidi. Visto che difficilmente si applica l’ergastolo. In appello, però, la pena è stata praticamente dimezzata a 16 anni. In quanto, secondo le motivazioni, l’uomo avrebbe ucciso in preda a “una tempesta emotiva” data dalla gelosia.

Visto che siamo dinanzi a una recrudescenza del fenomeno, una tale sentenza rischia di creare un pericoloso precedente. Occorre comunque attendere la relazione completa della Corte d’appello di Bologna. E, soprattutto, gli altri gradi di giudizio. Che speriamo portino un po’ di giustizia per questo ennesimo caso di femminicidio.

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