Il marito di Liliana Segre era dell’MSI? Come stanno le cose

Il marito di Liliana Segre era dell’MSI? Come stanno le cose

Sul web è tornata in auge la notizia che il marito di Liliana Segre, Alfredo Belli Paci, fosse dell’MSI. Come noto, acronimo di Movimento Sociale Italiano. Partito nato nel dopoguerra, che prese in eredità l’impianto ideologico del Fascismo, rendendolo però omogeneo con quello costituzionale.

L’MSI visse fino al 1993, quando ci fu la cosiddetta “svolta di Fiuggi“, dalla quale nacque Alleanza Nazionale. Partito che sarà più volte al governo e che ebbe in Gianfranco Fini il suo massimo rappresentante. E da Alleanza Nazionale è nato poi Fratelli d’Italia.

Ciò che non è cambiato tra i tre partiti è il simbolo della Fiamma, il quale rappresenterebbe la fiammella che arde sulla tomba di Benito Mussolini. Fiamma che ora, è proprio il caso di dirlo, ha riacceso il dibattito sulla necessità di rimuoverla dal simbolo di Fratelli d’italia. Che Giorgia Meloni sta cercando di presentare al mondo come partito non fascista, in vista di un possibile approdo al Governo avente proprio lei come Premier.

Ma torniamo al marito di Liliana Segre e cerchiamo di capire se davvero aderì all’MSI.

Chi è il marito di Liliana Segre

Come riporta Virgilio, Alfredo Belli Paci era marchigiano d’origine e milanese d’adozione. Entrò nell’esercito dopo aver frequentato l’accademia militare di Livorno. Fu sottotenente d’artiglieria in Grecia durante la Seconda guerra mondiale.

Conservatore di destra e antifascista cattolico, rifiutò però di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. E per questo venne catturato dai tedeschi, trascorrendo 2 anni nei campi di prigionia nazisti.

Dopo la tragica Seconda Guerra Mondiale, si laureò in giurisprudenza, intraprendendo come tanti con questo titolo accademico il mestiere di avvocato.

Alfredo Belli Paci conobbe Liliana Segre in quel di Pesaro nel 1948, avendo dieci anni di differenza (lui 28, lei 18). Convolarono a nozze giusto 3 anni dopo e vissero insieme fino alla morte di lui nel 2007. Dal loro amore sono nati 3 figli: Alberto, Luciano e Federica.

Il marito di Liliana Segre era un militante dell’MSI

Come riporta Open, a ricordare sommessamente l’avventura del marito della Segre nell’MSI è stato Ignazio La Russa, storico militante della destra sociale italiana parlamentare. Avendo seguito tutti i passaggi prima descritti. Il quale ha sottolineato che malgrado la candidatura, non aveva mai rinunciato alla sua lontananza dal fascismo.

A confermare questa scelta è stata la stessa Segre alla trasmissione Che tempo che fa? di Fazio:

Mio marito, che era stato uno che aveva scelto due anni di internamento pur di non stare nella Repubblica sociale, vedendo molto disordine, per un certo periodo aderì a una destra in cui c’era anche Almirante

Io ho molto sofferto e ci fu una grande crisi. A un certo punto misi mio marito e me sullo stesso piano e dovevamo sceglierci di nuovo. O separarci

Lui rinunciò per amore nei miei confronti a una eventuale carriera politica. E io aprì le braccia a un amore ritrovato e fummo insieme per altri 25 anni

Una scelta che creò tensioni in famiglia, come raccontò anche il figlio Luciano Belli Paci, il quale in un’intervista a Il Giornale ammise: “la scelta di mio padre portò a delle lacerazioni nei nostri rapporti”.

Marito Segre dell’MSI: fatto spiazzante ma fino ad un certo punto

Dunque, il marito di Liliana Segre, Alfredo Belli Paci, è stato un militante dell’MSI. Cosa che certo fa specie, ma fino ad un certo punto. Visto che il Movimento sociale italiano, soprattutto sotto la guida dell’amatissimo Giorgio Almirante, ha sempre ripudiato le leggi razziali ponendole tra i fatti negativi del Fascismo.

L’MSI ebbe peraltro un ruolo democratico determinante, giacché incanalò voti ed istanze che altrimenti potevano degenerare in ben altre operazioni nostalgiche. Ben più volente e destabilizzatrici.

Ma la cosa più triste di tutto questo dibattito è che ad ogni elezione si torna a parlare di Fascismo come pericolo imminente. Anziché dei reali problemi del Paese. Un modus operandi utilizzato puntualmente da chi agita certi vantaggi per recuperare il gap elettorale.

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