PARADOSSO INDIA: PAESE CON TANTI POVERI E ANALFABETI CHE INVESTE SU NUCLEARE E MARTE

MARTEDI’ E’ STATA AVVIATA LA MISSIONE VERSO IL PIANETA ROSSO TRA LE POLEMICHE, VISTO CHE IL PAESE SOFFRE ANCORA DI PESANTI CARENZE SOCIALI. MASSICCI SONO ANCHE GLI INVESTIMENTI IN FAVORE DEL NUCLEARE
India, Paese di grandi paradossi. Riforme economiche l’hanno trasformata nella seconda economia a più rapida crescita, ed è considerata la dodicesima più grande economia del mondo in termini nominali, nonché la quarta in termini di potere d’acquisto. Eppure, nonostante ciò, tantissimi sono ancora i poverissimi (viene da sempre denominato “quarto Mondo”) e gli analfabeti; manca di scuole, ospedali, acqua potabile. Ma ciò non ha scoraggiato i suoi governanti, che finanziano a tamburo battente l’energia e la ricerca atomica, trasformandola in una superpotenza nel settore. Inoltre, hanno investito ingenti capitali in una missione verso Marte.

INDIANI SU MARTE – Martedì, alle 14.38 ora locale (le 10.08 in Italia) è partito dalla base spaziale nell’isola di Sriharikota, a nord di Chennai, il primo vettore indiano con destinazione Marte inquadrato nel progetto denominato Magalayaan, che in lingua sanscrita significa “Viaggio verso Marte”.  Mangalyaan, come già la navicella lunare Chandrayaan I, è stata interamente progettata da scienziati e ingegneri indiani, costruita in India da manodopera indiana con materiali di fabbricazione locale e avrà a bordo strumenti di rilevamento rigorosamente made in India. 1.350 chili, inclusa la strumentazione, di tecnologia avanzatissima con un indice costi-benefici da fare invidia.
La navicella resterà in orbita attorno alla Terra per circa venticinque giorni prima di cominciare il suo viaggio verso il Pianeta Rosso. Un viaggio di circa trecento giorni, che dovrebbe terminare nel Settembre 2014. Non è previsto l’atterraggio di Mangalyaan: la navicella dovrà soltanto rimanere nell’orbita marziana per studiare l’atmosfera, la morfologia e la mineralogia del pianeta. Dovrà in particolare studiare la presenza di tracce di metano, elemento di cui sono a caccia da anni tutte le missioni spaziali sul pianeta. Ma, soprattutto, dovrà fare ammettere l’India nel club elitario e ristretto delle nazioni che hanno fino a questo momento lanciato una sonda su Marte: dando per giunta uno schiaffo morale alla Cina, la cui missione sul Pianeta Rosso tentata due anni fa con la sonda Yinghou – 1 è miseramente fallita.
COSTI ESIGUI MA COMUNQUE RELATIVAMENTE INGENTI – Se avrà successo, passerà alla storia come la missione spaziale più economica di tutti i tempi: ottanta milioni di dollari, circa cinquantacinque milioni di euro. Un’inezia, praticamente. Una medaglia appuntata al petto del governo indiano che, nel travagliato clima pre-elettorale degli ultimi tempi, cerca di mostrare al mondo e alla nazione la superiorità indiana in campo tecnologico, le capacità di ricerca, sviluppo e realizzazione di progetti altamente specializzati con costi assolutamente competitivi.
La missione porta con sé anche una scia di veementi polemiche. Molti si sono interrogati sull’opportunità e sulla convenienza vera, per una nazione come l’India, di perseguire un programma spaziale più o meno ambizioso. In una nazione in cui lo sviluppo riguarda ancora soltanto una misera percentuale della popolazione e in cui la maggioranza dei cittadini soffre a causa di carenze basilari come l’acqua potabile, l’elettricità, i servizi igienici, ospedali o scuole decenti nessuno, ma proprio nessuno, sente l’esigenza di mandare una sonda su Marte o un razzo sulla Luna. O anche, volendo essere pignoli, dell’ennesimo missile a testata nucleare.
Alle critiche, però, il direttore dell’Indian Space Research Organization K. Radhakrishnan risponde: «La domanda è stata posta milioni di volte negli ultimi cinquanta anni, e la risposta è e sarà sempre: sì. È necessario per trovare soluzioni ai problemi dell’uomo e della società». E aggiunge poi che la spesa per la ricerca spaziale è soltanto lo 0.34% del budget del governo indiano, e che i costi della missione Mangalyaan ammontano all’8% della spesa totale per la ricerca spaziale. Costi ampiamente coperti dai benefici generati dalle missioni spaziali degli anni precedenti.
GLI INVESTIMENTI NUCLEARI E MILITARI– Nonostante le critiche e le sanzioni militari, l’India ha costantemente rifiutato di firmare il Trattato di bando complessivo dei test nucleari e il Trattato di non proliferazione nucleare, preferendo invece il mantenimento della propria sovranità sul programma nucleare. Le recenti aperture da parte del governo indiano hanno rafforzato le relazioni con Stati Uniti, Cina e Pakistan. In campo economico, l’India ha stretti rapporti con le altre nazioni in via di sviluppo di Sud America, Asia e Africa.
L’India mantiene la terza più grande forza militare del pianeta, la Bhāratīya Saśastra Sēnāēṃ è divisa tra Bhāratīya Thalsēnā (esercito), Bhāratīya Nāu Senā (marina militare), e Bhāratīya Vāyu Senā (aeronautica militare). Forze ausiliare quali le Forze Paramilitari indiane, la Guardia Costiera, e lo Strategic Forces Command sono altresì sotto la competenza militare. Il presidente dell’India è il comandante supremo delle forze armate indiane.
E’ diventata una potenza nucleare nel 1974 dopo lo svolgimento di un primo test nucleare (il cui successo fu annunciato con la frase in codice “Il Buddha sorride” perché avvenne il giorno dell’anniversario della nascita del Buddha). Ulteriori test sotterranei sono stati svolti nel 1998, ed hanno portato a sanzioni internazionali, gradualmente ritirate dopo il settembre del 2000.
Secondo stime della Cia, l’India investe in spese militari il 2,5% del suo Pil, almeno stando a dati fermi al 2008, quindi probabilmente aumentati. L’India, partita con vettori Prithvi a corto raggio (350 km), ha poi creato tre versioni del più potente Agni (3.500 km) e nel corso del 2008 conta di inaugurare l’Agni-IV (6.000 km). Quanto al Pakistan, possiede una decina di tipi diversi di missili: il più potente è lo Shaheb-II (2.300 km), che presto sarà però surclassato dal Ghauri-III (4.000 km). Con l’Agni-IV, New Dehli sarebbe in grado di bombardare non solo Islamabad (con cui ha da sempre pessimi rapporti, sfociati in ricorrenti crisi), ma anche Pechino (con cui ha già avuto confronti militari).
GLI SFORZI PER PRIMEGGIARE NEL NUCLEARE – Uno dei primi grandi handicap per l’India è stata la scarsa presenza di uranio, che ha portato il Paese a stringere continui accordi con altri produttori, come Russia e Kazakistan.
In uno dei raduni annuale dell’IAEA, il presidente della Commissione per l’energia atomica dell’India, Srikumar Banerjee, ha ribadito che lo Stato asiatico avrebbe puntato sull’energia nucleare, che costituisce la quarta fonte di energia elettrica nell’intero Paese. Gli ultimi dati sono molto ambiziosi: il Governo spera di raggiungere entro il 2032 l’obiettivo di produrre 64.000 MW di energia atomica. A questo progetto si affiancano però tutta una serie di problematiche abbastanza rilevanti.
Nello Stato del Maharastra, a Jaitapur, si prevede di costruire il più grande complesso nucleare del mondo grazie agli investimenti di Areva, una importante società francese del settore. Il progetto ha fissato per il 2018 l’ attivazione della prima unità ma a quanto pare nessuno ha prestato la giusta attenzione alla forte sismicità della zona, con il grande rischio di replicare quanto successo in Giappone.
Attualmente in India ci sono 20 reattori distribuiti su 6 centrali nucleari e il numero degli incidenti è molto elevato perché il personale scarseggia e  non vengono prese le giuste precauzioni in termini di sicurezza. Nel 2012 per esempio più di 40 operai sono stati esposti in un solo giorno a radiazioni pari al limite annuale consentito e sono ugualmente tornati sul posto di lavoro.
Gli attivisti locali, al contrario dei movimenti anti-nucleari più affermati, lottano più per la perdita dei loro terreni e la corruzione politica invece che per il rischio di una catastrofe ambientale.
A Koodankulam, nell’India meridionale, dove è prevista la costruzione di un nuovo impianto, migliaia di manifestanti, per lo più pescatori e contadini, e soprattutto donne, hanno avviato una lunga protesta alla quale le forze locali hanno reagito con violenza e arresti.
Anche per quanto concerne l’energia c’è un paradosso: ancora oggi più di 412 milioni di indiani non hanno l’elettricità. Ma siamo certi che la soluzione a tutto questo sia da cercarsi nell’atomo d’uranio?!
POVERTA’ – Almeno un terzo dell’intera popolazione indiana (più o meno equivalente a tutti gli abitanti degli Stati Uniti vive a tutt’oggi al di sotto della soglia minima di povertà; secondo alcune stime effettuate dalla Banca Mondiale e che si basano su dati del 2005, l’India aveva 456 milioni di persone (più del 40% del totale) che continuava a vivere al di sotto della quota minima di sopravvivenza stabilita in 1,25 dollari al giorno, con il 33% di tutti i poveri del pianeta che risiedono all’interno del paese. Complessivamente il 75,6% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, rispetto alla media del 72,2% dell’intera Africa subsahariana.
Anche se le classi sociali più elevate hanno guadagnato in tenore di vita dei recenti sviluppi economici positivi, l’India soffre di una sostanziale e generalizzata condizione di povertà; la distribuzione della ricchezza è piuttosto irregolare, col 10% delle persone che guadagnano il 33% dell’intero reddito nazionale. Nonostante i significativi progressi economici compiuti negli ultimi decenni, un quarto della popolazione guadagna meno di 40 centesimi di dollaro al giorno: i dati ufficiali del 2004-05 stimano che il 27,5% degli indiani sopravvivono in miseria quasi assoluta.
Un rapporto del 2007 da parte della Commissione nazionale gestita dallo stato per le imprese del settore non organizzato (NCEUS) rilevò che il 25% degli indiani (236 milioni di persone) viveva ancora con meno di 50 centesimi di dollaro quotidiani, con la maggioranza degli impiegati in ambito lavorativo nei settori informali privi di qualsiasi forma di previdenza sociale e protezione legislativa.
PROBLEMI SANITARI – La cronica mancanza di servizi igienici adeguati è una delle più grandi preoccupazioni sanitarie del paese; le statistiche condotte dall’UNICEF nel 2008 hanno dimostrato che solamente il 31% della popolazione indiana è in grado di utilizzare strutture sanitarie adeguate, con una morte su 10 in India legata alla carenza di igiene. La diarrea cronica è causa di mortalità di una persona su 20; solo nell’anno 2006 circa 450mila decessi sono stati dovute a cause correlate a dissenteria, di cui l’88% erano bambini al di sotto dei 5 anni. Studi approfonditi dell’UNICEF hanno infine anche dimostrato che le malattie derivanti dai cattivi servizi igienico-sanitari colpiscono i bambini nel loro sviluppo cognitivo.
Le persone che non hanno acceso a strutture sanitarie adeguate si ritrovano costrette a defecare in pubblico o nei corsi d’acqua, ed un grammo di feci può potenzialmente contenere 10 milioni di virus, 1 milione di batteri, 1000 cisti parassitarie e 100 uova di vermi. Il fiume Gange porta più d un milione di litri di liquami fognari in dismissione al minuto; l’altissimo livello di contaminazione del fiume dai rifiuti umani organici promuove facilmente la diffusione di malattie contagiose quali il colera, causando morti soprattutto negli strati di popolazione più sensibile, soprattutto bambini.
La mancanza di servizi igienici e acqua pulita porta anche a notevoli perdite economiche, pari al 6,4% del PIL nazionale (questo nel 2006, equivalente a 53,8 milioni di dollari); inoltre il 20% delle famiglie più povere che vivono nelle aree urbane porta su di sé il più alto impatto economico pro-capite derivante dalla mancanza di strutture sanitarie.
ANALFABETISMO – Secondo stime dell’Unesco, circa i due terzi degli analfabeti nel Mondo si trovano in solo 9 paesi, e sono 771 milioni in totale. Di essi, il 45% vive in India e in Cina: il 34% e l’11% rispettivamente. Dunque, in parole povere, più di un terzo degli analfabeti a livello mondiale vive proprio qui.
Chissà cosa penserebbe di tutto ciò chi ha fatto sì che l’India diventasse indipendente con la sola forza delle idee pacifiche: Mahatma Gandhi. O colei che ha speso la sua vita nella capitale: Madre Teresa di Calcutta. O ancora, il simbolo religioso del Paese, Buddha, al quale è stato paradossalmente intitolato l’arsenale militare. O, infine, i marziani stessi, dall’alto della loro intelligenza.

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Riepilogo dell'articolo

Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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