Il Financial Times spiega che Puma ha subito vari boicottaggi da quando nel 2018 sponsorizza la nazionale di Israele.
L’indignazione attorno a Israele sta aumentando, anche tra le multinazionali. Il colosso di prodotti sportivi Puma, marchio tedesco nato negli anni ’30 del secolo scorso, ha deciso di interrompere la sua sponsorizzazione della squadra nazionale di calcio di Israele.
A scriverlo il Financial Times, riportando che l’interruzione partirà dal 2024, con Puma che non fornirà più attrezzature sportive alla nazionale calcistica di Israele. La scelta, si precisa, sarebbe già stata presa lo scorso anno, quindi non c’entrerebbe quanto sta accadendo oggi.
Eppure, tutto lascia presagire che a pesare siano le pressioni che molti attivisti stanno facendo, tra cui l’organizzazione Bds, già autrice di una campagna di boicottaggio ai danni della catena francese Carrefour (ne abbiamo parlato qui).
Puma lascia Israele: i veri motivi
Il Financial Times ammette che la partnership firmata nel 2018 tra l’azienda e le autorità israeliane, ha innescato una campagna di boicottaggio, con gli attivisti che accusano Puma di sostenere gli insediamenti israeliani in Cisgiordania – considerati illegali dalla maggior parte della comunità internazionale – dato che l’IFA include club con sede in tali insediamenti.
Puma ha respinto le accuse, affermando che sponsorizza solo la squadra nazionale e non le attività a livello di club, ma questa non è sicuramente una giustificazione accettabile. Ma il Financial Times insiste:
I negozi del brand in alcune città occidentali sono stati presi di mira con manifestazioni nelle ultime settimane, evidenziando le insidie che le questioni geopolitiche possono creare per le multinazionali