Riflettori nazionali che vedono ancora una volta Matteo Salvini quale trionfatore. Il quale ha trascorso l’intera ultima settimana di campagna elettorale a girarsi l’isola, confermandosi “animale da palcoscenico”. Dando addosso al Pd e all’Unione europea. Uno sforzo che gli è valso il 12% e l’ennesima guida della coalizione di centro-destra. E pensare che alle ultime regionali di 5 anni fa, la Lega non si era neppure presentata.
Del resto, correva l’anno 2013. Quello successivo all’esplosione dello scandalo Bossi family e Belsito, con il Carroccio che alle politiche aveva preso il 4%. oggi quei numeri sono ottuplicati. Almeno stando ai perenni sondaggi politici.
Tuttavia, siamo di fronte al solito paradosso che accompagna ogni successo della Lega al Sud o nelle isole. Già, perché il latte sardo non è vittima solo del capitalismo. Con il mercato estero, soprattutto americano, che ha creato nel tempo una catena industriale di produzione in cui i pastori sono l’anello più debole; e il latte che producono faticosamente e in maniera malpagata, viene trasformato, per circa l’80%, in un prodotto di basso valore aggiunto. Ma è stato danneggiato dalla Lega stessa.
Quella Lega che oggi sbarca in terra sarda promettendo di risolvergli proprio quei [sta_anchor id=”sardegna”]problemi[/sta_anchor].
Lega ha danneggiato pastori sardi
Sardinia Post riporta l’intervento di Emiliano Deiana, presidente dell’Anci che sul suo Profilo Facebook ha attaccato i ministri del Carroccio, Matteo Salvini (Interni) e Gian Marco Centinaio (Politiche agricole). I quali isi sono schierati al fianco della protesta isolana fin dal suo nascere ad inizio febbraio.
Deiana ricorda:
“Le multe sulle quote latte degli allevatori del Nord sono state pagate da tutti i cittadini italiani, compresi i pastori sardi, per un valore di oltre 4 miliardi di euro”.
Deiana bolla le quote latte del Nord come
“furto con destrezza, stimato dalla Corte dei Conti, e i cui autori sono i rappresentati della Lega Nord, gli stessi che oggi avanzano la ‘candidatura’ per risolvere la crisi del prezzo del latte in Sardegna”.
Il presidente di Anci scrive ancora:
“Ricordo, agli smemorati, che i pastori sardi furono massacrati di botte a Civitavecchia, arrestati e processati quando ministro degli Interni era un rappresentante della stessa Lega Nord”.
Deiana chiude così:
“Ricordo che l’attuale ministro dell’Agricoltura, non di più di una settimana fa, voleva risolvere il problema del prezzo del latte ‘vendendolo in Cina”.
Il sito Striscia rossa ricostruisce poi bene tutta la vicenda. Tutto è iniziato dalla metà degli anni ’80, dalla condanna di svariati deputati leghisti (perché è la Lega la protagonista principale anzi unica di questa vicenda) e dall’accumulo di 5 miliardi circa del conto salatissimo che siamo stati chiamati tutti a restituire. Poiché la nostra memoria funziona ancora benissimo e non è stata sostituita dalla memoria breve dei computer (come qualcuno vorrebbe), ci rimanda l’immagine di montagne di latte e di poche migliaia di agricoltori del Nord che avevano ignorato le regole e di poche decine di politici che dai prati verdi di Pontida gli hanno permesso di farlo.
Tutto ha inizio dalle eccedenze di latte rispetto alla domanda del mercato prodotte nella Comunità Europea già dagli ultimi anni ’70. Nel 1984 si arriva addirittura ad 1 milione di tonnellate di prodotto in più. Il latte invenduto rimane nei magazzini mentre le entrate per gli allevatori diminuiscono. Così si giunge ad un accordo tra gli Stati dell’Unione per autolimitare la propria produzione. Ed è qui che si inserisce l’arte fraudolenta dell’Italia politica di quel tempo. Per decidere quanto un Paese poteva produrre si prende come riferimento la produzione di latte dell’anno precedente (1983) e la si divide per i produttori, assegnando a ognuno una quota. Da allora, chi supera quel limite deve pagare una multa fortemente svantaggiosa, in modo che in tutta Europa la sovrapproduzione venga indebolita.
Ma l’Italia, che in quegli anni produceva meno del proprio fabbisogno nazionale, pasticciando sulla raccolta dei dati, o meglio falsificando quei dati, ferma la quota italiana a 9 milioni di ettolitri. Un pasticcio vero , a causa del quale, il governo di allora promette agli allevatori l’impunità se avessero sforato. Al loro posto avrebbe pagato lo Stato. Il governo si fa garante di una truffa. E la Corte dei Conti lo certifica anno dopo anno denunciando il “danno erariale”. E, noi tutti pagavamo ininterrottamente dal 1995 al 2009.
Intanto l’Italia agricola continua a protestare, prendendosela con l’avidità agricola della Francia e della Germania, anziché assediare con i propri trattori i vari governi succedutisi dal ’94 in poi, i quali sono i soli colpevoli per aver messo in ginocchio il Paese. E si arriva al momento in cui arriva al Ministero dell’Agricoltura Zaia, il quale impedisce a Equitalia di riscuotere le somme evase e ci fa arrivare la prima condanna dal Tribunale UE.
Nel frattempo, dal 1992 al 2003 la quota latte viene rinegoziata varie volte fino a che l’Italia ottiene di poter rateizzare il pagamento delle quote eluse. Ma anche sulle rate vengono chieste continue proroghe. La scusa è che si vogliono aiutare gli allevatori in difficoltà.
Quando i giudici decidono di vederci più chiaro su allevatori in odore di truffa si scopre che gli sforatori di ieri (tutti leghisti della prima ora) sono diventati legislatori e vengono così indagati per aver truffato lo Stato organizzando un sistema di cooperative che sforavano le quote ed eludevano i pagamenti dei contributi.
In uno dei dibattimenti viene addirittura fuori come la Credieuronord, la banca della Lega poi fallita, viene utilizzata dagli allevatori del Nord come intermediaria per evitare di pagare i contributi UE e contraffare le carte.
Prima dei diamanti della Tanzania ci furono le quote latte! Oggi la Corte di Giustizia Europea continua a condannarci per il mancato pagamento delle rate (circa 1,2 miliardi) e lo Stato non riesce ancora a far decollare la riscossione da parte degli allevatori (circa 1,554 miliardi).
Si calcola che oggi l’Italia deve rendere a Bruxelles circa 7.800 miliardi. Non solo. Ogni anno di quote sforate, ha corrisposto a 300/400 miliardi di buco che sono ricaduti sui servizi in meno per noi cittadini.
Le offese della Lega ai sardi
Poi c’è la solita storia delle offese che la Lega ha rivolto ai meridionali quando non veniva giù per chiedere voti. Tpi News, ad esempio, ricorda quando Borghezio suggerì all’allora Premier Mario Monti di vendere la Sardegna, ma anche Sicilia e Napoli, per risanare i conti pubblici italiani.
“Inutile negare che la mafia in Sicilia e la camorra in Campania sono saldamente radicate nel territorio, quindi una soluzione potrebbe essere che Monti la venda a uno stato estero o a qualche miliardario visto che non si riesce ad estirpare il malaffare troppo radicato. Nonostante i numerosissimi siciliani e campani onesti non c’è speranza”.
E ancora:
“Fossi in Monti metterei sul mercato anche Napoli e la Sardegna. Con quei soldi potremmo alleggerire il nostro debito che, tra l’altro, mica l’han fatto gli operai della Fiat o i piccoli imprenditori del Veneto o del Nord est. L’hanno fatto loro, con le loro pensioni facili di invalidità, con gli amici politici, con le loro mafie, il loro assalto alla diligenza, le loro finanziarie che ogni anno spolpavano un po’ di più le casse dello Stato. E naturalmente Roma ladrona, che ha coperto tutto questo danneggiando la gente onesta del sud. Soprattutto, chiudendo le speranze alle giovani generazioni del sud”.
La frase arriva durante il talk show KlausCondicio, condotto da Klaus Davi su You Tube.
Borghezio aveva definito “completamente improduttive” queste regioni italiane, una “palla al piede che appesantisce il nord”.
E Borghezio, in una replica in cui chiarisce cosa intendeva dire, peggiora la sua situazione:
“Non ho inteso confondere la Sardegna con la Sicilia e la Campania e mi scuso per questo accostamento”.
Certo, stiamo parlando di uno scalmanato che nel corso della sua carriera politica di esternazioni pesanti ne ha fatte. E non a caso, rientra tra i personaggi che non vediamo né sentiamo più. Rottamati da Salvini. O, se preferite, accodatisi al capo. Visto che, prima della sua ascesa a Segretario del partito, avevano perso una marea di voti.
Ma se scaviamo ancora più indietro, un bel pensierino per la Sardegna c’è da parte della Lega c’è anche nell’inno della Lega Lombarda. Riportato per intero da IteNovas, insieme ad altri insulti di personaggi famosi. Qui riporto solo la parte finale, che conclude una serie di insulti ai meridionali:
per tirar la conclusione
sulla razza del terrone
che comprende quella sarda
voterem lega lombarda.