MORTO SANDRO CURZI, COMUNISTA DOC

E’ morto sabato mattina, all’età di 78 anni (nato il 4 marzo 1930), Sandro Curzi, giornalista di vecchio corso (iniziò da adolescente nell’Unità clandestina), nonché politicamente impegnato fin da adolescente (si tesserò al PCI a 14 anni). Da tempo lottava contro una brutta malattia.
Non citerò la sua biografia, che troverete abbondantemente on line o su giornali. Riporterò qualche passo significativo della sua vita, oltre a quelli già sopra riportati. Come quando divenne direttore del TG3 (dal ’87 al ’93), dandone una forma dinamica, aggressiva, ricercatrice della verità, ancora oggi caratterizzante il TG (che fu per questo soprannominato “Telekabul”). Oppure il suo costante occhio critico verso la sinistra italiana, scegliendo dopo lo scioglimento del PCI, Rifondazione al PDS; partito che seguirà anche nella breve avventura della Sinistra arcobaleno. O ancora, i tre anni come consigliere del CDA Rai (dal 2005 ad oggi), che hanno sicuramente apportato alla TV di Stato, un freno alla sua crescente commercializzazione e abbassamento di qualità. Aveva infine criticato il Parlamento uscito dalle elezioni dello scorso aprile, parlando di “pensiero unico” (cosa che ho fatto anche io nel mio piccolo, con il libro “Addio alle armi”).

Proprio per il suo impegno in politica e in Rai, Curzi lascerà un vuoto sia nella sinistra italiana, sia nella TV di Stato. Nella prima, come voce critica e come personaggio tutto d’un pezzo, che non ha mai cambiato parere e posizione su certe idee (ogni riferimento a Sandro Bondi è puramente casuale); nella seconda, come ho detto prima, perché ha sempre mantenuto una posizione ferma verso la qualità del servizio pubblico, come dimostra la ancora esistente messa in trasmissione di programmi di alto livello culturale, soprattutto su Rai Tre.
Sinceramente non so a sinistra quante voci “di coscienza” restano ancora, mentre in Rai vedo un freno in meno alla decadenza di un servizio pubblico già visibilmente di scarsa qualità.
Arrivederci Sandro, grazie per il patrimonio che ci hai lasciato. Un patrimonio non materiale o economico, ma uno immateriale, che i costanti tagli economici e il malaffare, tentano quotidianamente di attaccare: la cultura.
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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