Primarie Pd, chi è Marco Minniti: colui che disse No a Gheddafi per vedere la Reggina

I candidati alle primarie del Pd si stanno delineando. Sempre che interessi a qualcuno, dato che quel partito tra politica scellerata sull’immigrazione, scandali bancari, mancate promesse dimissionarie di Renzi e Boschi, ridicole guerre intestine, è stato capace di dilapidare il 41% ottenuto alle elezioni europee. Crollando al 18% dei consensi in 4 anni.

E i sondaggi dei mesi successivi alle ultime politiche di marzo 2018, registrano un partito praticamente stabile. Cosa che dalla seconda repubblica in poi era ormai rara. Visto che, in maniera endemica, i partiti che governano hanno sempre visto calare i propri consensi, mentre quelli all’opposizione l’hanno vista crescere. Senza peraltro troppi sforzi.

I candidati alle Primarie del Partito democratico, ad oggi e da quanto si riesce a capire dai vari siti, sono dunque Nicola Zingaretti, Matteo Richetti, Francesco Boccia, Cesare Damiano, Dario Corallo, Marco Minniti e ultima new entry Maurizio Martina.

Candidati Primarie Pd chi sono

Per ora, sembra che proprio il primo e il penultimo siano i più favoriti. Nicola Zingaretti è quello considerato più a sinistra di tutti, l’anti-Renzi. Colui che mentre il M5S avanzava e il Pd crollava, riusciva a farsi confermare come governatore del Lazio. Gode altresì dell’appoggio dell’ex premier Gentiloni e l’ex ministro ai Beni culturali Franceschini. E di un cognome tanto caro a molti, essendo fratello di Luca, colui che interpreta il tanto amato Commissario Montalbano.

Matteo Richetti è invece il più renziano dei cinque. Giovane, senatore, bella presenza. Francesco Boccia, pugliese, economista, marito della parlamentare di Forza Italia Nunzia De Girolamo, anti-renziano da qualche anno. Cesare Damiano, classe ‘48, il più anziano dei candidati, già Ministro del lavoro nel Governo Prodi II, esperto di politica previdenziale e anche il più a sinistra tra i candidati. Dario Corallo è invece il più giovane di tutti: 30 anni, laureato in Filosofia e collaboratore del Ministro Martina alle politiche agricole; punta a riportare il partito tra la gente.

Marco Minniti, più volte sottosegretario e Ministro degli interni nel Governo Gentiloni. Considerato il candidato più “a destra”. L’ultimo arrivato è Maurizio Martina, segretario reggente del Pd ed ex Ministro dell’Agricoltura. Anche lui filo-renziano.

Ma è su Marco Minniti che mi soffermo, non fosse altro che per un curioso aneddoto legato a Gheddafi e alla sua squadra del cuore: la Reggina.

Marco Minniti chi è

marco minniti

Chi è Marco Minniti? Come riporta Wikipedia, Domenico Luca Marco Minniti, è nato a Reggio Calabria il 6 giugno 1956. E’ un politico italiano, ministro dell’interno nel governo Gentiloni dal 12 dicembre 2016 al 1º giugno 2018. È stato dirigente dei Democratici di Sinistra, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio (governo D’Alema I e II), sottosegretario al Ministero della difesa (governo Amato II) e vice ministro dell’Interno (governo Prodi II), sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai servizi segreti nel governo Letta dal 17 maggio 2013 al 22 febbraio 2014 e nel governo Renzi dal 28 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016.

Viene considerato “uomo di destra” per alcuni distinguo rispetto a ciò che ci si aspetterebbe da un dirigente e ministro di centrosinistra. Sebbene ormai tutto il Pd di sinistra abbia poco o nulla da tempo. Ad esempio, mentre buona parte del mondo Left (politici, intellettuali, professionisti) sostiene quanto fatto da Mimmo Lucano, Sindaco di Riace, in nome dell’accoglienza e della fratellanza, lui da Ministro degli interni ha avviato una indagine amministrativa.

E ancora, ha quasi azzerato gli sbarchi dalla Libia con accordi siglati nel luglio 2017. Il resto del partito, al governo ha invece condotto un tipo di politica bonaria. Generando attività distorte e criminali, come quanto accaduto con Mafia Capitale.

Quando Minniti disse No a Gheddafi per una partita della Reggina

Come riporta Il Fatto quotidiano, nel libro: “Sicurezza e libertà” (Rizzoli), Marco Minniti racconta come disse no al dittatore libico Gheddafi. Nel 1999, avviene che il sottosegretario Minniti, a Tripoli per una delicata missione per conto del governo italiano, trascorra alcuni giorni nella vana attesa di un incontro con Gheddafi, continuamente rinviato.

Quando, sul punto di gettare la spugna, il capo del cerimoniale libico gli annuncia che il colonnello si è finalmente reso disponibile per quella stessa sera, il calabrese Minniti si rende conto, maledizione, che l’orario del colloquio coincide con la partita Reggina-Juventus, debutto degli amaranto in Serie A.

Minniti si mostra inflessibile: “Non se ne parla proprio, io questa sera alle venti e trenta ho un impegno”. Invano i dignitari libici si dicono pronti a smuovere mari e monti pur di risolvere il problema che tanto turba il politico italiano.

Ricorda Minniti:

“Trascorse un tempo infinito nel quale io e l’ambasciatore sapevamo con certezza di aver mandato a monte quell’appuntamento tanto cercato”.

Finché il dio del calcio si mostra in tutta la sua misericordia e, proprio al fischio d’inizio, Minniti apprende che il “Leader” lo avrebbe ricevuto nella notte.

Per la cronaca, Reggina-Juventus finì 1 a 1. Quindi anche bene per il Ministro. Alla rete di Filippo Inzaghi al 31’, rispose Moammed Kallon al 47’. La Reggina, tra l’altro, giocò anche in dieci per la doppia ammonizione di Andrea Bernini al 76’. Quindi un pareggio che valse doppio.

Alla fine, lo scudetto lo vinse la Lazio di Eriksson. Mentre la Reggina si salvò coi classici 40 punti, con ben 4 punti di vantaggio dalla quart’ultima Torino.

Per Minniti tante soddisfazioni in quel periodo dunque, mentre incassava altri incarichi. E chissà se a quasi 10 anni di distanza, non vincerà pure le Primarie. Del resto, negli ultimi anni la sinistra è riuscita a vincere facendo la destra.

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