Ripercorriamo la storia di SEGA, delle sue console e del perché i suoi videogiochi non abbiano mai sfondato e superato Nintendo.
Chi ha vissuto da bambino o adolescente la seconda metà anni ’80 e gli anni ’90, ed era appassionato di videogiochi, ricorderà sicuramente la mitica SEGA – ufficialmente Sega Corporation, anche se ha cambiato più volte nome a seguito di trasformazioni societarie – che in quegli anni si contendeva con un altro brand giapponese, Nintendo, il mercato dei videogame. A colpi di console accattivanti e giochi che hanno fatto la storia.
Perché le console SEGA hanno fallito?
Ad onor del vero, la SEGA ha avuto il merito di aver sempre lanciato console innovative e antesignane, pure troppo anticipatrici delle tendenze e pure eccessivamente costose e sofisticate per un mercato di grande scala. A ciò va anche sommata una strategia di marketing piuttosto sciatta e il fatto di non aver creduto fino in fondo ai propri prodotti. Infatti, pur lanciando delle console come detto straordinarie in relazione al periodo di riferimento, alla fine non produceva un numero di giochi sufficienti a garantirne la spinta.
Finendo così puntualmente per essere sopraffatta dalla concorrenza. In primis Nintendo, che invece vantava una strategia di marketing imponente, sapeva meglio leggere i desideri del target destinatario, riuscendo anche a plasmarli e riusciva a tessere solide relazioni con altre società del settore ben solide e fidelizzate. Tanto che SEGA spesso aveva problemi anche di partnership e collaborazioni.
E così, dopo il periodo passato a produrre videogiochi, la società tornò alla propria attività precedente, ovvero quella di distribuire hardware e software per altre compagnie. Lasciando come unica traccia, oltre che la nostalgia di chi ha giocato ai suoi videogiochi, un personaggio come Sonic. Riccio blu antropomorfo che appare ancora oggi in videogame di ultima generazione, in pellicole e merchandising vario.
Ripercorriamo dunque la storia della SEGA.
Le origini
SEGA venne fondata nel 1951 da David Rosen, un ufficiale della US Army Air Force che dopo la seconda guerra mondiale si trasferì definitivamente in Giappone poiché in servizio presso quel Paese.
Il nome iniziale fu Rosen Enterprises, ma si occupava di esportazione di oggetti d’arte. Verso la fine degli anni 50, però, Rosen lo cambiò in Standard Games perché cambiò tipologia di attività: importava dagli Stati Uniti d’America cabine per le fototessere e, soprattutto, giochi elettromeccanici a moneta.
La società negli anni 70 si specializza nella creazione di software, hardware e videogiochi ma destinate ad altre compagnie, come Atari 2600. Tra i giochi più apprezzati si ricorderà Frogger, che vedeva una simpatica rana alle prese con un difficoltoso attraversamento della strada, tra auto e altri pericoli.
Master System VS Nintendo, la prima cocente sconfitta
Dopo il “crack dei videogiochi del 1983“, che vide colossi come Atari, Mattel o Coleco uscire di scena, in Giappone il mercato veniva conteso tra il Famicon della Nintendo e il SG-1000 Mark III, prodotto appunto da SEGA. Tuttavia, entrambe le compagnie decisero di espandere il mercato in Usa e in Europa, dando un nome diverso ai videogiochi rispetto a quelli proposti in patria. E così abbiamo il NES in America (ribattezzato semplicemente Nintendo in Europa) e il Sega Master System appunto di SEGA.
Tuttavia, qui arriva la prima bruciante sconfitta, poiché Nintendo si avvantaggiava di una rete più vasta e solida. Tanto da accaparrarsi il 90% del mercato americano.
SEGA tenta di rilanciare, proponendo il Master System II, reso più accattivante nel design, con l’aggiunta di una pistola. Inoltre, cerca l’appoggio di Vip nella pubblicità, affidandosi a volto noti come Jerry Calà e a Walter Zenga in Italia.
Tuttavia, pur ottenendo un buon riscontro sul mercato, il gap con la connazionale Nintendo era sempre evidente.
Il Master System ottenne però un incredibile successo in Brasile, tanto da essere prodotto fino a inizio 2000.
Anche perché Nintendo poté contare sulla riuscita di un personaggio iconico come Mario bros, ancora oggi protagonista di nuovi fortunati videogiochi. Mentre l’alter ego proposto da SEGA, ovvero Alex Kidd (un adolescente dalle fattezze di uno scimpanzé), non scaldò mai i cuori dei gamer.
L’occasione mancata del SEGA Mega Drive
Arrivarono così gli anni ’90 e la SEGA lanciò il suo videogame a 16 bit: Mega Drive (che in America prese il nome di Genesis. Qui, nonostante dei buoni titoli, e la strategia di lanciare videogame con protagonisti personaggi famosi – vedi Michael Jackson’s Moonwalker e Joe Montana Football – il distacco con Nintendo restò tale.
Anche perché poco dopo quest’ultima lanciò il Super Nintendo Entertainment System, anche esso a 16 bit, ma con un parco giochi più ampio e originale, con grafica accattivante, colori accesi. Inoltre, il Mega drive presentava spesso videogiochi dalla trama breve e nuovi titoli uscivano a rilento. La console ebbe il merito di aver lanciato il personaggio Sonic e la sua lunga saga, ancora oggi in auge. Che riuscì quanto meno a giocarsela con Mario bros.
Il Game Gear e i suoi troppi difetti
La sfida tra i due colossi si tenne però anche tra i videogame portatili. Nintendo alla fine degli anni ’80 aveva lanciato il Game boy, a cui SEGA rispose sempre con una macchina più sofisticata: il Game Gear. Nato come versione portatile del Master System.
Si distingueva dalla concorrente per il display a colori, ma aveva diversi difetti che ne decretarono il fallimento: breve durata delle batterie, una mancanza di giochi originali ed un debole supporto della società produttrice. Un difetto che SEGA porterà sempre con sé e che decreterà lo scarso successo dei suoi prodotti.
La sfortuna del SEGA Saturn
Dopo il primo Mega drive, arriva una versione CD, antesignana di ciò che sarà la Sony PlayStation, ma non ebbe successo. Così come il Sega 32X, che sfruttò la spinta del periodo natalizio, ma terminata questa, subì un crollo di vendite. Poi fu la volta del Sega Saturn, lanciato in Giappone il 22 novembre 1994, al prezzo di 44,800 yen. La console trovò in Virtua Fighter, disponibile dal lancio, la sua arma vincente, almeno all’inizio. Era una fedele trasposizione dell’omonimo gioco arcade popolarissimo nelle sale giochi, che ottenne così tanto successo da piazzare una copia del gioco a quasi tutti coloro che comprarono la console.
Tuttavia, lanciato in America l’anno successivo, ebbe la sfortuna che di lì a poco arrivasse la Sony PlayStation, destinata a dominare il mercato nei trent’anni successivi. In soli due giorni vendette più di quanto avesse fatto il Saturn durante i suoi primi cinque mesi. Nel 1997 la Playstation si era già accaparrata da sola il 20% del mercato nordamericano.
Un’altra mazzata a SEGA Saturn arriva dall’uscita del Nintendo 64 nel 1996, che spopolò soprattutto per il gioco incluso nella confezione Super Mario 64, prima versione 3D dell’amato idraulico e considerato ancora oggi il migliore gioco dedicato all’idraulico.
Fu una batosta tremenda per SEGA, che abbandonò gradualmente il mercato americano verso la fine degli anni ’90, lasciando i gamer senza giochi e tagliando ben mille posti di lavoro (un quarto della forza lavoro). In Giappone quanto meno cercava di tenere testa a Nintendo, con Saturn che riuscì a vendere più di Nintendo 64.
La nuova speranza con SEGA Dreamcast
Una bocca di ossigeno, almeno fuori dal Giappone, arrivò dal Sega Dreamcast, prima console a 128 bit. Presentava prestazioni tecniche ben superiori rispetto alle sue dirette rivali: il Nintendo 64 e la PlayStation.
Se il lancio in Giappone nel 1998 fu un fallimento, poiché era già attesa l’uscita della PlayStation 2, in Europa e Nordamerica fu invece un grande successo. Sebbene non fu abbastanza per dipanare i debiti accumulati dalla compagnia.
inoltre la piattaforma era eccessivamente complessa e sofisticata, tanto da mettere in difficoltà gli sviluppatori.
Il Nuovo Millennio e il ritorno alle origini
E così arriva il nuovo Millennio e SEGA decide di ritirarsi dal mercato delle console e tornandosi ad occupare di produrre software e hardware per terze parti, anche per le dirette concorrenti come Sony e Nintendo.
La notizia fu data in anteprima dalla testata finanziaria giapponese Nihon Keizai Shimbun e benché la compagnia avesse inizialmente smentito, poi dovette ammettere la realtà dei fatti. Promettendo di continuare a produrre giochi per SEGA Dreamcast, i quali però furono dismessi definitivamente nel 2003.
Seguiranno crisi finanziarie e riassetti societari, ma anche di titoli apprezzati da pubblico e critica. Tutto sommato, per quanto molte siano stropicciate, SEGA ha scritto pagine importanti nella storia dei videogame.