Ma tralasciando le non meno importanti beghe britanniche, veniamo a casa nostra. Favoritissimi per questa tornata elettorale europea è ovviamente la Lega di Matteo Salvini, che ormai fa incetta di voti ovunque si venga chiamati alle urne. Ormai anche al Sud. La Lega viene infatti data abbondantemente oltre il 30 percento nei sondaggi.
Un po’ in calo dovrebbe essere il M5S, mentre leggermente in ripresa viene dato il Partito democratico, con il lavoro di recupero dei voti di sinistra da parte del neo Segretario Nicola Zingaretti.
Molto più indietro Forza Italia, il cui destino è come sempre collegato alla popolarità, e ultimamente alla salute, del suo padre-padrone Silvio Berlusconi.
Qualche voto in più dovrebbe prendere Fratelli d’Italia, che però dovrebbero fermarsi intorno al 6 percento.
Tutti gli altri partiti sono invece a rischio di rimanere fuori. Dato che è prevista una soglia di sbarramento al 3 percento.
In questa sede mi soffermo sul Movimento cinque stelle, la cui collocazione nell’Europarlamento resta una incognita. Pare però che non troveranno posto nei gruppi già esistenti, il che smentisce la loro collocazione in gruppi come i Verdi o addirittura il Ppe.
Anzi, il M5S sta cercando di costruire un gruppo ex novo. Tuttavia, la regola parlamentare europea impone che deve essere formato da un minimo di 25 deputati che rappresentino almeno un quarto degli Stati membri, quindi sette diversi Paesi.
Per ora gli alleati sono alquanto eterogenei e di posizioni anche diverse da quelle del Movimento. Vediamo chi [sta_anchor id=”M5S” unsan=”M5S”]sono[/sta_anchor].
Alleati Movimento cinque stelle nel Parlamento europeo
A ricostruire le formazioni politiche che costituiranno il gruppo europarlamentare del M5S è Il fatto quotidiano.
1. Kukiz ’15, i nazionalisti polacchi guidati dal rocker
La formazione che più di tutte attira l’attenzione, non solo per il peso politico in patria, ma anche per le posizioni politiche di estrema destra, è quella dei polacchi del Kukiz ’15. Il partito, nato nel 2015 prendendo il nome dal suo leader, il musicista punk-rock Paweł Kukiz, si è affermato come terza forza politica alle ultime elezioni parlamentari del 2015, ottenendo più dell’8% e 26 seggi in assemblea, oltre al 21% dei consensi alle presidenziali dello stesso anno.
Le sue posizioni politiche lasciano però perplesso chi si aspettava che il cosiddetto “Manifesto dei Sette”, come dichiarato anche dagli esponenti Cinquestelle, diventasse l’alternativa eurocritica e riformatrice alla coalizione sovranista con a capo l’alleato di governo Matteo Salvini. Kukiz ’15 ha in comune con il Movimento l’intento dichiarato di superare la partitocrazia, la forte presa sulle fasce più giovani della società e il progetto di democrazia diretta.
A queste affinità, però, se ne affiancano altre che con le posizioni dei Cinquestelle hanno poco a che vedere e che avvicinano la formazione polacca al gruppo dei sovranisti: forti ideali nazionalisti, posizioni contrarie all’aborto e critiche sui diritti degli omosessuali.
Se il movimento Kukiz ha visto la luce solo nel 2015, l’attività politica del suo leader è iniziata già nel primo decennio dei 2000 e dimostra la malleabilità del personaggio e la propensione al mutamento dei propri ideali.
Negli anni ’90, quando ancora non era impegnato in politica, la voce del gruppo Piersi fu accusata di insultare i sentimenti religiosi in alcuni dei brani della band. Agli inizi del nuovo millennio, però, le posizioni di Paweł Kukiz cambiano man mano che si avvicina alla politica attiva: nel 2005 è nel comitato di sostegno alla candidatura di Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio europeo ed esponente di Piattaforma Civica, partito di centro-destra liberale parte del Ppe, alle elezioni presidenziali.
Nel 2006 sostiene invece la candidatura alle Parlamentari di Hanna Gronkiewicz-Waltz, sempre esponente di Piattaforma Civica. La svolta a destra si è avuta nel 2010, quando il rocker si è avvicinato e ha sostenuto la formazione conservatrice di destra fondata nel 2007 da Marek Jurek, Destra della Repubblica, alle presidenziali. Da quel momento fino alla sua discesa in campo, nel 2015, il processo di spostamento a destra di Kukiz non si è più fermato, tanto da far ipotizzare, negli anni passati, anche una possibile alleanza con il partito di governo Diritto e Giustizia.
2. Živi zid, i croati che vogliono uscire dall’Euro
Chi in alcuni tratti assomiglia al Movimento 5 Stelle delle origini è Živi zid (Scudo Umano in croato, ndr), movimento nato nel 2011 per portare avanti una battaglia contro gli sfratti e i pignoramenti occupando gli stabili e formando, appunto, uno scudo umano contro le forze dell’ordine. Il movimento, il cui leader è il 28enne Ivan Vilibor Sinčić, si è poi costituito partito nel 2015 per partecipare alle elezioni presidenziali, dove ha ottenuto oltre il 16% dei voti candidando il giovane ingegnere e attivista.
I punti di affinità con il primo Movimento si ritrovano nella lotta alla corruzione, nella vocazione ambientalista, nell’avversione al Ttip e, aspetto che oggi rappresenta un elemento di rottura con il M5s, sono contrari all’adozione dell’Euro. “Non credono nell’Euro – ha dichiarato Di Maio a Il Fatto – mentre per noi non si esce dalla moneta unica”. Il rischio, come per il partito finlandese, è che non avendo mai partecipato alle Europee e avendo ottenuto appena tre seggi nel Parlamento croato alle ultime elezioni del 2016, potrebbero non riuscire a piazzare un loro rappresentante a Bruxelles, anche se i sondaggi li danno in crescita.
Altro ostacolo da superare è quello ideologico: Živi zid è considerato un partito populista senza una precisa collocazione politica che tra le altre iniziative propone l’uscita della Croazia dalla Nato e una revisione dei poteri della Corte Costituzionale. Posizioni sulle quali il Movimento dovrà essere bravo a trovare un compromesso, anche con le altre formazioni.
3. Liike Nyt, i neonati liberisti finlandesi
Hanno appena 9 mesi di vita e un solo seggio nel parlamento finlandese (quello del loro fondatore Harry Harkimo, fuoriuscito dal Partito di Coalizione Nazionale) gli ultimi, per adesso, alleati dei Cinque Stelle in vista delle prossime elezioni a Bruxelles. Sono loro la più grande incognita, visto che contano circa 8mila membri e non si sono mai confrontati con elezioni parlamentari o europee.
Basta un solo seggio europeo a questo nuovo partito per poter occupare uno dei sette slot nazionali necessari al “Manifesto dei Sette” per costituirsi gruppo nel Parlamento di Strasburgo. Una scommessa per gli altri membri della formazione europea a guida Cinquestelle. I colloqui con questa formazione, a detta dello stesso vicepremier, sarebbero in una fase leggermente meno avanzata rispetto ai partiti croato e polacco e i punti di contrasto non dovrebbero mancare.
Uno su tutti il principio fondante della neonata formazione: quel liberismo in campo economico che non piacerà agli alleati mossi da spinte nazionaliste e anche ai Cinquestelle. La democrazia diretta li tiene legati alle altre formazioni, ma starà all’abilità dei leader pentastellati trovare il denominatore comune che tenga unita la nuova alleanza europea.
In trattativa anche con gilet gialli
Le alleanze non si fermeranno qui. Di Maio ha fatto sapere che il Movimento è in trattativa con altri due Movimenti – senza rivelare quali – e con la frangia non violenta dei Gilet gialli francesi.