LA RIVOLUZIONE DI OBAMA SCHIACCIATA DAL CAPITALISMO
AL PRESIDENTE AMERICANO NON GLIENE VA BENE UNA: LA RIFORMA SANITARIA RESTA UNA CHIMERA, IN POLITICA ESTERA NON HA PIU’ VOCE IN CAPITLO, E IL PAESE FA PURE I CONTI CON LO SHUTDOWN
“Yes, we can” era lo slogan di Obama nel 2008, in vista della sua prima e storicamente incredibile candidatura alla Presidenza degli Stati Uniti per i Democratici. Sono passati solo 5 anni, ma sembra già un ricordo lontano. La rivoluzione progressista del primo afroamericano diventato Presidente del più influente Stato del Mondo, si è arenata dopo un paio di anni per effetto del voto del Mid term, che gli fece perdere la Camera riducendolo a “un’anatra zoppa” (come viene definito il Presidente che gode dell’appoggio di una sola assise). Stessa situazione con cui ha iniziato il secondo mandato lo scorso anno, perdendo ben 10 milioni di voti e beneficiando così solo dell’appoggio del Senato, mentre la Camera è andata ai Repubblicani. E i risultati si vedono: nessuna riforma viene messa in porto e il Governo non ha una chiara linea politica.
LO SHUT DOWN – In questi giorni il presidente ha incassato la sconfitta dello shutdown, cioè la resa dello Stato e di tutta la sua burocrazia che di colpo non è più autorizzata a pagare gli stipendi e far funzionare la gigantesca creatura del red tape, il nastro rosso della macchina da scrivere che indica il peggio della burocrazia statale. Democratici e repubblicani non hanno trovato l’accordo ed è stato il disastro. Ieri Obama ha assicurato: «Ci sono abbastanza voti alla Camera dei rappresentanti perché lo Stato riapra oggi stesso». Infatti la situazione si è sbloccata ieri sera.
RIFORMA SANITARIA ARENATA – Quella che doveva essere il fiore all’occhiello della sua amministrazione, si è schiantato contro la dura realtà. La riforma sanitaria voluta da Obama si è fermata al risultato monco di tre anni fa. La sua riforma sanitaria non va avanti e anzi si arena, perché tutti gli esperimenti d’avanguardia per un servizio sanitario nazionale sono disertati dalla popolazione, specialmente quella democratica. Democratici in genere sono tutti i borghesi che fanno lavori intellettuali ma – come ho potuto constatare con i miei occhi negli ambulatori della Florida già tre anni fa – le signore ben vestite di sinistra si rifiutano di portare i loro bambini in un ambulatorio in cui non è possibile scegliersi il medico ma devi contentarti di quel che passa il turno di guardia. La riforma sanitaria di tipo europeo, ma anche di tipo canadese (molto disprezzato) è considerata unamerican, geneticamente contraria allo spirito degli Stati Uniti. L’idea dell’elettore democratico affluente è che il servizio sanitario pensato da Obama vada applicato ai soli poveri senza disturbare gli agi della classe media che recalcitra di fronte alla prospettiva di pagare maggiori tasse.
POLITICA ESTERA IMBARAZZANTE– E poi la Siria. Obama – che pure aveva sostenuto la presenza militare americana in Afghanistan durante la sua prima campagna elettorale – ha imboccato la fallimentare via del sostegno a tutti i costi della cosiddetta «primavera araba» anche quando è diventato chiaro, specialmente in Egitto, che i fiori della primavera sono pieni delle spine di Al Qaida e dei jihadisti.
Ma Obama testardamente ha sostenuto l’egiziano Morsi e combattuto i generali egiziani che lo hanno deposto imponendo il ritorno allo Stato laico e di diritto in cui la giustizia non fosse amministrata attraverso la sharia. Obama però si è impuntato con la Siria. Contrario a ogni intervento in Medio Oriente, dopo aver giurato che non si sarebbe mai comportato come un repubblicano alla George W. Bush, ecco che schiera le navi da guerra davanti a Damasco accusata di aver usato il gas Sarin contro i ribelli, provocando una strage tra i civili con centinaia di donne e bambini avvelenati. E dichiara che vuole una guerra punitiva, subito.
Lo ha fatto mentre inglesi e canadesi, italiani, inglesi e francesi smettevano di caldeggiare le rosse primavere arabe grondanti di sangue e lo ha fatto così maldestramente da consegnare una vittoria politica diplomatica internazionale – la prima che si ricordi – al detestato Vladimir Putin, il quale ha imposto a Obama di rimangiarsi l’operazione militare e di farsi ingabbiare dalle maglie della politica delle Nazioni Unite dove gli Usa non contano su una maggioranza. Questa situazione ha provocato grande nervosismo al Pentagono e ha dato spazio ai repubblicani di dilagare al Senato raccogliendo i frutti del diffuso malessere in campo democratico.
L’anno prossimo ci sarà di nuovo il voto del Mid-term (il rinnovo delle Camere che si tiene a due anni dalle elezioni) e tutto lascia presagire che per Obama le cose si metteranno ancora peggio. La delusione degli emarginati (immigrati e disoccupati in primis), dei pacifisti e degli ecologisti, dai quali ha attinto la buona parte dei voti, è tanta. Anche se è noto quanto in America a governare realmente siano le lobby.
(Fonte: Libero)
Obama non è molto da considerarsi ""rivoluzionario"" anzi, sembra più reazionario di qualsivoglia presidente statunitense. FILOISRAELIANO PER GIUNTA.