Referendum contro Reddito di cittadinanza: inutile propaganda di Renzi

Introduzione

Il prossimo 12 giugno si terrà un Referendum sulla Giustizia, del quale in pochi sono a conoscenza, visto che i media mainstream sono prevalentemente interessati a quanto accade in Ucraina e a spaventare sul Vaiolo delle scimmie. Possibile prossima Pandemia.

Ancora deve essere ufficiale, ma sta invece attirando maggiore attenzione il Referendum per l’abolizione del Reddito di cittadinanza, promosso dall’Ex Premier Matteo Renzi. Oggi senatore e leader di Italia viva. Partitino ad personam nato da una costola del Partito democratico e dalla voglia dell’ex sindaco di Firenze di contare ancora.

Un referendum che suona più come propagandistico e che cavalca l’onda del tema estivo ormai puntuale da quando esiste: la mancanza di camerieri e bagnini. Quando in realtà, come scritto qui, il Reddito di cittadinanza, pur nei tanti difetti con cui è stato impostato, ha soprattutto scoperchiato il problema del lavoro sottopagato.

Referendum contro Reddito di cittadinanza: di cosa si tratta

Come ricorda Il Fatto quotidiano, il Referendum per abolire il Reddito di cittadinanza fu proposto per la prima volta da Renzi quasi un anno dal palco di Confindustria. Forse più per beccarsi gli applausi, e magari i voti, degli imprenditori presenti. Fermamente contrari al Reddito perché forse gli sottrae qualche schiavo in più.

Da allora non se ne è più parlato, ma visto che da qui ad un anno, salvo imprevisti vari ed eventuali, si terranno le elezioni politiche, l’ex Premier lo ha ripescato dal cilindro. Annunciando via Twitter una raccolta firme dal 15 giugno per poter proporre un referendum abrogativo. Aggiungendo di volere soprattutto cambiare il mondo del lavoro per i più giovani.

Referendum per abolire il Reddito di cittadinanza: perché è propaganda

In realtà, come detto questa proposta suona più come uno strumento di propaganda. In primis, per i tempi tecnici. La legge in materia – l’articolo 31 della 352 del 1970 – prevede che non possa essere depositata richiesta di referendum

nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime

Visto che la legislatura scadrà a marzo 2023, ciò significa che sia nel 2022 che nel 2023 non potrà essere depositato alcunché. Ma si potrà farlo a partire da gennaio 2024, quindi, un referendum per abolire il Reddito di cittadinanza potrebbe solo essere indetto nella finestra tra metà aprile e metà giugno 2025 come primo periodo utile.

Ma c’è anche la questione ideologica che sottragga i giovani dal lavoro da smentire: lo scorso anno i contratti stagionali attivati hanno raggiunto il livello record di 920mila, ovvero oltre 260mila in più rispetto al 2018, quando il reddito di cittadinanza non esisteva.

Ed ancora, nei primi due mesi del 2022 sono 1.413.241 le famiglie percettrici e l’importo medio erogato a livello nazionale è stato di 564,76 euro. Sotto la soglia di uno stipendio che possa essere considerato appetibile.

Migliorare più che abolire il Reddito di cittadinanza

Dunque, il Reddito di cittadinanza va migliorato. In primo luogo, aumentando i controlli, visto che sono quasi quotidiane le notizie che riguardano casi di illegittimi percettori. E, in secondo luogo, va fatto sì che i percettori in condizione di poter lavorare, possano essere chiamati a svolgere lavori di pubblica utilità, in proporzione alle proprie competenze e all’ammontare del reddito percepito.

Ciò anche per giustificare il ruolo del navigator, figure mitologiche delle quali si parla poco.

Lo strumento del Reddito di cittadinanza è stato inserito, oltretutto, in un periodo delicato per l’economia italiana. Già non particolarmente brillante. Tra la crisi innescata dalla Pandemia e la crisi con la Russia che ha generato uno speculare aumento dei prezzi. Ma Renzi, neoliberista, queste cose forse non le comprende.

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Una risposta a “Referendum contro Reddito di cittadinanza: inutile propaganda di Renzi”

  1. Poiché mi occupo di povertà, so che il RDC per molte famiglie è un aiuto concreto. Ad esempio conosco un signore delle mie parti che prima del RDC percepiva 187 euro mensili di sussidio, con le quali non campava che una settimana al massimo, mentre ora con RDc può fare qualcosina in più sebbene io continui ad aiutarlo per le situazioni più difficili.
    Chi come il guitto toscano oramai ridotto a farsa di sé stesso parla in questo senso, o non sa cosa sia la povertà, o risponde alle esigenza di mero schiavismo che i datori di lavoro del nostro paese vorrebbero ripristinato come conseguenza dell’assolvimento dei bisogni minimi delle persone.
    Quella cifra di poco oltre i 500 euro mensili oggigiorno non serve a molto, esseno equiparabile ad uno stipendio di un operaio dei primi anni 80, mio padre a quei tempi prendeva un milione al mese circa, per cui oggi ci fai davvero poco, ma può essere un valido sostegno per quelle persone che con gli aumenti sempre costanti di prezzi e tariffe possono almeno rifiatare per le bollette e la spessa, se non per l’affitto.
    Non dimentichiamoci che l’avvento dell’euro ha dimezzato il potere d’acquisto aumentando de facto le sacche di povertà e il divario fra i ricchi che parlano a vanvera contro chi sbarca a malapena il lunario, in una classica lotta di classe ma questa volta all’incontrario.

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