Il movimento Black lives matter è ormai in voga da un anno, istituito dopo la drammatica morte di George Floyd per soffocamento provocato da un poliziotto.
Un episodio e il relativo movimento che hanno contribuito non poco alla vittoria di Joe Biden. Il quale, furbamente, ha scelto una donna di colore come vice: Kamala Harris. Accontentando così due parti sociali: gli afroamericani e le femministe. Contro Donald Trump considerato un pericolo per entrambi.
Tuttavia, è altrettanto preoccupante l’escalation di violenza contro gli asiatici: Stop AAPI Hate, l’associazione che le combatte, ha censito nel periodo che va da marzo a dicembre 2020, circa 3mila attacchi d’odio contro gli asiatici d’America.
Gli attacchi vanno da assalti verbali, soprusi nonché aggressioni allo scopo di uccidere o ferire il malcapitato di turno. Con anziani attaccati senza motivo mentre camminavano o l’attacco ai centri di massaggio di Atlanta.
Molti danno la colpa a Trump, per la guerra commerciale e culturale mossa alla Cina. Ma le scelte politiche anti-asiatiche vengono da molto lontano e sono anche democratiche. Inoltre, i dati dicono anche altro sull’orgine degli attacchi.
Ecco un quadro più esaustivo sul razzismo contro gli asiatici negli Usa.
Razzismo contro gli asiatici in America o solo guerra tra gli ultimi?
Come spiega Il Corriere della sera, negli ultimi cinquant’anni, chi proveniva dall’Asia pensava di essere al riparo da dispute razziali grazie al mito della minoranza modello: gruppi sociali fatti di gente operosa, con molti professionisti e pochi clandestini che non creavano problemi. Ed anzi, contribuivano alla crescita del Paese.
Questo stereotipo ha fatto dimenticare conflitti molto violenti, come quelli degli anni Novanta tra minoranze etniche svantaggiate, soprattutto i neri, e la nuova immigrazione asiatica a caccia di posti di lavoro anche di bassa qualità e mal pagati.
Certo anche l’élite bianca si è sentita minacciata dallo straniero asiatico, con i propri figli spesso scavalcati da giovani cinesi, indiani, coreani o vietnamiti magari più bravi. Chiedendo limiti all’afflusso di studenti asiatici.
Sul suo blog Andrew Sullivan, che ama andare controcorrente, ha sostenuto (dati 2019 del ministero della Giustizia) che le violenze contro asiatici sono state commesse per il 24% da bianchi, per il 24% da altri asiatici, per il 7% da ispanici e per il 27,5% da afroamericani. Mentre Voice of America ha scritto che l’anno scorso solo due delle venti persone arrestate a New York per crimini d’odio contro asiatici erano bianche: 11 i neri e 7 gli ispanici.
Dunque, più che razzismo dei bianchi contro i gialli, si può parlare di guerra tra etnie per la conquista di un posto al sole sotto la statua della libertà.
Certo, c’è anche chi sostiene da sinistra che questi conflitti tra minoranze etniche siano fomentate proprio dall’élite bianca per mantenere la propria supremazia. Nel più classico dei “divid et impera” quindi.
Fomentate o no, è chiaro che negli Usa, paese delle grandi opportunità per antonomasia, con un’ascensore sociale molto più veloce che altrove, e che si basa proprio sulla concorrenza tra gli individui ma a appannaggio del sistema, fenomeni del genere siano normali nella loro frequenza.
La base sgomita, mentre chi è al vertice ne trae profitto. Ed ogni tanto qualcuno della base riesce pure a salire al vertice.
Razzismo contro gli asiatici negli Usa: non solo Trump
Se è vero che Trump ha basato buona parte della sua campagna elettorale prima e delle sue politiche da Presidente poi, contro il pericolo cinese, è anche vero che questo fenomeno non può essere ricondotto a lui. E puzza più come solita argomentazione contro il Tycoon.
Infatti, già in passato ci sono stati provvedimenti anti-asiatici: dal Chinese Exclusion Act del 1882, il quale vietava agli immigrati cinesi di diventare cittadini Usa, alla decisione di rinchiudere in campi d’internamento tutti i nippo-americani. Presa dal presidente Roosevelt nel 1942, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor.
A proposito di Roosvelt, fu anche colui che sostenne, a partire dal 1942, lo sviluppo e la costruzione delle prime bombe atomiche della storia dell’umanità. Impiegate poi da Harry Truman, altro democratico, sulle città di Hiroshima e Nagasaki, in Giappone.