Test di laboratorio mostrano come si possano usare vescicole extracellulari prelevate da latte di mucca per somministrare RNA per via orale
“Bevi il latte, che ti fa bene”: l’avremo sentito dire decine di volte da nostra madre e ovviamente è vero, trattandosi di un alimento molto nutriente, importante per lo sviluppo delle difese immunitarie e ricco di calcio e proteine.
E a proposito di proteine, la maggior parte del nostro DNA contiene istruzioni su come crearne, che vengono poi tradotte da un altro tipo di molecola, l’RNA, per aiutare le cellule a produrle.
Le terapie a RNA sfruttano lo stesso meccanismo per far sì che le cellule creino proteine utili all’occorrenza (o che non ne creino di nocive), un processo che abbiamo ben imparato durante la pandemia di COVID-19: i vaccini mRNA ordinano alle cellule di produrre la proteina “spike” del coronavirus, in modo da scatenare una risposta immunitaria in grado di proteggere contro il virus reale.
Il problema è che l’RNA si deteriora facilmente e quindi è difficile da somministrare come medicinale, nonostante abbia il potenziale per curare innumerevoli malattie, quali quelle neurodegenerative o il cancro.
Niente paura: è qui che entra in gioco il latte.
I problemi delle nanoparticelle contenenti RNA
Ma prima parliamo della situazione attuale: l’unica opzione è quella di “impacchettare” l’RNA in nanoparticelle protettive, il che però presenta due ordini di problemi:
- le nanoparticelle possono scatenare una reazione indesiderata da parte del sistema immunitario, con spiacevoli effetti collaterali;
- l’RNA va somministrato tramite iniezione, in quanto se assunto oralmente gli acidi gastrici finirebbero per deteriorarlo, nonostante la protezione della nanoparticella. Ovviamente la somministrazione orale sarebbe preferibile, in quanto è meno invasiva, più semplice ed economica e non richiede l’intervento di un infermiere.
Ecco quindi che, in un recente studio, un gruppo di ricerca coordinato da Driton Vllasaliu dell’Istituto di Scienze Farmaceutiche del King’s College London propone l’uso di vescicole extracellulari derivate dal latte di mucca per risolvere i problemi suddetti.
Si tratta di un tipo di particelle usate dalle cellule per inviare proteine, grassi e altre sostanze ad altre cellule; estraendole dal latte per somministrare RNA avrebbe il vantaggio di esporre l’organismo a qualcosa che assume già regolarmente (il latte, appunto), riducendo quindi di molto il rischio di reazioni avverse.
Vescicole da latte, una nuova arma biologica
Per i loro esperimenti, Vllasaliu e colleghi si sono concentrati sulle malattie infiammatorie croniche intestinali (come la colite), somministrando per via orale a dei ratti RNA, racchiuso in vescicole prelevate da latte vaccino: i risultati ottenuti hanno mostrato una riduzione dell’infiammazione.
Ulteriori test su modelli di intestino umano hanno anche dimostrato che le vescicole sono in grado di attraversare la barriera intestinale, suggerendo (in attesa di ulteriori esperimenti) che l’RNA possa essere inviato al flusso sanguigno, in modo da curare anche patologie diverse da quelle del sistema digestivo.
A tal proposito, nel febbraio scorso i ricercatori hanno ricevuto un finanziamento di 1,4 milioni di sterline (oltre un milione e mezzo di euro) da parte dell’UK Research and Innovation (UKRI), per proseguire i loro studi in merito alla somministrazione orale di RNA tramite vescicole extracellulari estratte dal latte.
Se tutto va come sperato, a breve potremmo quindi avere a disposizione una nuova arma biologica per terapie efficaci, economiche e non invasive contro tutta una serie di patologie.
(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)