In queste settimane, nel nostro Paese, gli orsi sono al centro di una polemica dopo quanto accaduto in Trentino. Quando in realtà la loro pericolosità è causata dalla cattiva gestione e dalle scelte scriteriate degli esseri umani. Ora però una ricerca ne riabilita la figura, in particolare, per la prevenzione della Trombosi. Tornando così quegli animali che nell’immaginario collettivo ricordiamo dolci e pacifici.
Tra le patologie cardiovascolari, solo l’infarto e l’ictus fanno più vittime della trombosi venosa profonda, che deriva dalla formazione di coaguli di sangue (trombi), di solito nelle gambe o nei polmoni, spesso dovuti a inattività.
Ma gli orsi vanno in letargo tutti gli inverni, eppure non si è mai sentito di un esemplare morto per trombosi.
Questo mistero ha lasciato perplessi gli scienziati per anni, ma ora un recente studio sembra averlo finalmente risolto, promettendo una svolta nella prevenzione di questa pericolosa patologia.
Andiamo a vedere in cosa consiste.
La proteina HSP47 e il suo legame con la trombosi
Come scrive Science (qui l’articolo completo), un paio di cardiologi dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco, Tobias Petzold e Manuela Thienel, in collaborazione con un gruppo di ricercatori scandinavi, ha studiato gli orsi bruni svedesi durante il letargo.
In particolare, confrontando campioni di sangue prelevati in inverno con altri prelevati in estate, i ricercatori hanno notato che la proteina HSP47 era abbondante in estate, ma praticamente assente in inverno.
Tale proteina, tra le altre cose, è presente sulle piastrine e attrae i cosiddetti neutrofili, un tipo di globuli bianchi, che formano una sorta di “rete” per intrappolare altre proteine, cellule e agenti patogeni, portando in tal modo alla formazione di trombi.
Poiché gli orsi producono quantità molto ridotte della proteina HSP47 durante il letargo, il rischio che si formino queste reti e quindi i trombi è estremamente basso.
I ricercatori hanno quindi esaminato tale proteina nel sangue di pazienti con lesioni del midollo spinale, anch’essi notoriamente poco soggetti a trombosi nonostante l’immobilità, scoprendo che essa è presente in valori più bassi della media.
Per confermare il tutto, hanno infine effettuato dei test su volontari allettati per lunghi periodi e, come previsto, anche in essi i livelli della proteina HSP47 sono iniziati a scendere rapidamente.
Il futuro della prevenzione della trombosi grazie agli orsi
I risultati di questo studio rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro la trombosi; infatti, le terapie attuali a base di anticoagulanti, come l’eparina, sono solo parzialmente efficaci e sottopongono i pazienti a rischio di emorragie.
Sarebbe quindi importante sviluppare un sistema per controllare la proteina HSP47, in particolare riducendone i valori in persone che si ritrovano improvvisamente immobilizzate, prima che l’organismo inizi a regolarli autonomamente.
Si attende ora conferma di tali risultati da parte di altri gruppi indipendenti, nella speranza che a breve avremo un’arma ideale per prevenire l’insorgenza di trombi.