Perché c’è guerra a Ponticelli? Napl’Est mill paur. In questi anni si è parlato tanto di Scampia, come simbolo del degrado prima e del riscatto poi. Con l’aiuto anche della serie Gomorra, tanto da essere diventata perfino una meta turistica.
Peccato però che Napoli abbia tanti altri quartieri dimenticati difficili: San Pietro a Patierno, Secondigliano, Miano, Poggioreale, Piscinola, Gianturco. E poi la zona ad Est della città: Barra, San Giovanni a Teduccio, Ponticelli.
Fu il Fascismo a volere la riunificazione di tutti i quartieri, nel progetto “Grande Napoli“. Peccato però che nella visione futuristica di quella ideologia, mancava doti di veggenza. E cioè come tanti quartieri finiti sotto un’unica amministrazione centralizzata, finissero pure moto male.
Nella trascuratezza di una amministrazione che dagli anni ’50 in poi ha pensato, e pure male, soprattutto alle zone centrali e collinari.
Ponticelli, che fa da sola circa 20mila abitanti, si è trasformata in una sorta di Gaza. Per il rinfocolarsi di una guerra tra clan.
Tre bombe in 4 giorni, più sparatorie varie ed eventuali. Con la cittadinanza costretta ad un lockdown imposto non dal nuovo coronavirus, ma da un virus più atavico: la Camorra.
Ecco cosa sta succedendo a Ponticelli.
Perché a Ponticelli c’è guerra
Come ricostruisce Il Corriere della sera, tutto è iniziato lo scorso ottobre, quando il boss Luigi De Micco è stato scarcerato. In concomitanza con il suo ritorno a casa, è esplosa la prima bomba. Messaggio di «saluto» e segnale di avvertimento: la guerra ricomincia.
Da allora non c’è pace a Ponticelli. Posta in gioco droga e racket, da conquistare con l’esplosione di bombe notturne. Come quella del 19 marzo, sei auto danneggiate, un uomo affacciato al balcone ferito a una spalla in via Crisconio. L’ultima guerra vede altri schieramenti sul campo.
Le bombe vengono fatte esplodere nelle vicinanze di casa dei soggetti che devono ricevere il messaggio. Poi gli alleati De Martino. Negli ultimi mesi ci sono stati tre tentati omicidi. Guerra dichiarata, stando alle dichiarazioni di un pentito, in seguito a un mancato accordo per la spartizione dei guadagni illeciti calcolando anche lo stipendio ai detenuti del versante De Martino, gli XX, come amano definirsi, i “nessuno”. Guerra che desta allarme.
Molto interessante la disamina di Francesco Dinacci, coordinatore metropolitano di Articolo Uno ha commentato:
La camorra a Napoli sta rialzando la testa. Vive una fase preoccupante di forte recrudescenza, mentre la pandemia, aumentando diseguaglianze e povertà, rende ancora più fragile il tessuto sociale ed economico. Ora c’è l’esigenza di fare squadra tra politica, società civile e istituzioni, per uno sforzo immediato e adeguato in grado di fermare prima possibile l’escalation criminale
Volontariato a Ponticelli
Pone l’accento sull’abbandono delle istituzioni da un lato e le disuguaglianze acuitesi con il Covid-19 Vincenzo Viola, presidente dell’associazione Vivendo Ponticelli:
Quello che accade oggi è il risultato prodotto dall’abbandono di questo territorio da parte dello Stato negli ultimi 20 anni. E il Covid ci ha ulteriormente danneggiato, perché ha richiuso e allontanato da valide alternative i giovani che oggi sono leve della criminalità
Pasquale Leone, presidente dell’associazione Terra di confine, aggiunge che
per rispondere alle bombe bisogna partire dalla rigenerazione degli spazi. Noi lo facciamo con le attività nella biblioteca Deledda, con il centro giovanile e il campetto intitolati a Ciro Colonna, con la memoria delle vittime di mafia, ma anche con i pacchi alimentari che ogni settimana distribuiamo con Emergency alle famiglie disagiate
La cooperativa sociale Sepofà alla Deledda ha realizzato corsi di scrittura ed editoria gratis e arredi partecipati con panche e tavoli all’esterno dove prima c’erano solo pilastri.
Anche la Chiesa cerca di fare il possibile, come don Marco Liardo, parroco di Santa Maria della Neve.
Le periferie restano il problema dell’Italia tutta. Che dal Dopoguerra ad oggi le ha usate come fossero un tappeto per nascondere la polvere del centro. Ma quella polvere poi diventa un polverone. Anzi, una polveriera.