Schiavismo, non solo neri: quello subito dai cinesi del quale non si parla

Negli ultimi giorni si sono un po’ spenti i focolai di protesta scatenati dal “caso Floyd”. Rinfocolati inizialmente da altri video di altri casi di abusi della polizia americana nei confronti di persone di colore precedenti e successivi.

Oltre alle proteste, non sono mancati casi che sono sfociati nel ridicolo. Come le accuse rivolte alla storica casa automobilistica americana Ford, poiché da anni progetta e vende auto destinate alla polizia americana. Esortandola a non farlo più.

Ma si tratta di una richiesta assurda, considerando la situazione finanziaria difficile nella quale ormai da anni versa la multinazionale statunitense simbolo di quel che fu Detroit. Figurarsi se può rinunciare ad una commessa importante come quella, per colpe che peraltro non ha (l’unica colpa è che si vede ben chiaro il marchio Ford nel video dell’omicidio di George Floyd).

Oppure, la richiesta di rimuovere le statue razziste da parte di Lewis Hamilton. Esultando per la rimozione a Bristol di quella raffigurante Edward Colston (1636-1721). Colpevole del fatto che le sue navi trasportarono dalle coste africane all’America, almeno 100.000 persone rapite ai loro villaggi e ai loro affetti – solo nel 1895.

Peccato che Hamilton, pilota di F1, prenda soldi da aziende con un passato non proprio irreprensibile.

Paradossalmente, proprio in questi giorni, è morto John Lews. Attivista afroamericano per i diritti razziali, che marciò anche insieme a Martin Luther King. Un simbolo che viene a mancare, proprio quando si cercano punti di riferimento diversi da certa spocchia attuale.

La storia però, si è macchiata in passato di tante altre schiavitù. Che assumono diverse tinte, non solo nere. Come quello che vide protagonisti e vittime i cinesi, nella prima metà ‘900.

Schiavismo nei confronti dei cinesi

cina schiavi

Come riporta Contropiano, non tutti sono altrettanto consapevoli della “tratta dei gialli”. Mediante la quale, per esempio, è stata realizzata in America la Ferrovia Transcontinentale? Questa tratta dei gialli, ha visto coinvolte, nel corso dei decenni, Olanda, Inghilterra, Francia e Portogallo. Paesi notoriamente colonialisti.

Dalla Cina, questi schiavi partivano dai porti dello Xiamen e di Macao. I cinesi venivano rapiti, oppure raggirati, attraverso la firma di un contratto in cui si precisava il numero di anni che avrebbero dovuto lavorare sotto i propri padroni in cambio degli approvvigionamenti (talvolta anche di pochi soldi) e della libertà alla conclusione del tempo pattuito.

Si trattava in sostanza di una sorta di schiavitù temporalmente limitata. Avveniva tuttavia di frequente che lo schiavo cinese non venisse rilasciato al termine dell’accordo. Ancora più di frequente, in oltre il 50% dei casi (nel 75% a Cuba e intorno al 70% in Perù), accadeva che le condizioni disumane di lavoro a cui veniva sottoposto ne procurassero la morte prima della fine dell’accordo scritto. La cui durata si aggirava mediamente tra i 5 e gli 8 anni.

Ma anche in patria, per i cinesi le cose non andavano molto meglio. Dopo le Guerre dell’Oppio e le spedizioni coloniali dell’Occidente, i cinesi erano continuo oggetto di saccheggi, uccisioni e stupri da parte delle potenze straniere.

Ne consegue nel 1851 alla Rivolta dei Taiping contro il regime Qing-Manciù, accusato di complicità con i contrabbandieri d’oppio. Tale rivolta sfocia nella guerra civile più sanguinosa della storia mondiale, con una stima dai venti ai trenta milioni di morti. Fino alla repressione dell’esercito imperiale coadiuvato da quello britannico soltanto nel 1864.

Poi si mise pure la grande fame nella Cina del Nord del 1877-1878, che uccise più di nove milioni di persone. Condizioni di miseria che portarono i cinesi a farsi assorbire dalla richiesta di manodopera dell’Occidente. Che conosce un incremento proprio con la fine della schiavitù dei neri.

Negli anni ’40 soltanto l’Inghilterra poteva prelevare dal porto dello Xiamen fino a 50.000 cinesi all’anno. Altre centinaia di migliaia vennero prelevate in seguito dal porto di Macao. Soltanto dal 1850 e il 1875 vennero reclutate e portate via dalla Cina circa 1.280.000 persone.

Nel novembre del 1900, August Bebel, corrispondente e amico di Friedrich Engels, denuncia dinanzi al Parlamento tedesco il popolo cinese. La cui Rivolta dei Boxer, era stata repressa dalla cosiddetta  Alleanza delle otto nazioni: Austria-Ungheria, Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Regno Unito e Stati Uniti.

Le guerre cinesi di inizio ‘900 e la mano occidentale

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Tra il 1911 e il 1928 la Cina vive la cosiddetta “Era dei signori delle guerre”. Il territorio della Repubblica viene diviso in centinaia di regioni, ognuna delle quali risulta controllata da un capo militare con un gruppo di forze armate a suo seguito.

In quell’arco di tempo scoppiano 130 guerre intestine, con le potenze straniere, soprattutto Giappone e Inghilterra, che intervengono a difendere questa o quella fazione. Speculari sempre alla produzione e allo smercio dell’oppio. Il che causa circa un milione di morti, mentre nella sola provincia dello Shanxi il freddo e la fame uccideranno altri tre milioni di persone.

La Cina non ha mai denunciato tutte queste ingiustizie. Ma ha saputo prendersi le sue rivincite col tempo. In silenzio. Lavorando duramente, sotto traccia.

Il riscatto cinese e le colpe africane

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Con l’ascesa di Mao, ha saputo riscattarsi militarmente contro i soprusi messi in atto dall’Impero giapponese (il campo di concentramento Unità 731 ne è un esempio), creando una vasta e forte Repubblica popolare.

Poi, morto “il Tomoniere“, è passato alla seconda fase. Di conquista economica aggressiva del Mondo. Diventando di recente di fatto la prima potenza finanziaria globale. Riscatto che non è ancora riuscito al continente africano, anche e soprattutto per l’avarizia di chi ha guidato i vari stati nella fase post-coloniale. Leader che hanno stretto patti con gli stessi occidentali, a discapito della gente che rappresentava e rappresenta, per la propria ricchezza personale.

I pochi che hanno alzato la china, come Gheddafi o Saddam, sono stati malamente capovolti.

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