NASCE IL PDL, DOPO LA SINISTRA, E’ MORTA ANCHE LA DESTRA
Con il Congresso tenutosi lo scorso weekend alla nuova Fiera di Roma, è nato ufficialmente il Popolo delle Libertà, quello che per i suoi fautori (o se preferite per il suo fautore), è destinato ad essere il grande partito italiano di centro-destra, basato su valori moderati e cattolici. Il progetto è nato da un proclama di Berlusconi, in una sera di fine 2007, all’indomani della nascita del Partito democratico, con il quale affermò che anche il centro-destra avrebbe avuto un suo “partito unico”. Per la serie, tipica Berlusconiana, “ho avuto una bella trovata, non vi resta che seguirmi…”
Il partito si concretizza con la fusione di Forza italia e Alleanza Nazionale, più altri partiti minori, come ad esempio la nuova DC. Ne resta fuori la Lega, che ci tiene alla propria peculiarità politica, promettendo (ma non giurando) al contempo fedeltà come alleato.
Le cose che vorrei dire sono tante, al punto di non sapere dove iniziare. Forse è giusto iniziare proprio dal primo pensiero che mi è venuto in mente quando questo progetto era ormai avviato: dopo la sinistra, è morta anche la destra. Già, perché se a sinistra, dal crollo del PCI, c’è stata solo una continua frammentazione in diversi partiti a mò di matrioska, arrivando al Partito Democratico, che sembra solo una nuova DC che guarda a sinistra (l’elezione a Segretario temporaneo di un ex DC, la dice tutta), ora anche a destra si concretizza uno sbiadimento, che ha portato alla nascita di una DC.
La storia della destra italiana è iniziata con la nascita del Partito Nazionale Fascista, fondato a Roma il 7 novembre 1921 per iniziativa di Benito Mussolini, come evoluzione sotto forma di partito, del movimento dei Fasci Italiani di Combattimento (costola del Partito socialista). Con l’estinzione di questo successivo al “ventennio” dell’era fascista, nacque il Movimento sociale Italiano alla fine del ‘46, un partito che si presentava come erede di quello fascista, basandosi fieramente sui suoi valori ed ideali. Nel corso degli anni successivi, la destra italiana si tenne così ai limiti del sistema democratico italiano, con una rappresentanza partitica in Parlamento da un lato, e attività eversive dall’altro (stragi e uccisioni, dall’attentato di Piazza Fontana del ’69 agli attentanti a Roma e Firenze del ’93).
Con la morte del leader carismatico Giorgio Almirante, dalla seconda metà anni ’80 e la prima metà anni ’90, la destra sociale visse un periodo di crisi d’identità, perdendo anche consistenza elettorale. Così, il nuovo segretario dell’MSI, Gianfranco Fini, insieme ad altri “colonnelli”, come Tatarella, al Congresso di Fiuggi del ’95, decisero lo scioglimento dell’MSI e la nascita di Alleanza Nazionale, una sorta di destra sociale più moderata. Da quel momento in poi, il partito, mediante il continuo ripudio da parte del suo leader Fini, di tutti i postulati fascisti, insieme agli altri dirigenti del partito sbigottiti e sorpresi, ma infondo sempre fedeli (a parte qualcuno come Storace e Bontempo, fondatori qualche anno fa de La Destra), divenne sempre più moderato.
In fondo la sirena del Cavaliere è stata sempre troppo invitante per non potersi ricredere sulle proprie idee politiche; fin dal 1994, quando era concreta la possibilità per i post comunisti guidati da Occhetto di andare al Governo, e bisognava creare una coalizione che andasse dai moderati ex democristiani ai leghisti. Anche se quell’esperienza durò solo 9 mesi.
Per quanto riguarda l’altro partito aderente al PdL, Forza Italia, c’è poco da dire. Nell’inverno del 1993, l’imprenditore milanese “Cavaliere del lavoro” Silvio Berlusconi, decise di “scendere in campo”, ossia di formare un partito politico, nel quale confluissero diversi ex democristiani e socialisti, oltre a funzionari di diverse sue aziende, soprattutto “Publitalia 80” (Azienda che fu fondamentale per le strategie di comunicazione da adottare). La sua decisione fu letta in due modi: dai suoi estimatori, come una scelta dettata dall’amor di patria, che in un periodo politicamente ed economicamente difficile come quello che stava attraversando l’Italia in quel periodo, lo spingeva ad occuparsi di politica nonostante i già tanti successi da imprenditore, soprattutto in nome di una lotta al “pericolo rosso” dei comunisti o di un golpe della Magistratura. Per i critici, invece, la scesa in campo dell’imprenditore milanese fu dettata dalla necessità di salvare le sue proprietà e la sua libertà personale, promulgando egli stesso le leggi in materia di giustizia (di qui l’idea delle “leggi ad personam”). Tale critica poggiò soprattutto sul fatto che Berlusconi ha goduto, soprattutto tra la seconda metà anni ’70 e la prima metà anni ’80, di diverse leggi che gli hanno di fatto consentito una rapida scalata al vertice dell’imprenditoria italiana (su tutte l’amicizia con Craxi). Quindi, venuti a crollare a seguito dell’inchiesta “Mani pulite” i principali partiti a lui spalleggiatori (DC e PSI), ha dovuto egli stesso occuparsi di politica.
Prima dicevo che su Forza Italia c’è poco da dire. Del resto, il leader indiscusso è rimasto Berlusconi, mentre gli altri fungono da comparse e spalleggiatori più o meno riusciti, benché si dica che su tutto il territorio nazionale sono sorti molti circoli che fanno da “scuola” per i futuri membri del partito. Anche il mezzo preferito da Berlusconi per farsi pubblicità e propaganda, la TV, è rimasto invariato, malgrado qualche timida legge sul conflitto di interessi ha tentato di limitarne l’impatto.
Anzi, ora Forza Italia si allarga, con i membri di AN che ne entrano a far parte, andando ad aumentare l’esercito di comparse e spalleggiatori già numerosi ed esistenti; perché il richiamo della carriera politica è troppo invitante per essere snobbato. E chissà per quanti anni ancora Berlusconi sarà leader di questo partito, scegliendone l’erede solo quando sarà il momento, relegandosi un ruolo da manovratore nascosto.
La destra sociale si è estinta, facendo spazio ad un soggetto politico fintamente moderato, ipocritamente cattolico, apparentemente democratico, portatore di interessi particolaristici. E mi vien da ridere quando mi vengono in mente gli osanna di Fini a Mussolini, o le aspre critiche che faceva a Berlusconi quando erano all’opposizione durante il breve secondo Governo Prodi (fine 2007); tutto svanito non appena quest’ultimo cadde sulle proprie gambe e concreta divenne la possibilità di riandare al Governo. Ma si sa, in politica la coerenza è una dote di pochi.