Perché M5S vuole “chiudere” Radio Radicale

Il Movimento cinque stelle rischia di passare alla storia come il partito di governo che, dopo oltre quarant’anni, ha stroncato Radio Radicale. O, quanto meno, potrebbe pesantemente ridimensionarlo, in quanto non vuole rinnovargli la concessione come avviene praticamente in automatico dagli anni ‘90 in poi.

In molti hanno storto il naso dinanzi a questa possibilità. Soprattutto perché, ironia della sorte, la notizia è iniziata a circolare in concomitanza con la morte di uno dei suoi fondatori. Nonché voce storica della radio ancora in attività: Massimo Bordin. Quest’ultimo è dipartito lo scorso 17 aprile in seguito ad una lunga malattia polmonare. E veniva considerato l’ater ego di Marco Pannella. Col quale aveva spesso accesi dibattiti proprio nelle trasmissioni di Radio Radicale.

Ma a parte per il commiato a Bordin, molti ritengono Radio Radicale un autentico servizio pubblico. Questa radio, infatti, ha un archivio di innumerevoli registrazioni riguardanti sedute parlamentari, congressi di partito, convegni, dibattiti, presentazioni di libri e qualsiasi evento che coniugasse cultura e politica.

Per non parlare delle rubriche dedicate a paesi esteri, al cinema, o di Radio Carcere, la voce degli ultimi dimenticati dallo Stato (i detenuti). Radio Radicale ha altresì seguito molti processi delicati, come di recente il maxi processo al clan Contini. Fornendo importanti resoconti a cui hanno attinto i giornali locali.

Perché allora il M5S non vuole rinnovare la concessione a Radio Radicale? Lo spiega Vito Crimi, esponente di spicco del Movimento. Oggi proprio sottosegretario all’Editoria, nonché Senatore ed ex presidente del gruppo parlamentare al Senato dei Cinquestelle. Che molti ricorderanno per le trattative che tenne insieme a Giulia Lombardi nel 2013 per la formazione di un governo (su tutti, lo streaming con Pierluigi Bersani, da loro praticamente [sta_anchor id=”radicale”]irriso[/sta_anchor]).

Perchè M5S non vuole rinnovare concessione a Radio Radicale

vito crimi

Come riporta Il Fatto quotidiano, Vito Crimi, in occasione di un convegno sull’informazione locale in Lombardia, ha affermato che “La posizione è molto chiara: l’intenzione del Governo, mia e del Mise è di non rinnovare la convenzione con Radio Radicale“.

Poi ha proseguito: “Nessuno ce l’ha con Radio Radicale o vuole la sua chiusura” ma “sta nella libertà del Governo farlo”, ha detto Crimi, affermando che l’emittente “ha svolto da 25 anni un servizio senza alcun tipo di gara e valutazione dell’effettivo valore di quel servizio”.

Negli anni, ha sostenuto il sottosegretario, a Radio Radicale “la convenzione è stata rinnovata come una concessione“. Ora, ha concluso

“la valutazione è stata fatta: esiste Rai Parlamento, un servizio pubblico, un canale istituzionale che trasmette le sedute parlamentari e delle commissioni”.

La settimana scorsa Crimi aveva ricordato che

“dal 1994 ad oggi Radio Radicale ha percepito contributi pubblici per oltre 200 milioni di euro (14 milioni di euro l’anno)” e “la radio fa capo alla società Centro di Produzione Spa. Chi sono i soci di Centro di Produzione Spa? Le quote sono così suddivise: Associazione politica nazionale Lista Marco Pannella: 62,68%; Lillo Spa: 25,00%; Cecilia Maria Angioletti 6,17%; Centro di Produzione Spa 6,15%”.

Questo il passaggio cruciale del motivo dei Cinquestelle:

Tra i soci in elenco – secondo l’esponente grillino – desta interesse la partecipazione della società Lillo Spa, che ha sede a Gricignano di Aversa e ha un fatturato di 2,3 miliardi di euro. Si tratta di una holding finanziaria attiva nel campo della grande distribuzione alimentare. La Lillo Spa è di proprietà della famiglia Podini. E nel consiglio d’amministrazione di Centro di Produzione Spa (l’emittente di Radio Radicale), Marco Podini e Maria Luisa Podini ricoprono la carica di consiglieri. Mi chiedo come mai una holding finanziaria della grande distribuzione sia titolare del 25% di Radio Radicale. E mi domando: come mai Radio Radicale teme di chiudere se ha un socio d’affari che vale oltre 2 miliardi di euro?”.

Il Sottosegretario di Stato del Ministero per gli affari regionali e le autonomie Stefano Buffagni ha fatto eco a Crimi, rispondendo ad un cronista di Radio Radicale ritenendo i 14 milioni di concessione alla radio eccessivi.

Come si difende Radio Radicale su posizione M5S

radio radicale logo

La radio aveva risposto che

la presenza della Holding Lillo tra gli azionisti di Radio Radicale è nota da quasi 20 anni, cioè da quando Marco Podini, con la Pasubio Spa, acquistò la quota il 27 marzo del 2000 aderendo all’appello pubblico di Marco Pannella pubblicato a pagamento sul Corriere della Sera”.

E ancora:

La Pasubio Spa acquistò una quota del 25% con un investimento che aveva chiara natura filantropica e, già allora, mirava a garantire la sopravvivenza del servizio pubblico di Radio Radicale”.

Per poi concludere

l’importo ricevuto da Radio Radicale negli ultimi anni non è di 14 milioni ma di 12,1 composto da 10 al lordo dell’IVA (8,1 netti) corrispettivo per la trasmissione delle sedute parlamentari e 4 di contributo per l’editoria in quanto impresa di informazione che svolge attività di interesse generale in base alla legge 7 agosto 1990 n. 230”.

Radio Radicale storia

pannella radio radicale

Come riporta Wikipedia, Radio Radicale è la stazione radio ufficiale di Partito Radicale in Italia. È stato fondato negli anni settanta, precisamente nel 1976, insieme alla “Radio libere”. È completamente privo di pubblicità commerciale ed è in parte finanziato dal partito, tuttavia la parte più consistente arriva dal governo italiano attraverso un accordo per la trasmissione di sessioni parlamentari.

Pur essendo un organo politico ufficiale del partito, gran parte del suo tempo di trasmissione è dedicato alla trasmissione di dibattiti parlamentari dal Parlamento e dal Senato italiano, nonché importanti casi giudiziari. Un’altra grande parte del tempo di trasmissione viene utilizzata anche per trasmettere informazioni politiche le convenzioni di partito di tutti gli spettri politici dall’estrema destra all’estrema sinistra.

Il tempo di trasmissione rimanente viene utilizzato per le proprie convinzioni politiche del partito. A volte lasciano il loro orario di apertura a tutti i chiamanti che hanno ciascuno circa 45 secondi per dire tutto ciò che vogliono. Queste chiamate non sono censurate.

Il partito ha venduto una parte della stazione radio nel 1999 per finanziare l’elezione elettorale al Parlamento europeo. Ha un enorme archivio di registrazioni degli ultimi 30 anni di politica italiana.

Radio Radicale, la mia opinione

Sono affezionato al partito radicale, in quanto è stato il partito a cui ho dato il mio primo voto. Correva l’anno 2000, si votava per le regionali in Campania.

Pur nutrendo ancora simpatica nei loro confronti, soprattutto per le battaglie del passato che hanno permesso a questo paese di essere meno arcaico (vedi leggi su divorzio, aborto, obiezione di coscienza), le nostre strade si divisero. Anche perché i Radicali, con l’avvento del bipolarismo, finirono per forza di cose nelle “riserve indiane” dei partiti più grandi.

Sebbene ebbi un ritorno di fiamma nel 2011, tentato addirittura di aprire una sezione dei Radicali nel mio comune di residenza. Idea velocemente naufragata.

Negli ultimi anni, poi, non ho gradito molto le posizioni di Emma Bonino. Soprattutto da quando ha fondato +Europa.

Detto ciò, sono affezionato anche a Radio Radicale in quanto registrò anche un convegno nel corso del quale ebbi la parola visto che era organizzato da un sito presso cui ero collaboratore. Era il settembre 2011, si parlava di Sud, giovani e lavoro. E approfittai della presenza di un europarlamentare del Pd, il bassoliniano Andrea Cozzolino, e del neo Assessore allo sviluppo Marco Esposito, per denunciare lo spreco perpetuato per anni di fondi europei per elargire inutili corsi di formazione per inoccupati e disoccupati.

Potete ascoltare il mio intervento al punto 1:19:22:

Più in avanti, feci incazzare Cozzolino perché gli rammentai del concerto di Elthon John tenutosi qualche anno prima a Piazza Plesbiscito, finanziato per 700 milioni di euro dal Comune di Napoli durante l’amministrazione Iervolino. Lui si giustificò dicendo che i progetti per ottenere i fondi europei vanno presentati in maniera veloce. Purtroppo non riesco a trovare quel momento. Fu comunque verso la fine dell’evento.

Dunque, spero che Radio Radicale sopravviva. Ma, al contempo, mi auspico che venga chiarita questa questione delle Holding. Perché sono contro i finanziamenti pubblici ingiustificati, sempre e comunque.

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