La vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane fanno il paio con la vittoria del Sì al referendum Brexit. E ci dimostrano quanto lascino il tempo che trovano sondaggisti e politologi vari. Pertanto, tutto rimane aperto anche per quanto concerne il referendum di “casa nostra” del 4 dicembre. Visto che, sebbene il No sembra prevalere anche in modo netto, non bisogna escludere sorprese. Sempre a proposito di sondaggi, però, Renzi deve sperare che sia così anche in caso di uscita di Pierluigi Bersani. Infatti, il Pd potrebbe perdere molti voti qualora l’ex Ministro dell’economia dovesse uscire. Vediamo quanti voti perde il Pd se Bersani va via.
Quanti voti perde il Pd se Bersani va via
Come riporta Libero, parla di mossa al limite del suicidio la sondaggista Alessandra Ghisleri che non usa mezze misure: “Quello che non capisco è come Renzi possa pensare di fare a meno di Bersani in questa fase e perché mai non abbia fermato chi gridava ‘fuori, fuori’ durante la Leopolda. I post comunisti – ha aggiunto – pesano dentro il Pd, questione di storia, di valori, di partecipazione politica”. Sulla stessa lunghezza d’onda riguardo quanti voti perde il Pd se Bersani va via anche per il sondaggista Antonio Noto di Demopolis: “L’ex segretario vale il 20% del valore del Pd, ovvero circa il 6,4% sul totale degli elettori. Si direbbe poco, messa così. Ma si deve calcolare che già oggi c’è un buon 15% dell’elettorato Pd che vota No. Solo perché non gli piace la riforma. Il No di Bersani devono essere quindi aggiunti a questa fetta di elettori per nulla interessati a seguire l’antica disciplina di partito”.
Quanti voti perde il Pd se Bersani va via in caso di vittoria Sì
La vittoria del Sì potrebbe essere un autogol per il Premier Renzi. Sempre rispondendo alla domanda su quanti voti perde il Pd se Bersani va via, Nicola Piepoli stima in “3/4 dell’elettorato Pd quello rimasto con Renzi”. Ma ben più granitico è quel pezzo di partito ancora legato all’ex ministro, tanto legato da poterlo seguire in caso di scissione: “Se vincesse il Sì – ipotizza Piepoli – e Bersani decidesse di uscire dal partito, porterebbe con sé una fetta consistente di elettorato, più o meno intorno al 15%“.
Uno dei principali problemi della politica italiana è la non risolta questione culturale alla base del PD. Ossia che rapporto ha questo Partito con l’ideologia comunista ? La dirigenza ex-PCI non ha mai voluto fare una seria riflessione, che inevitabilmente è un’autocritica, del comunismo. Ci si è limitati a schierare dei candidati non-PCI come Prodi o Rutelli, chiedendo però i voti alla base ex-PCI, ex-PDS, ex-DS. Il PD deve avere il coraggi di buttare alle ortiche tutto il ciarpame ideologico comunista e incominciare a fare politica, questa volta senza più vincoli ideologici. All’inizio perderà i voti di Bersani e D’Alema e di quel dinosauro politico della CGIL ma vedrà spalancarsi davanti la prateria elettorale di chi vuole tutelare i diritti dei lavoratori (e non dei lavativi assenteisti), di chi vuole la tutela dei più deboli (e non la tutela dei rom parassiti o di finti profughi), di chi vuole la scuola pubblica (e non di quella statale), di chi crede che la libera iniziativa imprenditoriale vada guardata con rispetto e non con sospetto. Così facendo il PD avrebbe un mondo nuovo da guadagnare, avrebbe da perdere solo le proprie catene.
non credo che qualcuno, renzi o bersani, uscirà da un partito al 30%. come non credo che qualcuno sia voti al referendum in base a ciò che dica bersani.