Ripercorriamo la storia della Radio, inventata a fine 800 ma ancora oggi media vivo e adeguato alle nuove tecnologie.
Sarà per la sua fluidità, per il suo essere media diffuso nell’etere, senza sostanza né forma, che la storia della Radio ci dice quanto sia un media sopravvissuto e sopravvivente da oltre un secolo. A nuove tendenze culturali e nuove tecnologie. Adattandosi ad esse, non essendovi mai in contrapposizione ma sfruttandone anzi le potenzialità.
Cinema, Tv, Cellulari, Pc, Internet. La radio ne ha assorbito i punti di forza, facendoli propri. Certo, ha sofferto, ha perso da tempo il primato come principale media. Ma è ancora tra noi, in ufficio, in casa, in auto. Ora ascoltata tramite autoradio, ora su un in sito internet ora “guardata” in Tv.
Oggi (in realtà il 6 ottobre) la Radio compie un secolo di vita anche in Italia. Incentivata dal regime Fascista che ne intuì le straordinarie capacità persuasorie. Ripercorriamone la storia della radio.
La storia della Radio: le origini
La radio nasce alla fine dell‘800 dopo una serie di esperimenti. Dopo una serie di tentativi che dimostravano la possibilità di trasmettere informazioni tramite le onde elettromagnetiche, il primo a riuscirci concretamente fu il serbo Nikola Tesla in una conferenza pubblica a St.Louis (Missouri) del 1893; il “nostro” Guglielmo Marconi nel 1895, a soli ventun’anni, riuscì a trasmettere un segnale in codice Morse a circa due chilometri di distanza dalla villa di famiglia a Pontecchio (Bologna).
Nello stesso anno però Tesla inviava segnali distinti tra due punti distanti circa 50 km a West Point NY. Marconi continuò a perfezionare l’invenzione, che fu ribattezzata il “telegrafo senza fili“, non esitando ad uscire anche dai confini italiani: il 12 dicembre 1901 lo scienziato riuscì a trasmettere il primo segnale radiotelegrafico transoceanico, da Poldhu in Cornovaglia (Regno Unito) a St. John’s in Terranova (Canada).
Dopo una lunga diatriba durata decenni, ed in fondo tutt’oggi mai sopita, sulla paternità dell’invenzione della radio, nel giugno del 1943 (cinque mesi dopo la morte di Nikola Tesla), una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti attribuì a Tesla la precedenza rispetto a Marconi del brevetto base della radio.
L’invenzione di Marconi aveva però un limite: la difficoltà di trasmettere i suoni, che avrebbe agevolato la diffusione a livello di massa del nuovo strumento. Il primo, che riuscì nell’intento fu il canadese Reginald Fessenden.
Il 23 dicembre 1900 Fessenden riuscì infatti a trasmettere a circa un chilometro e mezzo di distanza, un breve messaggio vocale:
Uno, due, tre, quattro, nevica lì dove siete voi signor Thiesen? Se sì, volete telegrafarmi?
Era nata la radio a tutti gli effetti. Alla vigilia di Natale del 1906, Fessenden trasmise il primo programma radiofonico della storia: parole e musica vennero udite nel raggio di 25 km dalla stazione trasmittente situata a Brant Rock sulla costa del Massachusetts.
L’arrivo in ritardo della radio in Italia
Nel 1921 venne fondata, in Gran Bretagna, la più antica radio del mondo tuttora esistente: la BBC.
In Italia la radio come mass-media si diffuse più tardi; il radiotelegrafo era stato impiegato in operazioni militari durante la Prima guerra mondiale e una legge del 1910 ne proibiva l’uso ai civili. Si deve a Costanzo Ciano, Ministro delle Poste nel primo governo Mussolini, la nascita della prima emittente italiana: l’Unione Radiofonica Italiana che esordì il 6 ottobre 1924, avendo intuito l’enorme potenzialità del mezzo.
Per tutto il periodo fascista, la radio venne utilizzata dal Governo per mera attività propagandistica, avendo intuito i vertici del Regime la sua forza persuasiva. Durante la Seconda Guerra Mondiale però, a far da concorrenza alla radio statale italiana vi erano altre storiche emittenti quali Radio Vaticana, e le straniere Radio Londra e Radio Mosca, che offrivano versioni differenti dei fatti, senza i filtri censori del regime.
La storia della radio in Italia
Negli anni successivi a quelli del torpore fascista, la Radio cominciò a soddisfare sempre più i gusti degli spettatori, proponendo anche musica e programmi d’intrattenimento (negli anni ’60), stazioni radiofoniche alternative a quella statale (le cosiddette “radio libere” degli anni ’70, che poi furono denominate “private” e di gran successo negli anni ‘80), mentre negli anni ’90 sparirono tante piccole realtà radiofoniche locali e nacquero grandi emittenti. Per poi giungere agli anni 2000, durante cui la qualità del suono è migliorata mediante le tecnologie DAB e DRM.
Un media ancora vivo
Come si può notare, la Radio si può considerare un media immortale, che non è stato sconfitto da altri media giunti dopo, come la Televisione e internet, o supporti per ascoltare la musica quali la musicassetta, il Compact disc, la musica “liquida” ascoltata mediante lettori mp3 o i più moderni I-Pod. Anzi, oltre a resistere all’incedere della modernità, la Radio è anche riuscita ad adattarsi ai nuovi media, interagendo con essi e mostrando dunque anche una straordinaria ecletticità.
Basti pensare al fatto che diverse emittenti radiofoniche oggi hanno canali televisivi sul digitale, per non parlare del fatto che tutte hanno un sito internet dove si può anche ascoltare musica. O al fatto che gli stessi telefoni cellulari danno la possibilità di ascoltare la Radio.
Insomma, quell’invenzione continua da oltre un secolo un evergreen amato dalle persone. Un media che ci permette ancora di divertirci, immalinconirci, informarci, riflettere, distrarci; in modo sicuramente meno alienatore e passivo della televisione e più genuino del web.
E allora, tanti auguri Radio! Che omaggiamo con uno dei brani più famosi dei Queen:
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