Cos’ha scatenato davvero la Prima guerra mondiale?

Cos’ha scatenato davvero la Prima guerra mondiale?

La scintilla che avrebbe scatenato la Prima guerra mondiale sarebbe stata l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo.

Partiamo dalla storytelling ufficiale. A Sarajevo, allora capitale della provincia bosniaca, uscita dall’egemonia dell’Impero Ottomano e nell’orbita dell’Impero austro-ungarico, il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, in visita, venne assassinato da un giovane 19enne: Gavrilo Princip, del gruppo nazionalista serbo “Mano nera” che puntava alla riunificazione di tutta la Jugoslavia.
 
All’epoca l’ex Jugoslavia era quasi interamente parte integrante del vasto Impero ottomano, ma i vari Stati stavano acquisendo gradualmente l’indipendenza. In realtà qualche tesi complottista vuole che Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono dell’Impero austro-ungarico, non fosse ben voluto all’interno dell’esercito austriaco, né tanto meno dagli stessi ungheresi, da lui considerati marginalmente.
 
Dunque alcuni “nemici interni” avrebbero favorito l’attentato, non offrendogli la giusta protezione (il giovane Gavrilo si avvicino con la pistola molto agevolmente). Ma a parte ciò, la matrice dell’attentato è lapalissiana. Come fu e com’è ricordato Princip nel secolo successivo al suo gesto?
 

L’attentato che ha scatenato la Prima guerra mondiale

 
Sarajevo, 28 giugno 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo sta visitando la città. C’è nervosismo, poche ore prima il nobile è sfuggito a un attentato dinamitardo e ora si sta recando all’ospedale della città per visitare i feriti. Durante il tragitto, all’altezza del ponte latino, la macchina incrocia un ragazzo di diciannove anni. Il giovane riconosce la vettura, si avvicina, estrae la pistola e spara due colpi, uccidendo l’arciduca e la moglie Sofia.
 
Il fatto che fu lui a compiere materialmente l’attentato fu solo un caso. Lungo il percorso attraversato dal monarchico vi erano piazzati sei membri del gruppo terroristico. Probabilmente Gavrilo fu solo più coraggioso degli altri; o forse si ritrovò più spazio per agire.
 
La storia aveva scelto lui. Non fu condannato a morte per la giovane età, come invece accadde ad altri membri di Mano nera. Ma morì in carcere stroncato dalla tubercolosi quattro anni dopo, il 28 aprile del 1918, a soli 23 anni.
 

Memoria divisa intorno a Gavrilo Princip

 
È corretto identificare Gavrilo Princip come un nazionalista? Nel procedimento che lo vide condannato per l’omicidio dell’arciduca lui stesso dichiarò apertamente la sua identità, affermando:
 
Sono un nazionalista jugoslavo, che punta all’unificazione di tutti gli jugoslavi
 
Lontano dal nazionalismo aggressivo che si paleserà in Italia e Germania negli anni venti e trenta, quello di Gavrilo è al contrario assimilabile a quel sentimento che ispirò i movimenti anti-coloniali del Novecento.
 
È ciò che viene definito “nazionalismo non-aggressivo“, e che si basa fondamentalmente sul principio di autodeterminazione dei popoli. In questo senso, come sottolineato anche da Filip Balunovic, Princip era un nazionalista come lo era Simon Bolivar, il simbolo della lotta anti-coloniale in Sud America, e può a pieno titolo essere inquadrato come il simbolo del Risorgimento jugoslavo contro l’Austria.
 
Come scritto da Muharem Bazdulj, è corretto affermare che la Jugoslavia, tanto il Regno del 1918 quanto la Repubblica Socialista nata nel 1945, nasce dall’eco di quel colpo di pistola, dallo sparo di Princip. Non è un caso che nel 1920 i resti di Gavrilo, precedentemente tenuti in luogo segreto dagli austro-ungarici, vennero riesumati e trasportati a Sarajevo, dove furono sepolti con cerimonia solenne.
 
Durante il Regno di Jugoslavia Princip viene considerato come un patriota e a ridosso del ponte latino viene inaugurata una targa commemorativa in suo onore. Nella seconda Jugoslavia, quella socialista, Gavrilo è considerato narodni heroji – eroe del popolo.
 
Alla sua figura è dedicato anche un museo, le sue impronte vengono incise nel punto preciso dal quale sparò, ed il ponte latino cambia nome, diventando principov most cioè il ponte di Princip. La sua abitazione nella sua città natale diviene un museo che attira visitatori da tutto il mondo.
 
Il mito di Princip segue la Jugoslavia in tutto e per tutto, condividendone, anche se solo parzialmente, la triste fine. Con la disintegrazione dello Stato federale inizia una fase di forte revisionismo.
 
Durante la guerra le orme di Gavrilo vengono nuovamente  rimosse e  la sua casa natale viene data alle fiamme dai paramilitari croati. E dire che nel 1970 Safet Isovic, uno dei più conosciuti musicisti bosniaci, musulmano, scrisse un brano su Princip, in cui lo definisce
 
un giovane eroe della Bosnia, fonte di orgoglio per i suoi connazionali
 
proseguendo nel finale con i versi
 
prigione dolorosa, preziosa libertà. A Princip rende onore il suo Paese, dove il Milajacka scorre, c’è ancora l’orma delle sue scarpe
 
Il particolare significato simbolico della storia di Princip è racchiuso nel destino della targa commemorativa di quel particolare giorno. Nella versione apposta dal governo jugoslavo vi era scritto:
 
Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparando ha espresso la protesta popolare contro la tirannia e l’aspirazione secolare dei nostri popoli per la libertà
 
La targa  è posta quindi a ricordo della volontà di un popolo, quello jugoslavo, di liberarsi dall’occupante. La quantità di significati che racchiude è dimostrata dalla rapidità con cui i nazisti la rimossero una volta entrati a Sarajevo nel 1941. Dopo la guerra dei primi anni novanta, e la nascita della Bosnia indipendente, la targa venne cambiata.
 
La nuova incisione recita:
 
Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip ha assassinato l’erede al trono Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia
 
Com’è evidente, il significato di liberazione viene meno, ciò che rimane è solo il ricordo di un omicidio.
 
Ad avere un ricordo positivo del giovane Princip sono i serbi, che lo rievocano come figura eroica del proprio nazionalismo.
 
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