Da diversi giorni ormai, tra Israele e Palestina è guerra totale. Inutile riportare il numero di morti da una parte e dall’altra, così come di missili lanciati. Perché aumentano drammaticamente di giorno in giorno.
In questo articolo avevo già parlato delle ragioni di questo conflitto, che tiene banco da quando è nato lo Stato di Israele. Le colpe sono anche, ovviamente, dei paesi che sostengono l’una e l’altra parte. Israele appoggiata soprattutto da Usa ed Europa. Mentre la Palestina dal mondo arabo.
L’Onu in questi decenni ha mostrato tutta la sua impotenza, incapacità ed inutilità. Non arrivando mai a riconoscere lo stato della Palestina e non avendo mai concretamente aiutato le due parti a trovare una soluzione definitiva.
Anzi, mostrando pure un certo sbilanciamento verso Israele, giustificandolo con quanto subito dagli ebrei con l’Olocausto. Israele in questi anni ha così aumentato sempre più i propri confini togliendo terreno ai palestinesi. I quali sono costretti a vivere in modo disumano, tra mancanza di beni di prima necessità e autentiche fogne a cielo aperto.
L’ultimo conflitto, però, ha un sapore diverso. Più allarmante, perché ad essere coinvolte sono anche zone prima solitamente esentate. Si parla già di terza entifada.
Vediamo perché Israele e Palestina sono di nuovo in guerra.
Perché Israele e Palestina sono in guerra
Come spiega bene Sputnik, ad accendere l’ennesima miccia tra le parti è la contesa del quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme. Sheikh Jarrah è abitato prevalentemente da arabi ed è considerato un territorio palestinese.
Tutto risale al 1959, quando i palestinesi affittarono diversi isolati della città dalla Giordania, controllata all’epoca da Gerusalemme. Il contratto di locazione era di 4 anni, ma non venne mai prorogato ufficialmente.
Nel 1967 scoppiò la Guerra dei Sei Giorni, durante la quale gli israeliani stabilirono il controllo su tutta Gerusalemme, proclamandola loro capitale (non riconosciuta dall’ONU) proprio Sheikh Jarrah.
Nel 1972, il governo israeliano intentò una causa per richiedere di sfrattare con la forza gli arabi che vivevano nell’area per stabilirvi piuttosto famiglie ebree.
La decisione del tribunale è stata presa solo pochi mesi fa, dopo quasi 50 anni.
La parte israeliana sapeva molto bene che né il governo palestinese né gli stessi arabi residenti nella regione avevano documenti sulla proprietà e su questo puntavano per vincere la causa. La parte giordana invece avrebbe potuto dimostrare tali garanzie, poiché gli accordi erano stati conclusi con essa. Tuttavia, durante l’intero processo, i documenti necessari non sono mai stati forniti.
Secondo la parte israeliana, lo Stato avrebbe il diritto legale di sfrattare la popolazione araba dall’area, poiché si era trasferita lì dopo i risultati della prima guerra arabo-israeliana del 1948-1949 quando Gerusalemme passò sotto il controllo dell’allora Transgiordania (il regno di Giordania ricevette il suo nome moderno nel 1950).
La decisione del tribunale israeliano di sfrattare i palestinesi è stata presa all’inizio di maggio di quest’anno.
Secondo i piani del governo israeliano, il reinsediamento della popolazione araba del quartiere di Sheikh Jarrah sarebbe dovuto avvenire in più fasi: da fine maggio a metà luglio.
I palestinesi si sono tuttavia rifiutati di andarsene e proteste di massa sono iniziate in tutta Gerusalemme est, disperse dalla polizia.
La notte dell’11 maggio può essere considerata la data X. Da un lato, la parte ebraica della città celebrava il giorno di Gerusalemme, il giorno in cui la città fu unilateralmente proclamata capitale di Israele. Dall’altro, la parte araba della città ha iniziato rivolte e si è scontrata con la polizia. Da lì il conflitto che dura ancora in queste ore e chissà per quanto.
La situazione per la Palestina sta peggiorando
Da diversi anni, ormai, la situazione per i palestinesi sta peggiorando sempre più. Alcuni paesi arabi che ne sostenevano le istanze – Libia, Yemen, Libano, Siria, Iraq – attraversano a loro volta ancora anni profonda instabilità politica se non di guerra. Quindi, non offrono più quel forte appoggio di un tempo, perché già travolti da beghe interne.
A difesa della Palestina, di una certa rilevanza, restano soprattutto Turchia e Iran tra i paesi arabi, e la Russia.
Gli Usa sono stati sempre schierati dalla parte di Israele e con Trump si sono sbilanciati ulteriormente. Basti pensare che il Tycoon aveva spostato l’ambasciata americana a Gerusalemme, di fatto riconoscendola come capitale. Ora c’è Biden, mascherato di ipocrita buonismo, ma di fatto un guerrafondaio inside.
L’Europa ha sempre mantenuto un atteggiamento sostanzialmente imparziale, ma da diversi anni si è sbilanciata verso gli Usa. Come confermano anche le prese di posizione anti-russe.
C’è però anche da dire che di recente si sta verificando uno storico riavvicinamento tra sunniti e sciiti, che sta andando appannaggio della Palestina. La potenza di fuoco dell’attacco partito da Gaza, che ha scatenato il nuovo ed ennesimo conflitto, ne è una dimostrazione.
Infine, nel parlamento israeliano siedono anche forze politiche di estrema destra, un tempo bandite. Che ovviamente soffiano sul fuoco della guerra e Netanyahu se ne sta servendo per avere la maggioranza parlamentare.
Israele e Usa: qualcosa è cambiato
I rapporti tra Israele e Usa sono sempre più incrinati. Come fa notare Margherita Furlan de La casa del sole, Gli americani tollerano sempre meno l’atteggiamento di Israele e non amano particolarmente Netanyahu, sperando invece di comunicare con un personaggio più malleabile.
Inoltre, gli israeliani influenzano sempre di più la politica americana e ciò non piace in casa di Zio Tom (Trump aveva particolari alleanze sioniste). Ma soprattutto, Israele si sta molto avvicinando alla Cina.
Superpotenza che sta cambiando gli equilibri geopolitici mondiali e si sta proponendo come nuovo leader con cui interloquire. Ne è un esempio anche l’Africa, che dopo la decolonizzazione europea sta passando alla colonizzazione cinese.
La Cina potrebbe essere la nuova forte alleata di Israele, a discapito degli americani che tanto si sono spesi per la nascita di quello Stato.
In fondo, col passar degli anni le dinamiche cambiano. Proprio come il clima.
Lascio di seguito questo bel brano di Enzo Avitabile, nella speranza che un giorno i palestinesi possano vivere in pace, con dignità, in uno Stato proprio.