Credi che il marchio CE sia garanzia di sicurezza? Macché, ecco come stanno le cose

Con l’avvento della comunità europea, è stato anche ideato il marchio “CE” (precedentemente CEE), per contraddistinguere quei prodotti che osservano la normativa dell’Unione europea sulla qualità dei prodotti. Il marchio CE lo cerchiamo quando facciamo un acquisto, perché ci hanno detto che è sinonimo di garanzia e di sicurezza sui materiali utilizzati, sulle norme del lavoro e tutto quanto rientra in un sistema produttivo. Tuttavia, spesso il marchio CE è inesistente o è contraffatto. In quanto l’acronimo anziché indicare Comunità Europea significa China Export.

Altroconsumo ed altre associazioni dei consumatori, hanno inviato una lettera alla Commissione Ue affinché il marchio venga relegato nel file tecnico dei prodotti, come richiede la stessa legislazione europea. Ecco quali sono i problemi che sottolineano.

Il marchio CE solo un logo vuoto

marchio ce

Come riporta LaRepubblica, a lanciare la campagna #notsogoods contro il marchio anche le associazioni dei consumatori europee Beuc e Anec, Deco in Portogallo, Ocu in Spagna e Test-Achats in Belgio. “Tra i prodotti pericolosi o ritirati dal mercato ci sono spesso articoli con il logo CE. Il simbolo è fuorviante: diversi consumatori lo scambiano per un logo apposto in seguito a test da parte di autorità indipendenti. Perciò chiediamo che sia tolto dal prodotto e trasferito sul file con le informazioni tecniche dell’articolo, dove sarebbe visibile solo alle autorità di sorveglianza del mercato” si legge nell’istanza inviata a Bruxelles e su cui la Commissione è invitata a pronunciarsi. Inoltre, nella lettera si chiede di dar vita al Forum di sorveglianza del mercato, organismo ideato per consentire un maggiore coinvolgimento dei consumatori nel garantire la sicurezza dei prodotti. Il Beuc propone inoltre di estendere la sorveglianza alle merci vendute online e costituire un database paneuropeo su incidenti e infortuni.

È solo un’autocertificazione. Il marchio CE – fa notare Altroconsumo – è un requisito legislativo, diretto alle autorità di vigilanza del mercato e alle autorità doganali. Si tratta di una mera autocertificazione del produttore che afferma che il prodotto soddisfa gli standard della legislazione europea, senza obbligo di ulteriori riscontri a riguardo. Non tutti i prodotti devono riportarlo. La sua presenza varia a seconda della direttiva di riferimento. Perciò la sua assenza non significa che un prodotto sia carente sugli standard di qualità o pericoloso. Dunque non fornisce prove sulla qualità del prodotto. Pertanto non è utile al consumatore, né al sistema di controlli.

Contraffatto ad arte grazie anche all’enorme somiglianza con un altro logo CE (il China export), figura spesso sui giocattoli cinesi più pericolosi, esclusi dal commercio in Italia grazie al sistema di allerta europeo Rapex. Come ad esempio bambole che rilasciano composti chimici, bolle di sapone tossiche e torce a rischio di scossa elettrica. Un recente test sugli scaldabagni a gas, condotto dalla stessa associazione dei consumatori, ha rilevato la pericolosità di alcuni apparecchi (pur dotati di logo CE) non rispettosi del requisito di sicurezza della Direttiva Europea CE142 2009: gli scaldabagni facevano rilevare fuoriuscite di gas o di fumi.

Marchio CE cosa indica

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Il marchio CE dovrebbe attestare che il prodotto rispetta i requisiti previsti dalle norme UE in materia di sicurezza, salute e tutela dell’ambiente. Per apporlo il produttore deve predisporre un fascicolo tecnico, di cui assume la responsabilità. Il marchio deve essere visibile, leggibile e indelebile. Solo per alcuni prodotti è necessaria un’ulteriore verifica anche da parte di appositi organismi di valutazione della conformità, i quali devono verificare se l’articolo soddisfa i requisiti tecnici specifici.

Nonostante le misure previste, ammette la stessa Commissione europea, a oggi sono ancora troppi i prodotti non sicuri e non conformi venduti sul mercato Ue. Secondo quanto emerge dalle ispezioni circa il 32% dei giocattoli, il 58% dei dispositivi elettronici, il 47% dei prodotti da costruzione e il 40% dei dispositivi di protezione individuale non soddisfano i requisiti in tema di sicurezza o d’informazioni ai consumatori previsti dalle norme europee.

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