Il Kazakistan si ritira dall’accordo della Comunità degli Stati Indipendenti (Csi)
Il Kazakistan è uno dei paesi che faceva parte dell’ex Unione Sovietica e confina anche con la Cina. In queste settimane, proprio da un paese che non ti aspetti, arrivano due colpi importanti per la Russia di Putin. Con la quale il paese sta vivendo una crisi diplomatica.
La prima mossa, come riporta Libero, è l’uscita del paese dall’accordo della Comunità degli Stati Indipendenti (Csi) sulla circolazione monetaria interstatale. Tale accordo promuove la cooperazione economica fra le repubbliche ex sovietiche che fanno parte dell’organizzazione. Una decisione che arriva in un momento già delicato per la Russia, presa nella morsa di dazi, chiusura di conti europei e confische di beni immobili.
Kazakistan pensa di realizzare un oleodotto che taglierebbe fuori la Russia
Il Capo di Stato Kassym-Jomart Tokayev starebbe però anche pensando di costruire un nuovo oleodotto in grado di trasportare petrolio in Europa, senza passare per la Russia. In virtù di ciò, il Kazakistan potrebbe diventare un fornitore alternativo per l’Europa, riducendo il peso del sempre meno alleato russo. Ricordiamo che ad oggi è già il secondo fornitore dell’Italia.
Il nuovo oleodotto kazako attraverserebbe il Mar Caspio, passando per Azerbaijan, Georgia e Turchia, così da evitare il suolo russo per arrivare al Mar Nero.
Kazakistan e Russia ai ferri corti
Come riporta Startmag, il progetto potrebbe essere una risposta al fatto che un tribunale russo abbia ordinato ad inizio luglio la sospensione per un mese delle operazioni dell’oleodotto utilizzato dal Kazakistan per esportare la maggior parte del suo petrolio. Giustificando tale decisione con il fatto che il Consorzio dei gasdotti del Caspio avrebbe commesso violazioni ambientali. Una motivazione poco credibile, visto che arriva puntuale il giorno successivo a quello in cui il presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev si era impegnato ad aiutare l’Unione europea a stabilizzare il mercato globale dell’energia.
La decisione della corte arrecherà dei danni ingenti all’economia kazaka stimabili in circa 500 milioni di dollari. E, oltretutto, non è la prima volta che la condotta viene interrotta, ma la terza. Ed il tubo è fondamentale per il paese, visto che trasporta 2/3 della sua capacità petrolifera totale.
Kazakistan, paese in fermento
Il paese kazako è in realtà in fermento da inizio anno. Geograficamente collocato nell’Asia centrale, si estende dal Mar Caspio, a ovest, fino ai Monti Altai a est. Confinando quindi con Cina e Russia.
La sua più grande metropoli è Almaty, antico snodo commerciale. Come luoghi d’interesse principale troviamo la cattedrale dell’Ascensione, una chiesa ortodossa risalente alla Russia zarista. Nonché il Museo Centrale di Stato del Kazakistan, che ospita migliaia di opere e manufatti kazachi.
Come riporta Euractiv, ad inizio giugno il paese ha votato il primo referendum della sua storia, una sorta di test indetto dal presidente Tokayev per ottenere la fiducia del suo popolo dopo i disordini che hanno scosso il Paese ad inizio anno.
Tokayev avrà la possibilità di avviare una serie di riforme. Tra i 56 emendamenti costituzionali votati sono inclusi la limitazione dei poteri presidenziali, maggiori capacità per il parlamento, introduzione di un sistema elettorale che sarà misto maggioritario-proporzionale in luogo di quello attuale proporzionale (quindi il parlamento sarà più rappresentativo), significativa decentralizzazione dei poteri verso le amministrazioni regionali e locali.
Ed ancora, vi sarà il ripristino della Corte Costituzionale, il divieto per il Capo di Stato di appartenere a un partito politico e per i suoi familiari di ricoprire cariche di leadership nel settore pubblico.
Il referendum può dirsi un successo: il Sì ha vinto con il 77% delle preferenze, mentre l’affluenza è stata del 68,4%. Sebbene sia arrivato soprattutto dalle zone periferiche.
In questo modo, Tokayev ha voluto dare un segnale di democratizzazione del paese. Il quale, come quasi tutte le ex repubbliche sovietiche, conta ancora su un forte accentramento dei poteri nelle mani del presidente di turno.
Come riporta Wikipedia, le proteste sono iniziate il 2 gennaio di quest’anno e hanno coinvolto molte zone del paese, compresa la capitale Nur-Sultan. Mosse dalla protesta dei kazaki contro l’aumento dei prezzi di gas, benzina e beni alimentari. Quello che praticamente sta succedendo anche da noi.
Un gruppo di cittadini ha attaccato dei palazzi del governo. Negli scontri con la polizia sarebbero morte 26 persone, con molti arresti. La Russia ha inviato circa 3mila paracudisti. Hanno portato alle dimissioni del governo in carica, come deciso dallo stesso Capo di Stato Tokayev. Le proteste sono rientrate l’11 gennaio, durando quindi circa una decina di giorni, portando però a degli ottimi risultati.