MICHELANGELO ANTONIONI: RITRATTISTA CRITICO DELLA BORGHESIA

NEI SUOI FILM NE SOTTOLINEO’ IL LATO IPOCRITA, INCOMUNICABILE, INDIVIDUALISTA
Mentre Vittorio De Sica e Roberto Rossellini descrivevano magistralmente l’Italia del dopoguerra, in piena crisi economica e sociale, Michelangelo Antonioni preferì concentrare la sua attenzione registica su una classe sociale che in fondo se la passava bene. Fin troppo, al punto da essere infelice proprio quanto quei diseredati raccontati dai primi due: la Borghesia. Antonioni ne ritrasse la noia, la paranoia, l’ipocrisia, l’individualismo, l’incomunicabilità, la cattiveria. Il suo primo film arriva nel 1950: Cronaca di un amore, dopo una serie di documentari. In questa pellicola mostra subito di avere le idee chiare e quale sia il percorso da seguire.

PRIMI FILM – Nel 1950 riesce finalmente a dirigere il suo primo lungometraggio: Cronaca di un amore, restaurato nel 2004, opera già personalissima in cui, all’interno di un solido intreccio noir, descrive la storia di un adulterio ambientata nel mondo dell’alta borghesia industriale lombarda. La scelta della descrizione di una torbida crisi di coppia rappresentativa di una certa società borghese del dopoguerra, è un’emblematica presa di distanza dai “soggetti populisti e pauperistici” del neorealismo per avvicinarsi ad un mondo rimasto fuori dall’obbiettivo cinematografico degli anni quaranta.
Negli anni seguenti dirige tre lungometraggi di assoluto valore, tutti ben accolti dalla critica ma non altrettanto apprezzati dal grande pubblico: I vinti, del 1953, sulla cosiddetta “generazione dei bruciati”, ossia la generazione del dopoguerra che già paventava una certa amoralità e un certo cinismo; La signora senza camelie, ancora del 1953, sui meccanismi sconcertanti che regolano il divismo cinematografico; Le amiche, del 1955, film tratto dal romanzo di Cesare Pavese Tra donne sole, sulla falsità dei rapporti personali che può portare anche a conseguenze estreme.
Con Il grido, film del 1957, affronta il tema dei cambiamenti socioeconomici degli anni ’50 e la crisi di coppia. L’insuccesso commerciale del film costringe il regista a dedicarsi brevemente al teatro e a collaborare più o meno anonimamente e comunque con scarso interesse a film altrui, spesso di irrilevante valore artistico.
LA TETRALOGIA DELL’INCOMUNICABILITA’– Ritorna al cinema nel 1960, con la sua celeberrima tetralogia dell’incomunicabilità: L’avventura, del 1960 (che nell’ottobre 1960 sarà sequestrato per qualche giorno dalla magistratura per oscenità); La notte, del 1961; L’eclisse, del 1962 (questi primi tre film sono a volte citati come la Trilogia della malattia dei sentimenti); Il deserto rosso, del 1964 (il suo primo film a colori).
In queste pellicole sono racchiusi i mali del ‘900: l’individualismo imperante, la crisi dei rapporti umani, il materialismo, il cinismo.
I FILM ALL’ESTERO, TRA ESPERIMENTI PSICHEDELICI E VISIONARI – Dopo la cosiddetta “tetralogia”, Antonioni intraprende un’avventura decennale all’estero, girando in lingua inglese e con attori protagonisti stranieri, tre lungometraggi per il produttore Carlo Ponti: Blow-Up, del 1966, Zabriskie Point, del 1970 e Professione: reporter (The Passenger), del 1975.
Con Blow-up (anch’esso sequestrato dalla magistratura per oscenità nell’ottobre 1967) il suo pessimismo angoscioso si trasforma nel totale rifiuto della realtà in cui l’uomo vive: egli non è più in grado di stabilire alcun rapporto con ciò che lo circonda e anche le certezze più elementari sono messe in discussione.
Sulla stessa falsariga Zabriskie Point, incentrato sulla contestazione giovanile, nel quale Antonioni porta agli estremi il suo disprezzo nei confronti della società consumistica. In Professione: reporter, opera interessante dal punto di vista narrativo e straordinaria da quello figurativo col lungo e celebre piano sequenza finale, affronta l’impenetrabilità della realtà attraverso un repentino cambio di identità del protagonista.
ULTIME OPERE E ICTUS – Dopo cinque anni di silenzio creativo, torna alla regia con un film sperimentale per la televisione: Il mistero di Oberwald, del 1980, girato con innovativi ed anomali mezzi elettronici. Nel 1982 torna al cinema vero e proprio con Identificazione di una donna, dove mette in risalto la crisi sentimentale e comportamentale più di quella esistenziale.
Dopo la lavorazione di questo film, viene colpito da un ictus che lo priva quasi completamente dell’uso della parola e che lo lascia paralizzato dal lato destro. Assistito dalla seconda moglie Enrica Fico (sposata nel 1985), Antonioni si limita a dirigere qualche documentario e accetta di dirigere il videoclip di Fotoromanza per Gianna Nannini e uno spot pubblicitario per la Renault.
Nel 1995, nello stesso anno in cui gli viene assegnato il tardivo riconoscimento dell’Oscar alla carriera, torna dopo più di dodici anni dietro la macchina da presa assistito alla regia da Wim Wenders, suo grande ammiratore, con il film Al di là delle nuvole, dove traduce in immagini alcuni racconti del suo libro Quel bowling sul Tevere.
Nel 2004, il cortometraggio Il filo pericoloso delle cose, tratto da un altro episodio del libro Quel bowling sul Tevere, sarà inserito assieme ad altri due cortometraggi firmati da Wong Kar Wai e Steven Soderbergh, nel film Eros. Nello stesso anno dirige il suo ultimo documentario Lo sguardo di Michelangelo, film sul risultato del restauro atto a ripristinare l’aspetto e l’illuminazione originaria della Tomba di Giulio II e del Mosè della Basilica di San Pietro in Vincoli di Michelangelo Buonarroti.
Ormai estremamente limitato dalla malattia nella capacità di comunicare, si dedica negli ultimi anni alla pittura, esponendo in diverse mostre.
MORTE E TRIBUTI – Muore il 30 luglio 2007 nella sua casa romana, assistito dalla moglie, nello stesso giorno in cui scompare anche il regista svedese Ingmar Bergman. Viene sepolto, per sua espressa volontà, nel Cimitero Monumentale della Certosa di Ferrara.
In occasione dell’Oscar alla carriera fu aperto nella città natale del regista, Ferrara, il Museo Michelangelo Antonioni. Tale museo cinematografico avrebbe dovuto contenere alcuni documenti e materiali preziosi appartenuti al maestro ed assurgere a luogo culturale di divulgazione della sua opera, ma dopo varie traversie dovute all’esiguità della collezione ed alle condizioni precarie dell’edificio, il Comune di Ferrara ha deciso di chiuderlo definitivamente nel 2006.
A Busto Arsizio, luogo in cui il regista ricevette l’ultimo premio alla carriera (BA Film Festival 2006), è nato nel 2008 l’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni (ICMA), per la formazione di nuove leve della cinematografia.
A partire dal 2010 il BIF&ST di Bari assegna al miglior cortometraggio – tra tutti quelli prodotti nell’anno che precede il festival – un Premio intitolato a Michelangelo Antonioni.
Nel marzo 2011, la nipote Elisabetta Antonioni, fonda l’Associazione “Michelangelo Antonioni” al fine di divulgare l’opera del maestro tra i giovani e di favorirne lo studio.
Il 29 settembre 2012 il Comune di Ferrara ha promosso una grande festa per il centesimo compleanno di Antonioni, nato a Ferrara.
A partire dal 2009 il Bif&st di Bari assegna un Premio intitolato a Michelangelo Antonioni per il miglior film di cortometraggio tra i film del festival.
Ferrara Arte organizza la prima mostra sulla sua opera: “Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti”, Palazzo dei Diamanti, dal 10 marzo al 9 giugno 2013.

(Fonte: Wikipedia)
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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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