La Francia si compra pure il Parmigiano Reggiano: finisce nelle mani di Lactalis

Italia sempre più supermercato delle multinazionali straniere. Francia, Russia, Cina e America si stanno comprando letteralmente il nostro Paese. Ed in tutti i settori. Cibi, bevande, calcio, moda. Ogni anno perdiamo pezzi della nostra economia e spesso con conseguenze anche drammatiche, visto che queste multinazionali fanno il bello e il cattivo tempo. Rilevando prima le attività e poi scappando quando gli pare.

Di mezzo ci vanno loro, i lavoratori. Ma ci va di mezzo anche la storia e il prestigio del nostro glorioso Made in Italy. Fagocitato dai capitali stranieri. La moneta unica, l’austerità, la svalutazione interna e la desertificazione industriale non aiutano, costringendoci al ruolo di terreno di conquista con scarse possibilità di difenderci.

Rarissimi sono i casi in cui siamo noi italiani a rilevare aziende straniere. Si veda il caso di Luxottica, che nel 1999 ha rilevato il colosso americano Ray-Ban.

Ed ora arriva l’ultima rilevante conquista. Purtroppo ultima solo in ordine di tempo, molto probabilmente. Ossia il tanto amato, invidiato ed imitato Parmigiano reggiano. Nel silenzio del governo in carica, che si sta mostrando sempre più incapace di affrontare le vertenze sindacali. Come dimostrano i casi Mercatone Uno e Whirlpool.

Il Parmigiano reggiano finisce infatti nelle mani dei francesi di Lactalis. Ecco i dettagli dell’operazione e come i francesi si stanno prendendo il nostro [sta_anchor id=”parmigiano”]Paese[/sta_anchor].

Parmigiano reggiano rilevata da Lactalis

parmigiano reggiano

Come riporta Il Primato Nazionale, parliamo di Nuova Castelli, azienda della provincia di Reggio Emilia che produce e distribuisce numerosi marchi della nostra tradizione, oltre ad essere il principale esportatore di parmigiano nel mondo con oltre 100 mila forme destinate al mercato estero, dove realizza il 70% dei suoi 460 milioni di fatturato.

L’accordo riguarda 16 siti produttivi, di cui 13 in Italia e 3 all’estero. L’obiettivo di Lactalis è quello di rafforzare, spiega la società transalpina,

la sua leadership nella distribuzione dei formaggi italiani Dop sui mercati internazionali, dove è già protagonista con una presenza commerciale e distributiva in oltre 140 paesi”.

L’acquisizione di Nuova Castelli non è la prima operazione che Lactalis conduce in Italia. Prima dell’affaire parmigiano, infatti, il gruppo della Loira ha effettuato una serie di operazioni che le hanno di fatto permesso di controllare oltre un terzo del settore lattiero-caseario tricolore. Sono di proprietà Lactalis, infatti, marchi come Parmalat, Galbani, Invernizzi, Vallelata, Locatelli, Cademartori.

Non sempre queste acquisizioni si sono risolte in maniera indolore. L’ultima in ordine di tempo – Parmalat – ha infatti coinciso con una serie di operazioni grazie alle quali i francesi hanno messi le mani sulla ricchissima cassa del gruppo di Collecchio. Una liquidità da centinaia di milioni di euro, accumulata negli anni successivi al crac, che senza colpo ferire è stata trasferita oltralpe.

Dove potrebbe presto finire anche la dirigenza della storica realtà parmigiana, destinata nonostante le promesse – doveva diventare il polo europeo del latte – ad essere trasferita ed inglobata nel quartiere generale di Laval. Lasciando all’Italia le briciole.

Lactalis, oltre che per la sua lunga campagna acquisti, è infatti nota alle cronache anche per l’estrema ritrosia dei Besnier (la famiglia che da generazioni controlla il gruppo) verso la comunicazione d’impresa. I bilanci sono spesso quasi un segreto di stato, le acquisizioni avvengono all’improvviso e dopo trattative sotterranee che emergono solo all’ultimo, le decisioni sulla strategia vengono palesate quando sono ormai già compiute.

Lasciando così spazio nullo alle possibili contromisure. E, nel caso dell’Italia, riducendoci a poco più che un terreno di conquista.

Aziende italiane acquistate dai francesi

Come riporta ancora Il Primato Nazionale, in principio furono Gucci, Fiat Ferroviaria, Galbani, Cariparma e Bnl, acquisite rispettivamente dai gruppi PPR (poi diventata Kering), Alstom, Lactalis, Crédit Agricole e Bnp Pariba fra 1999 e 2006.

La vera accelerazione si ha però a partire dal 2011, quando il colosso Lvmh rileva il 51% del capitale di un altro marchio del lusso, Bulgari, lanciando successivamente un’offerta pubblica di acquisto sul resto del flottante.

Segue, in estate, la scalata di Lactalis che mette le mani anche su Parmalat. Esattamente un anno dopo, con Berlusconi ormai caduto e quando Parigi già ci aveva soffiato la Libia, viene il turno di Edison, storica realtà della produzione di energia elettrica che passa sotto l’ombrello di Électricité de France al termine di un riassetto che escluse la lombarda A2A, che insieme ad Edf controllava pariteticamente la società. L’anno dopo è di nuovo il turno di Lvmh, che fa un sol boccone dell’80% di Loro Piana.

Pausa di riflessione fino al 2016, quando a giugno Vivendi subentra agli spagnoli di Telefònica in Telecom Italia, vera croce delle scorribande straniere. Scongiurato invece il passaggio di Fininvest a Vivendi.

Intanto in questi giorni FCA potrebbe fondersi alla pari con Renault. Sebbene ormai di italiano alla ex Fiat sia già rimasto ben poco.

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