Pescatori siciliani sequestrati in Libia da oltre un mese: ennesima umiliazione

L’Italia sta subendo una ennesima umiliazione internazionale. E proprio da parte di chi, poco più di un secolo fa, era diventata una nostra colonia. E che fino a 10 anni fa, era un importante partner strategico per l’approvvigionamento di petrolio e gas: la Libia.

Infatti, lo scorso 2 settembre, 18 membri degli equipaggi dei motopescherecci “Antartide” e “Medinea” di Mazara del Vallo sono stati fermati dalle milizie del generale Khalifa Haftar. Se i motopesca sono confiscati nel porto di Bengasi, i rispettivi equipaggi sono stati trasferiti nel carcere di El Kuefia, in stato di arresto.

A quanto pare, l’accusa è che a bordo sia stata trovata droga. A dirlo è stato, come riporta Il Fatto quotidiano, il capitano del Medinea, Piero Marrone. In un piccolo frammento inedito di una telefonata registrata al margine di un’intervista andata in onda su La7.

Gli ufficiali di Haftar avrebbero trovato dei panetti di sostanze stupefacenti, poi schierati sul molo e fotografati come una tradizionale operazione antidroga. Tuttavia, sempre Marrone, ritiene che si tratti di pura macchinazione. Al fine di incastrare i pescatori siciliani.

Infatti, guarda caso, i pescherecci sono rimasti incustoditi sin dai primi giorni. E la contestazione sarebbe saltata fuori soltanto durante gli ulteriori accertamenti. Non ci sono conferme dalla Farnesina.

Dietro questo sequestro ci sono diversi motivi, che enunciamo di [sta_anchor id=”libia”]seguito[/sta_anchor].

Perché pescatori di Mazara del Vallo sequestrati in Libia

Mazara del Vallo Libia

Come riporta sempre Il Fatto, dietro questo sequestro ci sarebbe la proposta di uno ‘scambio di prigionieri’, per ora però pare già respinta dal Ministro degli Esteri Luigi di Maio. Il quale avrebbe detto “non accettiamo ricatti sui nostri connazionali”.

I libici recriminati dal loro Stato sarebbero 4, condannati a 30 anni dal Tribunale di Catania e detenuti in Italia. Accusati di essere tra gli scafisti della cosiddetta Stage di Ferragosto in cui morirono 49 migranti.

Ma a parte questo scambio, le motivazioni sono anche geopolitiche. Come al solito. A sottolinearle è Analisi Difesa, che ricorda come il sequestro dei due pescherecci sia avvenuto poche ore dopo che il ministro degli esteri, Luigi Di Maio, si era recato a Tripoli e poi a Tobruk per incontrare i leader delle “due libie”.

Infatti, solitamente “Pretty woman” Di Maio in Cirenaica incontrava il generale Haftar. Ma nel suo ultimo viaggio è andato a colloquio con il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. Considerato “l’uomo nuovo” della Cirenaica, mentre Haftar viene ormai considerato una figura in declino. Soprattutto, dopo aver perso la decisiva battaglia di Tripoli.

Quindi, ci tiene a far sapere che non è così. Anche perché è sostenuto da Paesi come Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Intenzionati ad estromettere l’Italia dai giochi libici.

Il sequestro è avvenuto nel Golfo della Sirte, acque internazionali che la Libia rivendica arbitrariamente dai tempi di Gheddafi fino a ben 72 miglia dalla costa.

Le colpe del Governo sul sequestro pescatori Mazara del Vallo in Libia

di maio haftar

Più di un mese è in effetti tanto e l’Italia sta mostrando ancora una volta la sua pochezza a livello internazionale. Certo, se si tratta di difendere grosse multinazionali, allora qualche rigurgito militarista risiede ancora dalle parti di Palazzo Chigi.

Come quando il governo italiano ha inviato una fregata lanciamissili nel Golfo di Guinea per proteggere dai pirati le piattaforme off-shore dell’ENI. E tra il 2016 e il 2019 ha schierato un battaglione con 500 fanti per proteggere il cantiere della ditta Trevi incaricata di ristrutturare la Diga di Mosul.

Ma l’inattivismo rispetto ai pescatori di Mazara del Vallo potrebbe avere altre controindicazioni. Come, per esempio, alimentare tra i criminali e i miliziani di mezzo mondo la già radicata e motivata convinzione che colpire o rapire gli italiani non comporti prezzi da pagare. Anzi, possa essere pure fruttuoso.

Certo resta il fatto che nell’ultimo anno l’Italia si è bruciata tutte le carte sui due fronti libici. Appena insediatosi alla Farnesina il ministro Di Maio ha compiuto il primo viaggio in Nord Africa visitando il Marocco e non la Libia. Facendo capire ai libici che se volevano un aiuto contro l’offensiva di Haftar dovevano rivolgersi altrove. Ossia, alla Turchia, Paese che si sta prepotentemente prendendo il Mediterraneo. Anche ai nostri danni.

In Libia ormai non contiamo più nulla da tempo. Più precisamente, dal 2011. Quando ad ottobre fu rimosso, per volere della Francia, il Raìs libico Muhammar Gheddafi, che aveva degli ottimi rapporti commerciali con il nostro Paese. Poi a cadere fu anche il governo Berlusconi, il mese seguente. Sotto i colpi dello Spread.

Il risultato finale è stata la fuga di molte aziende italiane dalla Libia, che ivi facevano importanti affari. In favore, guarda caso, di quelle francesi. Inoltre, il paese, sotto Gheddafi diventato la “Germania africana“, è da quasi 10 anni nel caso civile, politico ed economico più completo. E L’Italia non ha alcuna voce in capitolo come mediatrice.

Infine, mettiamoci pure il fatto che il Governo Conte II ha ripreso la politica dei “porti aperti” tramite i nuovi decreti sicurezza. E ha tutta l’intenzione di schierarsi contro Salvini nel processo di Catania (accusato di sequestro di persona per aver bloccato per quattro giorni lo sbarco di immigrati clandestini dal pattugliatore Gregoretti della Guardia Costiera).

Nei prossimi mesi saranno infatti chiamati a testimoniare tra novembre e dicembre il premier Conte, i ministri Di Maio e Lamorgese, nonché gli ex ministri Trenta e Toninelli. Con molta probabilità, daranno tutte le colpe al leader leghista, defilandosi. I Cinquestelle, alleandosi col Pd, stanno dando vita ad un vergognoso voltafaccia su molte questioni.

Grazie al governo Conte II ne sta venendo fuori una Italia “calpesta e derisa” sul piano internazionale. Ultima ruota del carro europeo.

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