Salvatori e Arena, i belli ma sfortunati del Cinema italiano

Salvatori e Arena, i belli ma sfortunati del Cinema italiano

Introduzione

Poveri ma belli è il film che gli ha dato la notorietà. Ma, considerando la loro vita privata, gli si addice di più “belli ma sfortunati“. Parlo di Renato Salvatori e Maurizio Arena, due volti che soprattutto negli anni ’50 e ’60, quelli delle pellicole in bianco e nero nell’Italia del boom economico, hanno spopolato col proprio viso belloccio. Spesso in ruoli di improbabili Casanova e nullafacenti che sognavano la svolta.

Poi via via è arrivato il colore ma anche il loro declino fisico e privato.

Renato Salvatori e i problemi di alcolismo

Come riporta Wikipedia, Renato Salvatori nacque a Seravezza, in provincia di Lucca, il 20 marzo 1934. Lavorava come marmista presso la Henraux dove lavorava anche il padre Pietro. Ma anche come aiuto cameriere e bagnino presso uno stabilimento balneare di Forte dei Marmi.

Nel 1951, diciottenne, ottenne una parte nel film Le ragazze di piazza di Spagna (1952), commedia tipica di quegli anni con un cast degno di nota. Ma il primo ruolo da protagonista arriva 2 anni dopo, in Jolanda la figlia del corsaro nero, diretto da Mario Soldati nel 1953.

Ma è con la trilogia di Dino Risi Poveri ma belli (1956), Belle ma povere (1957) e Poveri milionari (1958) che ottenne il successo. Di lì una serie di pellicole di discreto successo, tra cui I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli e l’Audace colpo dei soliti ignoti (1960) di Nanni Loy.

Il film forse più importante della sua carriera resta però quello di Simone in Rocco e i suoi fratelli (1960) di Luchino Visconti. Importante anche per la sua vita privata, visto che sul set incontra sia l’attrice francese Annie Girardot, che sposò due anni più tardi, che Alain Delon. Col quale strinse una fraterna amicizia, al punto da richiamarlo per alcune pellicole quando il declino era già cominciato: La mia legge (1973), Flic Story (1975) e Lo zingaro (1975).

Nel mezzo, prove coraggiose in film di diverso taglio rispetto alla Commedia nel corso di tutti gli anni ’60. Dove conferma il suo talento attoriale. Il suo ultimo ruolo da protagonista è però La prima notte di quiete (1972).

Negli anni ’70 inizia, come detto, il suo declino. Si separa dalla moglie ed inizia ad avere problemi di alcolismo che gli portarono una cirrosi epatica. Lasciò definitivamente il cinema e provò quella politica, entrando nel 1984 nel Gabinetto del Ministro dei Trasporti Claudio Signorile come addetto alle relazioni esterne.

Morì il 27 marzo 1988, all’età di 54 anni.

Maurizio Arena, da attore a guaritore

Come riporta Wikipedia, Maurizio Arena, pseudonimo di Maurizio Di Lorenzo, nacque a Roma il 26 dicembre 1933.

Lo pseudonimo Arena fu un omaggio all’attrice Anna Arena, molto più grande di lui, a cui fu legato sentimentalmente per qualche anno. La carriera di Arena fu ancora più fulminea di Salvatori. Con una produzione sterminata tra gli anni ’50 e ’60 (talvolta con più di un film all’anno). Sebbene la popolarità anche nel suo caso arrivò con la trilogia di Dino Risi Poveri ma belli, Belle ma povere e Poveri milionari. Dove il tipo del romano di estrazione popolare, giovane, aitante e indolente.

Per lui però arrivò anche la produzione, nel 1960, con il film Il principe fusto, nel cui cast figuravano anche la madre ed il padre: Elvira ed Amedeo. Il film fu realizzato proprio negli stessi luoghi (Via Veneto) e contemporaneamente a La dolce vita di Fellini. Sebbene il successo sia incomparabile.

Maurizio Arena fu anche tra i protagonisti di quella Dolce vita romana. Un fusto che non disdegnava il gossip alimentato dai Paparazzi.

Anche nel caso di Maurizio Arena, il declino arrivò con gli anni ’70. Molto ingrassato, veniva ormai chiamato soltanto per piccole parti da caratterista. La sua ultima interpretazione è in Pugni dollari & spinaci, che si ispirava a Braccio di Ferro. Un film che non vide neanche la luce dei proiettori delle sale.

Si cimentò, con scarso successo, anche come cantante. Mentre dal 1974 fino alla fine della sua breve vita svolse, presso la sua villa di Casal Palocco a Roma, l’attività di guaritore, spesso apparendo in trasmissioni su tv private. Ma anche nella trasmissione Acquario di Maurizio Costanzo.

L’attività di guaritore gli ridiede però una certa popolarità, sebbene in molti preferissero ricordarlo come attore.

Morì a 45 anni il 21 novembre 1979 nella sua abitazione, a causa di una crisi cardiaca sopraggiunta in seguito al riacutizzarsi di un’affezione renale di cui soffriva da tempo.

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