La memoria, si sa, non appartiene alla politica italiana. Sia in chi la fa attivamente, sia in chi la fa passivamente. Ovvero, elettori ed eletti. Infatti, ci si dimentica spesso e volentieri di cosa si è fatto o detto in passato, contraddicendo quanto si fa nel presente. Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica da un decennio, ci è cascato di nuovo.
Dopo le critiche a Vladimir Putin, contraddicendo gli elogi del passato, ora elogia la figura di Bettino Craxi, a un quarto di secolo dalla morte. Personaggio controverso, senza dubbio, oggetto da anni di una rivalutazione di colleghi, storici e giornalisti, poiché in fondo su alcuni aspetti non aveva torto. Anzi, per come è finito oggi questo paese, c’è una diffusa nostalgia per la Prima Repubblica.
In particolare, per quegli anni ’80 che videro proprio il segretario socialista e due volte Primo Ministro grande protagonista, dove l’Italia contava qualcosa a livello internazionale, aveva un’economia ancora fiorente e viveva anni ruggenti e di grandi speranze. Poi arrivarono gli anni ’90, Mani pulite, le speculazioni finanziarie e la graduale liquidazione fallimentare del Belpaese.
Ma a parte questo, Sergio Mattarella dimentica quando, da Ministro, si dimise proprio per una riforma fortemente voluta da Bettino Craxi, in favore delle reti Fininvest di Silvio Berlusconi.
Quando Mattarella si dimise contro Legge Mammì voluta da Craxi
A ricordarlo è Il fatto quotidiano. Passata alla storia come Legge Mammì, poiché a farsene promotore fu il Ministro del Partito repubblicano Oscar Mammì, si tratta della legge 6 agosto 1990 n. 223.
La legge cercava di colmare il vuoto che c’era allora riguardo la regolamentazione delle reti televisive, data l’ascesa della emittente privata Fininvest, la quale puntava a contrastare il Monopolio della Rai.
La legge, a sua volta, però non risolse realmente la questione. Soprattutto per quanto riguarda il cosiddetto conflitto di interessi che sorse quando il proprietario delle reti Fininvest (ora Mediaset) Silvio Berlusconi “scese in campo” e fondò un proprio partito (come noto Forza Italia).
Già nel 1994, come riporta Wikipedia, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 420 del 1994, dichiarò illegittimo il comma 4 dell’articolo 15 della legge, nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva, ove si stabilisce
che le concessioni a un singolo soggetto non possono superare il venticinque per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque il numero di tre
La legge Mammì sarà a sua volta superata dalla legge Gasparri del 2004, che forniva un quadro regolamentale riguardo la nuova tv digitale che stava emergendo.
La legge Mammì fu approvata con la fiducia e a voto segreto il 1º agosto 1990, complici le forti pressioni del Partito socialista italiano di Bettino Craxi. Ma ebbe pesanti ripercussioni per l’allora VI Governo Andreotti: il 27 luglio 1990, cinque ministri della sinistra DC si dimisero dall’incarico. Ovvero Mino Martinazzoli, Riccardo Misasi, Calogero Mannino, Carlo Fracanzani e appunto Sergio Mattarella. All’epoca dei fatti Ministro della pubblica istruzione.
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