Quando Pd e Forza Italia si alleano per non perdere il potere: i casi di Ischia, Agrigento e Reggio Calabria

NEL PRIMO COMUNE LA GROSSE KOALITION GOVERNA DAL 2011, PER PRESERVARE L’ABUSIVISMO EDILIZIO. NEL SECONDO CASO C’ENTRA UN PORTAVOCE. NEL TERZO, LE PRIMARIE IN VISTA DELLE AMMINISTRATIVE DI MAGGIO
Una volta si chiamava “inciucio”, oggi “larghe intese”. Un italianizzazione di Grosse koalition, termine utilizzato in Germania per indicare una maggioranza variopinta che ha sostenuto il precedente Governo della Merkel. Un ingentilimento che però non cambia la sostanza dei fatti, soprattutto in Italia, dove le larghe intese, in genere, hanno lo scopo di preservare il potere dei soliti contro le istanze di cambiamento popolari. A sdoganare In Italia questo modo di fare alleanze è stato l’avvento del Governo Monti. Da quel momento, anche a livello locale si è parlato di “larghe intese” o, più sofisticatamente, di “laboratorio politico”. Ed ecco che un Comune, una Regione o un incarico viene deciso da partiti, sulla carta tra loro avversi, in totale amicizia e collaborazione. Ovviamente, dicono, per il bene comune. I casi sono diversi, qui ne riporto tre: Ischia, Reggio Calabria e Agrigento.

ISCHIA, PD E PDL UNITI CONTRO LE DEMOLIZIONI – “Ischia, la coalizione bipartisan in difesa delle case abusive”, tuonava un articolo sul Corriere del Mezzogiorno. Così diversi e così uguali, il capo del Popolo della libertà, Domenico De Siano, e il capo del Partito democratico. Giosi Ferrandino, dell’ isola storicamente più devastata dall’ abusivismo (60 mila residenti, 27 mila abusi conclamati, una richiesta di condono ogni due famiglie, rivolte anti-ruspe, qualche migliaio di abbattimenti in programma da fine gennaio). I due hanno riunito i cronisti locali e un paio di centinaia di ischitani «con la mente sgombra dai pregiudizi ideologici» nel bar Calise di piazza degli Eroi, cuore del più popoloso tra i sei comuni in cui ancora l’ isola è frammentata. E hanno steso tutti: a primavera 2012, quando si è votato per i municipi di Ischia, Lacco Ameno e Casamicciola, il partito di Bersani e quello di Berlusconi sono andati a braccetto, sotto l’ ombrello di liste civiche, a chiedere agli elettori un prevedibile plebiscito (Ischia città, ventimila abitanti e il doppio turno, sarà un vero test politico, con Ferrandino ricandidato di tutti: «Se il Pd prova a impedirmelo, scelgo il… territorio», annuncia tosto, in politichese).
Inciucio? Porcata? Macché, ci mancherebbe. Motivi nobili, giurano i due fratelli separati. Ferrandino, che dalla Dc passò in Forza Italia conquistato da Berlusconi, poi balzò nella Margherita deluso da Berlusconi e da sindaco Pd di Ischia è già da adesso sostenuto anche dagli uomini di Berlusconi (dopo il patto del bar Calise ha in consiglio una maggioranza del 90 per cento…), vola alto: «Facciamo una fase costituente, diciamo come Monti». E diciamolo. Il Comune unico è il mito e la bandiera, «obiettivo fondante, non si può andare avanti con spezzatino di servizi in sei enti, sei municipalizzate!». Anche se un referendum per realizzarlo era andato da poco semideserto e molti dicono che il vero interesse diffuso dietro il patto sia il blocco elettorale degli abusivi e il blocco economico degli albergatori (Giosi ha un hotel di famiglia, Mimmo ne ha una mezza dozzina).
Qui le lobby si fanno sentire, eccome. A Forio, per dire, il consiglio comunale ha bocciato a scrutinio segreto la variazione di bilancio con cui si dovevano finanziare undici demolizioni disposte dalla Procura. I mattoni sono oro. 
Per un breve, inebriante momento Mimmo il riformatore ha detenuto un record: approdato dritto dai ranghi gavianei al partito cosentiniano, era consigliere comunale, provinciale, regionale e pure deputato, finché non gli hanno spiegato che almeno da Montecitorio era il caso si dimettesse. È un pragmatico
Un certo pragmatismo è un tratto distintivo in un’ isola in cui le grandi famiglie hanno sempre contato più delle grandi idee, e la trasformazione da scoglio di pescatori e contadini a eldorado con quattrocento alberghi e undicimila lavoratori del settore ha fatto smarrire pezzi di identità sempre più cospicui dai tempi di Angelo Rizzoli e Truman Capote. A fine anni Sessanta, per dire, un sindaco che doveva costruire un albergo finanziato dalla Cassa per il mezzogiorno in una zona di Sant’ Angelo per legge troppo vicina al cimitero, fece semplicemente chiudere il cimitero. Negli anni Ottanta i Giuliano «rimpatriavano» a Napoli via aliscafo gli scippatori fastidiosi «perché se no la polizia viene pure ‘ a casa nostra ». Ora tutti invocano il condono 2003, da cui gli ischitani sarebbero stati esclusi a causa d’ un viluppo normativo dovuto a Bassolino.
La loro storia viene molto più da lontano. Dalla Dc che prendeva l’ 80 per cento e sulla quale regnava Enzo Mazzella, il «sindaco delle grandi opere» fatte pagare allo Stato, l’ amato monarca che chiudeva «un occhio e mezzo» sugli abusi edilizi e sapeva fare gli inviti a tavola come solo gli antichi dc sapevano. Morì nel ‘ 90, dopo avere regnato per almeno dieci anni su uomini e cose dell’ isola, e averne segnato il modello di sviluppo.
Ferrandino vinse le elezioni e governa da tre anni. Fino a ieri, quando è stato arrestato per mazzette.
AD AGRIGENTO LE PRIMARIE DEL CENTROSINISTRA LE VINCE FORZA ITALIA – Silvio Alessi ha vinto le primarie di Agrigento e sarà candidato sindaco alle prossime elezioni amministrative. A questa frase manca un pezzo: erano primarie del PD? Primarie del centrosinistra? La risposta non è semplice. Alessi faceva parte di una controversa coalizione chiamata “Agrigento 2020″, composta da esponenti del Partito Democratico e da altre liste civiche a cui erano iscritti esponenti locali – o ex esponenti – di Forza Italia, del Megafono (la lista regionale che fa riferimento a Rosario Crocetta), ad Alleanza Nazionale e ad altri partiti ancora.
Alessi è un imprenditore, è presidente della squadra di calcio Akragas, non è iscritto ad alcun partito ma è considerato vicino a Forza Italia e ha ottenuto 2.152 preferenze su 4.000, il numero totale degli elettori che hanno partecipato al voto. Alessi ha vinto battendo un candidato sostenuto da un altro pezzo di PD, Epifanio Bellini, ingegnere e segretario del circolo “Berlinguer” del PD di Agrigento, e poi Piero Marchetta (commercialista, consigliere comunale di Agrigento con il Movimento per le autonomie) e Giuseppe Vita (presidente di un’associazione di commercianti). Alessi ha commentato la sua vittoria – molto contestata – dicendo: «Ha vinto la voglia di fare». E ancora: «Io non sono amico di Forza Italia, sono amico di tutti».
La situazione e l’esito delle primarie di Agrigento è stata definita sui giornali nazionali e locali nei modi più diversi – c’è chi ha parlato di “caos” e chi di “pasticcio” – e sembra che né il PD nazionale né Forza Italia, i cui rapporti sono precipitati dopo l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, ne siano contenti. L’accordo di Agrigento tra Forza Italia e Partito Democratico per fare delle primarie di coalizione tra liste civiche comuni risale all’inizio di marzo, dopo un incontro al quale avevano partecipato, tra gli altri, il presidente della Sicilia Rosario Crocetta e Riccardo Gallo Afflitto, vicesegretario regionale di Forza Italia. Il segretario regionale del PD, Fausto Raciti, aveva spiegato che il candidato delle primarie sarebbe stato «solo sponsorizzato» da Forza Italia, aggiungendo: «Non ci vedo nulla di scandaloso o di incredibile». Per Raciti, così come per Crocetta, non c’era dunque un accordo diretto con Forza Italia ma un’intesa con alcuni movimenti civici, «tra cui Patto per il territorio che al suo interno ha anche ex esponenti di Forza Italia, ma che hanno deciso di aderire a quel progetto».
La scelta di presentare alle primarie una grande coalizione, e poi la vittoria di Alessi, sono state molto criticate nel PD, sia a livello locale che nazionale. Fabrizio Ferrandelli, deputato regionale del PD in Sicilia, ha detto che «non c’è nulla da festeggiare» e che «si è ceduto il partito a un uomo di Forza Italia»; il deputato PD Giuseppe Lauricella ha parlato di «assurdità politica» e ha definito le primarie «falsarie». Crocetta ha invece spiegato: «Bisogna sempre rispettare il voto dei cittadini. Ad Agrigento c’è una persona che viene dalla società. Non è Forza Italia ad averlo candidato ma delle liste civiche. La candidatura è stata una scelta osteggiata da Forza Italia nazionale. Siamo di fronte a una rottura. D’altra parte se si realizzano delle contraddizioni nel fronte degli avversari perché non approfittarne».
Insomma, entrambi i partiti si dissociano da Alessi. Un modo per mettere le mani avanti governando comunque per cinque anni la città. Che di problemi ed emergenze ne ha, eccome.
REGGIO CALABRIA, UN DIRIGENTE DI FORZA ITALIA COME PORTAVOCE DEL PD – Da dirigente berlusconiano a megafono del Pd, in due giorni. Nella stagione delle larghe intese, quella di Giampaolo Latella è una vicenda esemplare: è stato dirigente di Forza Italia per circa un anno e subito dopo portavoce del Partito democratico. Siamo in Calabria, dove il 36enne di Reggio, a gennaio scorso dopo la vittoria del Pd in Regione, viene incaricato, dal neo presidente del consiglio Antonio Scalzo, di diffondere la sua attività politica. È lo stesso Latella che, da marzo 2014, è anche capo della comunicazione di Forza Italia Calabria.
È un ragazzo fortunato il neo comunicatore dei democrat calabresi: se da una parte diffonde il verbo di Scalzo, dall’altra risulta tutt’ora dirigente del partito di opposizione guidato dalla berlusconiana Jole Santelli. Infatti, stando all’organigramma azzurro regionale, compare ancora membro dell’ufficio di presidenza. “Ho sciolto ogni contratto con Fi due giorni prima di firmare quello con il Pd”, precisa Latella. E sul ruolo di dirigente del partito calabrese dice: “Sono stato inserito formalmente nell’organigramma politico ma ho solo elaborato comunicati stampa”.
Ma questa è soltanto l’ultima di una serie di anomalie, trasversalità e casualità che riguardano la brillante carriera del giovane Latella. Lui, il ruolo di portavoce lo ha già ricoperto. La prima volta è nel 2005, in Calabria vince il centrosinistra di Agazio Loiero e il nuovo presidente del consiglio, Giuseppe Bova, cugino della madre di Giampaolo, lo sceglie appena trentenne, per il delicato ruolo di portavoce. Delicato e ben remunerato: 600mila euro per tutta la legislatura.  Nel 2010, la vittoria del centrodestra di Giuseppe Scopelliti, impone a Latella una temporanea battuta d’arresto dall’incarico pubblico di portavoce. Un periodo di tempo durante il quale fonda la sua società, la Labecom, un’agenzia giornalistica locale, di cui è direttore responsabile. Nel 2014, la Santelli lo chiama, per dirla con le parole di Latella, come “spin doctor” della costola calabrese di Forza Italia. “Un grande riconoscimento e una grande responsabilità”, commentava il giovane reggino fresco di nomina. Ringraziava anche il suo epigone, Silvio Berlusconi da lui riconosciuto come grande comunicatore: “Silvio Berlusconi ha rivoluzionato la comunicazione politica in Italia – affermava il neo forzista Latella – e con essa le dinamiche di questa professione e del Paese”.
Ma, soltanto dieci mesi dopo aver cantato le lodi dell’ex cavaliere, lascia Forza Italia per tornare in casa Pd, di nuovo come portavoce, alle dirette dipendenze di Scalzo e con una retribuzione sempre di 117mila euro l’anno.
Ma chi è questo giovane professionista che, a soli 36 anni ha già maturato un curriculum così notevole? La passione giornalistica Latella ce l’ha nel sangue: è figlio d’arte. Suo padre Antonio è stato per anni ufficio stampa

del Comune di Reggio Calabria, poi portavoce del Presidente della provincia di Reggio Calabria Giuseppe Raffa, quota Forza Italia. I Latella contano negli enti pubblici un altro membro stretto della famiglia: Angela, figlia di Antonio quindi, sorella di Giampaolo. Durante il governo Loiero, entra in Regione con il cosiddetto concorsone che assume a tempo indeterminato un centinaio di nuovi dipendenti. Anche Angela è giornalista e occupa una casella nell’ufficio stampa del consiglio. Al pari di suo fratello, risulta nella gerenza di Labecom, l’agenzia di comunicazione e marketing creata dal fratello Giampaolo nel 2011 che vanta clienti importanti tra i quali, per citarne qualcuno, compaiono Confindustria, Ance e Coni. Giampaolo, a tre mesi dal prestigioso incarico di portavoce di Scalzo è ancora direttore responsabile di Labecom. “A breve rassegnerò le dimissioni. Il tempo di chiudere il bilancio della società”, assicura. C’è un conflitto tra i due ruoli che deve sanare.  Infatti, secondo quanto dispone la legge 150 del 2000 che disciplina le attività d’informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, i due incarichi sono incompatibili: chi svolge l’attività di portavoce – si legge nell’articolo 7 – “non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche”. Latella sostiene che il core business della Labecom è il “marketing e la comunicazione per le aziende”, ma la sua creatura è a tutti gli effetti una testata giornalistica registrata.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

0 Risposte a “Quando Pd e Forza Italia si alleano per non perdere il potere: i casi di Ischia, Agrigento e Reggio Calabria”

  1. pd + fi…più che allearsi si fondono e nasce così il partito unico nazionale…'na brutta copia de la balena bianca…tanti auguri ai renzusconifans e ai nanofans FINALMENTE UNITI!

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