Uno dei modi più semplici per far appassionare qualcuno all’astronomia è mostrargli una serie di immagini di oggetti celesti, coi loro colori sgargianti, forme improbabili e dimensioni inimmaginabili.
Tra gli oggetti più affascinanti del cosmo ci sono sicuramente le nebulose planetarie, giganteschi ammassi gassosi dai colori sfavillanti.
Di seguito vedremo come si formano, perché sono oggetti unici e ovviamente daremo un’occhiata ad alcune di quelle più belle.
Nebulose planetarie: origini e rappresentazione grafica
Nonostante il nome, le nebulose planetarie non hanno niente a che fare coi pianeti: difatti, furono chiamate così semplicemente perché, all’epoca della loro scoperta, i telescopi non erano potenti come quelli attuali, e quindi agli astronomi del tempo apparivano simili ai comuni pianeti.
In realtà, esse sono il frutto della morte di una stella come il Sole, che poco prima della sua fine espellerà una nuvola di gas nello spazio.
Tale nebulosa planetaria assorbe quindi la luce ultravioletta emessa da ciò che resta della stella (detta “nana bianca”) e la riemette a sua volta a lunghezze d’onda differenti, invisibili all’occhio umano.
Come possiamo, quindi, apprezzare la bellezza di nebulose come quelle presenti all’interno di questo articolo su Universe Today? La risposta è che le immagini ottenute usando i telescopi (che sono in grado di osservare a varie lunghezze d’onda) vengono rielaborate, esagerandone i colori per renderli visibili all’occhio umano.
Si potrebbe quindi pensare che tali immagini siano “false”, ma non è così: si tratta piuttosto di ricostruzioni, necessarie per renderle fruibili ai fini estetici, oltre che scientifici.
Nebulose planetarie: cosa le rende l’una diversa dall’altra
Come si può vedere dall’articolo succitato, le nebulose planetarie possono avere le forme più irregolari e i colori più svariati.
Il perché di ciò non è ancora del tutto chiaro, ma un recente studio di un gruppo di astronomi guidato da Verónica Lora dell’Universidad Nacional Autonoma de Mexico ci avvicina alla soluzione del mistero.
A differenza del sistema solare, la maggior parte dei sistemi stellari di cui si è a conoscenza è composto da due o più stelle, che orbitano l’una attorno all’altra/e.
I risultati della ricerca mostrano come il periodo di rivoluzione della compagna binaria (cioè, il tempo che essa ci mette per completare un’intera orbita) influenzi pesantemente la forma della neonata nebulosa planetaria.
Lo stesso vale per i getti provenienti dalla nana bianca al centro della nebulosa.
C’è ancora molto lavoro da fare, ad esempio per capire come mai ci siano così poche nebulose planetarie dalla forma “regolare” (cioè, ad anello), ma una cosa è certa: la loro complessità scientifica è pari al loro fascino estetico, quindi non possiamo lamentarci più di tanto.
Ciao Fabio, grazie per il commento.
Mi fa molto piacere che l’articolo abbia stimolato la tua curiosità e ti auguro di scoprire tante altre cose affascinanti nell’universo!
Scelgo NGC 6302 (per gli amici C69) come mia preferita! La nebulosa farfalla. Incredibile come continui a espandersi a 600 km/s da 1900 anni.
Grazie per avermi incuriosito con l’articolo e avermi fatto cercare altre notizie 🙂