Quest’anno sono ricorsi i cinquant’anni dalla morte di Luigi Tenco. Giovane cantante genovese, appartenente alla scuola di cantautori genovesi anni ’50-’60, insieme a Gino Paoli, Fabrizio De Andrè, Bruno Lauzi, Umberto Bindi e Paolo Conte. Era la notte del 27 gennaio 1967, quando Luigi Tenco fu trovato morto nella stanza 219 dell’ Hotel Savoy, a Sanremo, dopo esser stato eliminato dall’omonimo Festival al quale concorreva in coppia con Dalida con la canzone “Ciao amore ciao“. La versione ufficiale parla di suicidio. Di un Tenco particolarmente provato per l’eliminazione dal Festival, preferito a canzoni a suo dire (e non solo) più banali come “Io, tu e le rose”, cantata da Orietta Berti.
Del resto, Luigi Tenco partecipò controvoglia alla kermesse ligure ed era già apparso nelle ore precedenti incupito, con lo sguardo assente. La stessa seconda esibizione fu volutamente sottotono, più lenta rispetto al cliché. Al punto da creare malumori anche in Dalida. Ma la sua morte è ancora avvolta nel mistero. E neppure l’esumazione del cadavere avvenuta nel 2006 ha diradato gli ultimi dubbi. Ritenuta anch’essa frettolosa e superficiale, tanto da esserne richiesta una nuova nel 2013, ma respinta. Sul web circolano diversi indizi che proverebbero che quello di Tenco sia stato omicidio e non suicidio. Di seguito riporto prima la versione ufficiale e poi le tesi cosiddette [sta_anchor id=”tenco”]complottiste[/sta_anchor].
Luigi Tenco, la versione ufficiale del suicidio
Partiamo con la versione ufficiale, raccontata dal sito Cronaca nera, che non crede alla tesi dell’omicidio. Che Sanremo fosse una gara commerciale, per lui, non c’è dubbio. E anche che l’avesse convinto Dalida. Meno chiaro è se poi volesse arrivare davvero primo o se così avesse capito. Fatto sta che quella sera canta alle 22.30, è molto teso, sembra in apnea davanti al microfono. Poi si addormenta su un tavolo. Lo svegliano per dirgli che è stato escluso e impreca contro tutti. Vanno tutti al “Nostromo” a cena (è l’una di notte), lui guida come un pazzo; ma non entra, prende e se ne va in hotel. Qui si scola un litro di grappa e prende pasticche di Pronox ( l’accoppiata superalcolico-barbiturico non c’entra niente con quel che accadde: aumentò solo la rilassatezza del cantante, e il Pronox d’altronde favoriva il sonno). Poi chiama la sua fidanzata segreta, Valeria. L’ora esatta di questa telefonata è dibattuta, ma dura circa mezz’ora. Si mettono d’accordo: si vedranno domani.
Luigi Tenco viene trovato da Dalida alle 2.10 circa di notte. E’ lì, di traverso, qualche metro davanti alla porta. Dalida urla. La portano in camera sua, ha la lettera d’addio di Tenco con sè. E’ solo mezz’ora dopo che viene consegnata alla polizia. Intanto, succede un bordello. Entrano Lucio Dalla, Sandro Ciotti, arrivano altri. La polizia, guidata dall’ineffabile commissario Arrigo Molinari , arriva al Savoy e scopre che questo mondo e quell’altro è già passato nella 219. Un medico, Franco Borelli, arriva alle tre e certifica il suicidio (e vede la pistola tra le gambe di Tenco, un posto perfettamente compatibile con uno che s’è sparato in piedi).
Molinari intanto si trova pressato tra Ugo Zatterin, Presidente della Commissione Selezionatrice, che vuole far proseguire il Festival, e chi grida, come Lello Bersani, che invece va fermato. Da questo momento sarà Zatterin a guidare le indagini: non vuole il cadavere al Festival e Molinari lo porta via. Dirà anni dopo il commissario che da una parte Zatterin lo minacciava di destituzione perchè aveva reso pubblico il biglietto e gli chiedeva di fare sparire il corpo, dall’altra Bersani lo costrinse (sic!) a riportare il cadavere di Tenco dall’obitorio all’hotel, per mostrarlo a tutti e far capire che il Festival non poteva proseguire, per contestare. Chi conobbe Bersani giura che non era il tipo.
Il cadavere è intanto già arrivato al cimitero, quando il commissario s’accorge di un leggero dettaglio: ohibò, ma non abbiamo fotografato la scena del crimine! Riportate indietro il cadavere! Così, Tenco verso le 4 viene riportato nella 219, rimesso più o meno dov’era (e infatti il cadavere finisce grottescamente con i piedi sotto il comò), la pistola messa più o meno dov’era (e infatti finisce assurdamente sotto i glutei) e vengono scattate in tutto, udite udite, numero 6 foto. E questo è il sopralluogo! Va da sè che la posizione del corpo e dell’arma non significano letteralmente nulla, quindi. Il caso è archiviato come suicidio così rapidamente che non ritengono nemmeno di fare l’autopsia.
Suicidio di Luigi Tenco: cosa dice Misteri d’Italia
Partiamo da quanto riporta Misteri d’Italia, portale che si occupa appunto dei tanti casi irrisolti del nostro Paese.
“All’1.40 – ha scritto Aldo Fegatelli Colonna in una recente biografia – Tenco è ancora vivo. Dalida riferirà al commissario Molinari di essere entrata nella stanza di Tenco tra le 2.00 e le 2.10. Il dottor Borelli, che ne constata il decesso, è arrivato sul posto alle 2.45 e presume che la morte risalga a quindici-venti minuti prima al massimo, cioè non prima delle 2.25. Ci sono due “buchi”, uno di dieci minuti, l’altro di mezz’ora”.
La porta della stanza 219 è accostata e con la chiave nella toppa esterna. Ai primi soccorritori Dalida appare mentre alza da terra il busto di Luigi e lo abbraccia. E’ un flash d’agenzia a diffondere la notizia della morte del cantautore, dando per certa la tesi del suicidio. Il primo inquirente a giungere sul posto è il vicedirigente del commissariato di Sanremo, Arrigo Molinari, il cui nome (detto per inciso), anni dopo, finirà nelle liste della P2. Il cadavere, stranamente, viene subito trasferito all’obitorio e poi riportato in albergo, dal momento che gli investigatori si sono dimenticati (sembra incredibile!) di “fare effettuare i rilievi fotografici essenziali per la completezza del fascicolo da trasmettere alla Procura”.
Tenco è stato ucciso da un colpo di calibro 22, la stessa pistola che stringe in pugno, ma nella sua stanza viene trovata anche un’altra arma: una Walter Ppk. Salta fuori che la sera prima di morire Tenco aveva vinto al casino circa 6 milioni delle vecchie lire. Nella stanza del Savoy c’era solo un assegno da 100 mila lire di un collaboratore. Suicidio dunque o omicidio?
L’archiviazione, come detto, non ha esitazioni: suicidio.
Prima di morire Luigi Tenco scrive un biglietto che verrà riconosciuto come scritto da lui da una perizia grafoscopica fatta, però, solo nel 1990, cioè ben 23 anni dopo la sua morte. Nel biglietto è scritto:
“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La Rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.
Tuttavia, secondo alcuni esperti, l’incertezza della mano che scrive e qualche errore ortografico, lasciano intendere che sia stato scritto da una persona straniera o una persona di scarsa cultura grammaticale. La firma sarebbe falsa e, in generale, il biglietto artefatto. Affinché si credesse che Tenco si sia suicidato.
Altre stranezze: non si è mai capito quale fosse la posizione esatta del cadavere di Tenco. Ecco ben sette diverse descrizioni: in tre persone videro il corpo senza vita del cantautore “perfettamente parallelo al letto, tra questo e il cassettone, con la testa rivolta verso il fondo”. Per un quarto testimone era “nella stessa posizione, ma con il braccio destro piegato sotto la schiena”. Per un quinto: era “in posizione supina, ai piedi del letto e a questo perpendicolare”. Per un sesto era “seduto in terra e poggiato con il busto alla sponda del letto”. E infine per il dirigente del commissariato, Molinari: “il corpo è in posizione genericamente supina e il report specifica trovarsi in posizione trasversale rispetto all’angolo sinistro inferiore del letto con i piedi rivolti verso la porta d’ingresso”.
E la posizione della pistola? Altro balletto di versioni: per il commissario era “nella mano” (destra o sinistra?). Per un secondo testimone “l’arma era lontana dal corpo, addirittura in fondo alla stanza”. Per un terzo era “in mezzo alle gambe”. Per altri due “sotto il comò”. Per chi ha effettuato i rilievi invece era “tra le gambe”, mentre una foto la evidenzia “sotto le natiche”.
Misteriosa rimane a tutt’oggi l’ora della morte: il medico legale la fa risalire intorno all’1.30. Dalida alle 2.10. Il commissario Molinari, nel fascicolo inviato alla Procura, afferma che il cantautore si era sparato alle 2.30. Ergo, Tenco sarebbe morto in tre orari differenti: 1.30, 2.10 e 2.30.
E poi ancora troppe incertezza investigative: la polizia effettua sul corpo e nella stanza una ricognizione approssimativa. Non viene effettuata alcuna autopsia. Non viene fatto il “guanto di paraffina” sulle mani del cantautore. Sono stati avanzati dubbi sul foro di entrata del proiettile che ha ucciso Tenco. Qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi che in realtà il foro di entrata sarebbe a sinistra. In questo caso, dal momento che Tenco non era mancino, per spararsi alla tempia sinistra, avrebbe dovuto fare una manovra un po’ ardita per un suicida che impugna la pistola con la destra.
Luigi Tenco, fu omicidio? Le 5 prove del sito Luigi Tenco 60’s
Ora veniamo alle 5 prove pubblicate dal sito Luigi Tenco 60’s, avviato appositamente per fare giustizia al cantautore genovese. Riporta nuovi sviluppi, testimonianze, retroscena. Si aggiorna dunque costantemente. Qui riporto solo cinque prove salienti che si trattò di omicidio. Per il resto vi rimando al sito:
1 – IN HOTEL NESSUNO HA UDITO IL COLPO DI PISTOLA. SANDRO CIOTTI E LUCIO DALLA AVEVANO LA STANZA VICINO A QUELLA DI TENCO ( LA 219 ) ED ERANO SVEGLI, UN GRUPPO STAVA “PROVANDO” SOTTOVOCE VISTA L’ORA EPPURE….130-140 DB ( SUPERIORE AL RUMORE DI UNA SIRENA DI AMBULANZA ) NON LI HA UDITI NESSUNO ED E’ ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE NON SENTIRE UN COLPO DI PISTOLA PROVENIENTE DALLA STANZA ACCANTO…
2 – NEL 1967 NON E’ STATA EFFETTUATA ALCUNA PROVA BALISTICA CON L’ARMA QUINDI LA PISTOLA E’ STATA TROVATA PULITA ED OLEATA DAL FRATELLO VALENTINO SEMPLICEMENTE PERCHE’ NON HA SPARATO!!
3 – “SEGNO DI FELC”: ASSENTE
4 – E‘ STATO APPURATO DALL’ ERT CHE LA TRAIETTORIA DEL PROIETTILE HA SEGUITO UN MOTO DAL BASSO VERSO L’ALTO ( STRANA TRAIETTORIA PER UNO SPARO SUICIDA ) ed e’ stato esploso da una distanza “ravvicinata” di 7-10 cm. In che posizione “acrobatica” e “futuristica”, si sia messo Luigi Tenco per suicidarsi…NON E’ DATO SAPERE!
5 – NESSUNA MICRO BRUCIATURA E’ PRESENTE ACCANTO AL FORO D’ENTRATA DEL PROIETTILE.
Omicidio di Luigi Tenco: per il criminologo Pasquale Ragone non ci sono dubbi
Luigi Tenco fu ucciso? Ne è convinto il criminologo Pasquale Ragone
Il criminologo Pasquale Ragone, direttore della rivista ‘Cronaca&Dossier’ e autore della controinchiesta sulla morte di Luigi Tenco ‘Le ombre del silenzio’, dai microfoni di Radio Cusano Campus lo scorso anno è tornato a parlare del caso del suicidio del cantautore.
“Non si trattò di suicidio, ma di omicidio – ha affermato Ragone – L’arma di Luigi Tenco non ha mai sparato e non è mai entrata sulla scena del crimine. Questo lo sappiamo grazie alla documentazione originale fornita dalla Procura, che abbiamo pubblicato”.
Il criminologo, poi, ha aggiunto:
“Secondo noi quell’arma è sempre rimasta in macchina, non è mai entrata nella stanza. Quando la polizia interviene nella stanza, fa un elenco degli oggetti ritrovati nella stanza e non c’è l’arma del cantautore, una Walther PPk 7,65. E non c’era neanche il biglietto attribuito a Tenco. La polizia scientifica, come da richiesta del Procuratore, cerca il bossolo, fa una comparazione balistica e sul bossolo presente sulla scena del crimine ci sono le tracce di una beretta modello 70, invece la scientifica dice che c’è la traccia dell’arma di Tenco. Un’ulteriore prova è stata l’analisi balistica. Con il contributo di uno dei massimi esperti di balistica in tutta Italia, il professor Martino Farneti, abbiamo evidenziato che i segni presenti sul bossolo non sono compatibili con quelli lasciati da una Walther PPk 7,65”.
Tag24 aggiunge un altro tassello di quella intervista:
“In pochi sanno che la Rca (Radio Corporation of America), potente casa discografica di Tenco che aveva illuso quest’ultimo della vittoria a Sanremo, vedeva un pezzo importante dei propri guadagni nel settore aerospaziale e della difesa americana sin dal 1962. Ancor meno si sa che il Gruppo che gestiva Europe n°1 (di cui Lucien Morisse era presidente, l’uomo che piombò all’improvviso a Sanremo e che nessuno vide nell’ora in cui morì Tenco) aveva acquistato la società “Breguet”, una delle aziende che si occupano della costruzione di aerei francesi, e la Matra (che produceva missili). Chi entrerà poi nell’inchiesta sull’affaire Breguet condotta negli anni Settanta dal giudice Ilario Martella su un giro di bustarelle? Proprio quel Generale che fu zio della ragazza con cui Tenco ebbe una breve storia. Strane casualità. Non a caso -conclude Ragone a Radio Cusano Campus- agli inizi di novembre 1966 Tenco comincia a ricevere strane minacce che lo inducono a comprare una pistola (la famosa Walther Ppk 7.65) che tiene in auto. Ma il colpo che lo uccise partì da un’altra pistola. Su questo ci sono fatti e testimonianze agli atti”.
“Tenco fu una vittima politica” – ha sottolineato ancora – “Siamo partiti da una documentazione che riguarda la vita militare del cantature e siamo arrivati a scoprire la presenza di personaggi, legati poi all’eversione di destra, di cui non si conoscevano legami con fatti importanti come il tentato golpe borghese del ’70. Abbiamo scoperto che molti dei nomi ritrovati, legati in qualche modo a Tenco, avrebbero poi avuto a che fare negli anni successivi al tentato golpe borghese. Questi gruppi di malaffare ed eversione erano legati al mondo della musica italiana. Ci saremmo aspettati un interesse maggiore da parte della Procura riguardo questi aspetti”.
Come riporta il sito Delitti, nella stessa trasmissione è intervenuto l’ing. Alessandro Lima, anche lui esperto in balistica che ha parlato dell’esame dello stub. Per risultare positivo si devono trovare tre elementi: antimonio, piombo e bario. Il cantautore genovese era un gran fumatore, per questo sulle sue mani vennero trovate due particelle della prima sostenza. Ma questo non fu abbastanza per la Procura che decise di non riaprire il caso per omicidio. Eppure bastava dare credito ai commenti dei suoi amici e colleghi, tra cui Orietta Berti che disse: «Per me non si è suicidato, ma quando l’ho detto nelle interviste non l’hanno mai riportato»; oppure a quella del commissario Arrigo Molinari, che nel 2003 affermò: «Quello di Tenco non fu un suicidio». Anche Lucio Dalla, intervistato il giorno seguente, si disse convinto che Luigi non si sarebbe ucciso per una canzone.
Luigi Tenco e la tesi dell’omicidio politico
Altro contribuito alla causa molto interessante (ed il più suggestivo) ci viene offerto dal sito Youreporter, il quale ritiene che l’omicidio del cantautore ligure sia stato politico. Tenco era anche politicamente impegnato e la riprova sta in uno stralcio di lettera dove lui stesso ammette di non voler comparire col suo nome e cognome nei dischi perchè in procinto di entrare nella dirigenza del Partito socialista italiano. Partito che negli anni ’60 ricopriva un ruolo predominante, al governo con la Democrazia cristiana. Nel 1965 Luigi si trova sotto le armi. Eppure, nonostante il divieto di espatrio imposto a chi si trovava sotto il servizio di leva militare, nel Dicembre dello stesso anno parte, va a Buones Aires per partecipare come ospite ad una trasmissione televisiva: “Casinò Philips”. Dove canterà la sua “Ho capito che ti amo”, diventata sigla di una famosa telenovelas argentina. Con lui andò in Argentina il suo “amico” Reverberi.
Nel mondo della musica non era inusuale concedere delle dispense speciali ai cantanti ( come ad esempio Celentano quando andò in Germania a cantare ), ma con Tenco, è stato necessario inventarsi DELLE MENZOGNE COLOSSALI piuttosto che ammettere la presenza di una dispensa speciale. La menzogna fu che il cantante riuscì a superare la dogana all’aeroporto perché i fan accorsi per salutarlo sfondarono le transenne creando caos. Ma ci sarebbe comunque stato il problema del ritorno dall’Argentina. Il cantante non fu sottoposto ad alcun processo militare. Nel Maggio del 2007 viene pubblicato quest’articolo: LE RIVELAZIONI SUL CASO TENCO DELL’AVVOCATO GIOVANNI DI STEFANO, LEGALE DELL’ORMAI DEFUNTO SADDAM HUSSEIN. C’è la prova che il Presidente dell’Italia, allora Giuseppe Saragat, gli concesse con il consenso del Primo Ministro Aldo Moro “una dispensa speciale”. Indubbiamente, Tenco portava un messaggio da parte di Aldo Moro ai militari argentini che in seguito presero il controllo del paese rovesciando Illia. E il paese che fornì la tecnologia strategica, le armi, e i soldi per il colpo di stato fu l’Italia. Così, il Procedimento Gladio esordì per assistere i militari argentini a rovesciare un Presidente eletto democraticamente e Tenco fu il messagero. Illia fu deposto e sostituito dalla Giunta Rivoluzionaria: Pascual Angel Pistarini, Benigno Ignacio Marcelino Varela Bernadou e Adolfo Teodoro Alvarez Melendi.
Il 28 giugno 1966, il Generale Juan Carlos Ongania fu proclamato Presidente de facto. Il Presidente italiano, Saragat, e il Primo Ministro Aldo Moro utilizzarono Tenco come messaggero per informare la giunta militare argentina che l’Italia, paese membro della NATO, avrebbe dato, non soltanto un “aiuto”, ma non sarebbe intervenuta nella destituzione d’Illia. La missione fu affidata a Tenco con un permesso di dieci giorni per viaggiare. Fu questo fatto, e nient’altro, che le Brigate Rosse scoprirono durante le interrogazioni di Aldo Moro e che li portò ad assassinare il Primo Ministro. Tenco non si suicidò nel gennaio del 1967, ma egli fu “suicidato” quando, in un eccesso d’ira, minacciò di denunciare Aldo Moro, il quale fu trucidato qualche anno dopo dalle Brigate Rosse.
Tutto sembra così inverosimile, vero? Eppure i guai seri per lui iniziano proprio…al ritorno dall’Argentina. Cominciano ad apparire “magicamente” delle MINACCE DI MORTE. Subirà un tentato “speronamento” sulle strade della RUTA che lo porteranno a prendere il porto d’armi e a tenere una pistola DENTRO IL CRUSCOTTO DELLA SUA ALFA GT VELOCE ( e infatti Paolo Dossena riportando l’auto a Sanremo, gliene chiederà conto ). Le ripetute minacce di morte confidate anche al FRATELLO VALENTINO, sfoceranno nell’omicidio che tutti sapete del 27 Gennaio 1967! Non solo: il 31 Gennaio 1967, 4 giorni dopo la morte di Luigi Tenco ( 27 Gennaio 1967 ) scoppiò lo scandalo SIFAR. I cosiddetti Fascicoli SIFAR erano una vastissima raccolta di dossier (schede informative poliziesche) su politici, militari (tutti gli ufficiali superiori), ecclesiastici (Papa compreso), uomini di cultura, sindacalisti e giornalisti ordinati dal Generale Giovanni De Lorenzo nel corso del suo settennato (1955-1962) alla guida del SIFAR.
Secondo una lunga e consolidata tradizione tutta italiana nel settore, i dossier servivano a studiare le inclinazioni e gli interessi (al fine di poterne prevedere le mosse o gli intenti) di quelle personalità ritenute capaci di potenziale influenza sui destini e sulla quotidianità dello Stato ( attenzione a questo elemento ).
Luigi quindi NON ERA COME MOLTI SOSPETTARONO AD UN CERTO PUNTO…UNA SPIA, era semplicemente una “cellula” politica che in incognito andava….NON A FAVORIRE IL GOLPE come invece insinua l’avvocato De Stefano, ma semplicemente a comunicare un qualcosa ( puo’ essere una cosa stupida o una cosa importante, non importa, non la sappiamo e mai la sapremo ) a qualcuno che si trovava in Argentina. Essendo Luigi Tenco un personaggio scomodo, si decise ad un certo punto di ELIMINARLO….ma……chi è che lo voleva morto? Forse il SIFAR ma c’era qualcosa O QUALCUNO ad ONOR DEL VERO….capace di comandare I SERVIZI SEGRETI STESSI. E qui entrerebbe in ballo la P2. La Loggia Massonica che puntava al sovvertimento della democrazia italiana. E che, come ammise il capo dei capi Licio Gelli, contava sull’adesione di Esercito, Guardia di Finanza, Polizia. E guarda caso, Arrigo Molinari, Commissario che indagò sulla morte di Tenco, faceva parte della P2: tessera n. 767.
Ecco dunque che il cerchio si chiude: Arrigo Molinari, quando era Vice Questore di Genova, condusse delle indagini contro il clan dei marsigliesi. Come mai se il commissario Arrigo Molinari indago’ i marsigliesi in “veste” di vice questore di Genova, il 27 gennaio 1967 lo stesso Molinari ( p2 ), insabbio’ l’omicidio commesso proprio dai marsigliesi? Si sa che qualcuno raccontò a Morisse i “problemi” di Luigi, ma Morisse in quanto appartenente al CLAN DEI MARSIGLIESI, aveva un CONTENZIOSO in Italia.
MORISSE, appartenente al clan dei marsigliesi…., clan indagato dall’allora VICE QUESTORE DI GENOVA ARRIGO MOLINARI, una volta conosciuti i problemi di Luigi , si offrì lui per “REGOLARE LA QUESTIONE TENCO” “in cambio” ovviamente dell’azzeramento del “contenzioso”. IN ITALIA, volevano già eliminare Tenco e questa “prodigiosa opera di beneficienza” da parte del clan dei marsigliesi ( Morisse ), per L’Italia fu come UNA MANNA CADUTA DAL CIELO. Tra le 1.15 e l’1.25 del 27 Gennaio 1967, Il Clan dei Marsigliesi come da accordi prestabiliti e secondo UN PIANO STUDIATO E RISTUDIATO in ogni sua parte INSIEME AD ARRIGO MOLINARI (che rappresentava in questo caso la P2 ), uccisero Luigi Tenco ( Morisse dirigeva le operazioni dall’HOTEL LONDRA ) ed ebbero, sempre come da accordi COPERTURA ED ASSISTENZA.
ARRIGO MOLINARI, quel 27 Gennaio 1967…….non si trovava per caso….involto come COMMISSARIO delle indagini. Il 27 Gennaio 1967 SIFAR E P2…con la complicità dei MARSIGLIESI uccisero TENCO. Il festival CONTINUO’….facendo finta che nulla fosse successo e decretò il suo vincitore: CLAUDIO VILLA (guarda caso, TESSERA 262 DELLA P2).
Una tragedia su più fronti
Dietrologia? Complottismo? Illazioni? Esagerazioni? Chissà. Io mi sono limitato a riportare quanti più indizi possibili e voci possibili. Rammaricato per quanto successo a uno degli artisti più interessanti della scena musicale italiana. Scomparso a soli 29 anni. La sua morte ha avuto pesanti ripercussioni sulla vita privata di Dalida, che si suiciderà vent’anni dopo. Stroncando altresì anche la carriera di Orietta Berti, ritenuta, indirettamente, tra le responsabili della sua morte. Oltretutto, il Festival di Sanremo non solo non fu sospeso, ma è continuato per altre 50 edizioni. E chissà per quanto altre ancora. Quest’anno hanno avuto pure il coraggio di fargli una dedica, facendo cantare Vedrai a Tiziano Ferro. Uccidendolo una seconda volta.
Penso proprio di no. Come per Pantani si vuole rivalutare l’omicidio.