L’Organizzazione delle Nazioni Unite (meglio nota con l’acronimo di Onu) è nata il 24 ottobre 1945 sulla scia della vecchia Società delle Nazioni, al fine di promuovere la pace nel Mondo e i diritti umani. Eravamo appena alla fine della Seconda guerra mondiale, che aveva disseminato morte e distruzione in Europa, Africa settentrionale e parte dell’Asia. E dunque c’era un grande desiderio di pacificazione.
Se la pace nel Mondo è tutto sommato stata duratura, ma soprattutto grazie alla Guerra Fredda tra il blocco occidentale e sovietico protrattasi per un quarantennio, al fine di evitare una catastrofica guerra “calda” atomica, dagli anni ‘90 i focolai di guerra sono proliferati soprattutto in Africa e Medioriente. Laddove i paesi colonialisti si sono ritirati e le superpotenze hanno appoggiato ora questa ora quella fazione. Facendo il bello e soprattutto, il cattivo tempo. Per propri scopi economici e geopolitici.
In questo scenario da Terza Guerra Mondiale permanente, l’Onu ha mostrato tutta la propria impotenza e incapacità di concertazione. Non solo, in questi giorni è arrivata ad accusare l’Italia di essere un paese intollerante e nel quale sono in corso atti di violenza razzisti. Così come in Austria. Questa l’accusa di Michelle Bachelet, neo Alto commissario Onu per i diritti umani:
“Abbiamo intenzione di inviare personale in Italia per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e Rom”.
La riposta di Salvini non si è fatta attendere. Il Ministro degli interni ha ricordato quanto il nostro Paese si sia speso in questi anni per gli immigrati. Ma, soprattutto, la Bachelet dimentica che l’organizzazione che rappresenta conta ben 18 Paesi che violano idiritti umani. Stando ad un elenco stilato da Amnesty International.
Onu, i 18 Paesi che violano i diritti umani
Come riporta Il Sole 24 Ore, Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti economici, sociali, politici e civili in molti paesi. Ecco un elenco, affatto esaustivo, di esempi di attacchi a livello nazionale ai diritti umani e alle istituzioni che dovrebbero proteggerli:
Angola
uso delle leggi sulla diffamazione e sulla sicurezza per intimidire, arrestare e imprigionare persone che avevano espresso pacificamente le loro opinioni; mancato rispetto delle raccomandazioni delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani.
Arabia Saudita
brutale repressione contro chi aveva osato chiedere riforme o criticare le autorità; crimini di guerra nella campagna di bombardamenti in Yemen; ostacolo all’istituzione di una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sui crimini commessi da tutte le parti coinvolte nel conflitto dello Yemen.
Burundi
sistematiche uccisioni e uso massiccio di altre tattiche violente da parte delle forze di sicurezza; tentativo di sopprimere la comunità dei diritti umani.
Cina
aumento della repressione contro i difensori dei diritti umani; adozione di leggi indiscriminate in nome della sicurezza nazionale.
Egitto
migliaia di arresti, anche nei confronti di chi aveva espresso critiche in modo pacifico, nell’ambito della repressione in nome della sicurezza nazionale; prolungata detenzione di centinaia di persone, senza accusa né processo; centinaia di condanne a morte.
Gambia
torture, sparizioni forzate, criminalizzazione delle persone Lgbti; totale rifiuto di cooperare con le Nazioni Unite e con gli organismi regionali per i diritti umani su questioni come la libertà d’espressione, le sparizioni forzate e la pena di morte.
Israele
mantenimento del blocco militare nei confronti di Gaza e conseguente punizione collettiva ai danni di 1,8 milioni di abitanti; mancato rispetto, così come da parte della Palestina, della richiesta delle Nazioni Unite di condurre serie indagini sui crimini di guerra commessi nel conflitto di Gaza del 2014.
Kenya
esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e discriminazione contro i rifugiati nel contesto delle operazioni anti-terrorismo; tentativo di indebolire il Tribunale penale internazionale e la sua capacità di perseguire la giustizia.
Messico
grave situazione dei diritti umani, tra cui 27.000 sparizioni; dura reazione alle critiche delle Nazioni Unite sul massiccio uso della tortura, quasi completamente impunito nonostante l’aumento delle denunce.
Pakistan
risposta gravemente lesiva dei diritti umani all’orribile massacro della scuola di Peshawar della fine del 2014; uso incessante della pena di morte; sorveglianza e chiusura degli uffici delle Ong internazionali considerate `contro gli interessi´ del paese.
Regno Unito
continuo uso della sorveglianza di massa in nome della lotta al terrorismo; passi indietro costituiti dal proposito di evitare lo scrutinio della Corte europea dei diritti umani.
Russia
uso repressivo di leggi sulla sicurezza nazionale e contro l’estremismo dai contenuti vaghi; azione coordinata per ridurre al silenzio la società civile; vergognoso rifiuto di riconoscere le vittime civili degli attacchi in Siria e mosse spietate per fermare l’azione del Consiglio di sicurezza sulla Siria.
Siria
uccisione di migliaia di civili in attacchi diretti e indiscriminati contro i civili mediante barili-bomba e altri armamenti nonché con l’uso della tortura in carcere; lunghi assedi contro le aree civili, blocco degli aiuti internazionali alle popolazioni alla fame.
Slovacchia
diffusa discriminazione contro i rom, nonostante anni di campagne da parte di gruppi nazionali ed europei che alla fine hanno spinto la Commissione europea ad avviare una procedura d’infrazione contro il paese.
Stati Uniti d’America
centro di detenzione di Guantanamo – esempio delle gravi conseguenze della “guerra al terrore” – ancora aperto; assenza di procedimenti giudiziari nei confronti degli autori di torture e sparizioni forzate.
Thailandia
arresto di persone che avevano espresso critiche in modo pacifiche tra cui attori, utenti di Facebook e autori di graffiti; rifiuto da parte del governo militare delle richieste internazionali di non limitare i diritti umani e non ridurre al silenzio il dissenso in nome della sicurezza.
Ungheria
chiusura dei confini di fronte a migliaia di rifugiati in condizioni disperate; ostacolo al tentativi regionali di aiutarli.
Ad essi aggiungiamoci un diciottesimo: la Turchia, Paese che da decenni non riconosce i diritti dei Curdi e che sotto la presidenza quindicennale di Recep Tayyip Erdogan ha conosciuto una forte involuzione democratica.
L’elenco andrebbe continuamente aggiornato. Ricordo che gli stati membri dell’Onu sono in totale 193.
Anche Onu responsabile situazione africana
Aggiungiamoci poi il fatto che l’Onu in Africa non sta facendo nulla per mitigare l’emorragia umanitaria in atto da anni. Potrebbe ad esempio organizzare cordoni umanitari tra i paesi attraversati dai migranti, oltre a creare dei centri di prima accoglienza in Libia. Che evitino ai migranti la permanenza in lager o il tentativo disperato di arrivare in Italia in condizioni penose rischiando la vita. Ed invece, critica e pontifica sull’Italia, che si è sorbarcata sulle proprie spalle il peso della storia.
Ecco come Trump bollava l’Onu in uno dei suoi mitici Tweet:
The United Nations has such great potential but right now it is just a club for people to get together, talk and have a good time. So sad!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 26 dicembre 2016
Tradotto: Le Nazioni Unite hanno un potenziale così grande ma in questo momento sono solo un club in cui le persone si riuniscono, parlano e si divertono. E’ tutto così triste!
Come dargli torto?