Fenomeno nato durante la pandemia, le numerose offerte per soddisfarlo quasi mai tengono conto delle reali esigenze dei praticanti
Il 2020 è un anno che verrà sicuramente ricordato per le vicende sanitarie note a tutti, le cui conseguenze sociali molti stanno ancora pagando.
Ovviamente c’è anche chi è stato bravo e/o fortunato a sfruttare la situazione a proprio vantaggio e un caso evidente in merito è quello delle piattaforme di streaming su Internet, che hanno fornito un po’ di sollievo durante l’interminabile confinamento e distanziamento.
Un esempio molto noto è quello di Netflix e della miniserie The Queen’s Gambit, che ha contribuito a (ri)svegliare la passione per gli scacchi, in particolare nella fascia di popolazione adulta, tanto che è stato coniato un termine apposito per definirla: adult improver.
Di conseguenza, da un giorno all’altro sono spuntate innumerevoli offerte di libri, corsi, lezioni e contenuti online in generale, con programmi più o meno validi per supportare la crescita scacchistica di queste persone non più giovanissime.
La tendenza continua tuttora, senza evidenti cali di interesse, e da appassionato del gioco l’ho ovviamente seguita (e la seguo) con una certa attenzione, il che mi ha portato a maturare un personale punto di vista, riassumibile nella seguente domanda: che fine ha fatto il divertimento?