Inizialmente, ci è stato detto – sia dall’Oms che dai virologi che vanno in Tv – che le mascherine erano inutili per proteggersi. Mentre servivano solo a chi aveva in modo acclarato il virus, al fine di non trasmetterlo agli altri.
Anzi, qualcuno asseriva pure che l’utilizzo diffuso delle mascherine sarebbe stato pericoloso in quanto avrebbe giustificato il mancato rispetto della cosiddetta “distanza di sicurezza”. Proprio perché, avendo la mascherina, ci saremmo sentiti tutti più liberi di fare aggregazione.
In realtà, pure sulla distanza di sicurezza sono state dette varie cose. Prima un metro, poi 2 metri, poi, come i 50 giorni da orsacchiotto di Troisi, è stata trovata una soluzione a metà: 1 metro e mezzo.
Come in mezzo ci siamo tutti noi. E abbiamo le idee confuse, tra catastrofisti e negazionisti. Dati veri, presunti e falsi. Scienziati che dicono cose diverse. E politici incapaci che peggiorano la situazione.
Detto questo, sui Social sta circolando un video “choc” (per dirla alla D’Urso) su come vengono prodotte le mascherine. Giudicate [sta_anchor id=”mascherine”]voi[/sta_anchor].
Video mascherine chirurgiche prodotte in India
Su Youtube e su Facebook sta circolando il video di un opificio indiano che produce le mascherine chirurgiche che utilizziamo tanti di noi. Che ci sarà imposto dal 4 maggio per poterci muovere da casa.
Il video mostra la classica produzione intensa made in Asia, senza alcuna norma igienica. Vengono buttate a terra, in un ambiente già di per sé lugubre.
Non ho letto smentite in giro, ma se avete qualche prova che sia un fake, segnalatelo pure. Il video risale al 22 febbraio 2020, come mostra una data scritta su uno dei banchi di lavoro. Forse scritta da qualcuno che voleva inviare una sorta di “messaggio in bottiglia”.
Oltre alle precarie condizioni igienico-sanitarie, il video dimostra anche lo sfruttamento che c’è dietro la loro produzione. E la speculazione che c’è stata e ci sarà ancora dietro (vedremo se il prezzo di 50 centesimi imposto dal Governo sarà realmente rispettato da chi le vende).