Un titolo meritato, considerando le squadre che la corazzata di Mourinho ha eliminato durante il suo cammino: il Chelsea prima e il Barcellona poi (quarti e semifinali). Come ogni finale che si rispetti, la gara non è stata spettacolare, ma comunque intensa e tesa. Il Bayern si è reso pericoloso soprattutto grazie alle folate offensive dell’uomo più pericoloso, l’olandese Arjen Robben, il quale, con il suo solito accentramento partendo da destra ha sovente messo in difficoltà il difensore dell’Inter Christian Chivu, di fatto poi sostituito nella ripresa. Assente per squalifica, fortuna per l’Inter, l’altro attaccante di una certa pericolosità, il francese Franck Ribéry, altro funambolo dell’attacco tedesco; il quale gioca sull’altro versante, pure partendo dalla fascia per poi accentrarsi.
L’Inter ha invece giocato d’attesa, a tratti chiudendosi nella propria metà campo come fatto contro il Barça, soprattutto dopo il primo gol; con Pandev, Sneijder ed Eto’o pronti al contropiede e ad innestare il bomber Milito. Di fatti, è l’olandese Sneijder a servirgli l’assist per il primo gol (come spesso è successo in questa stagione) con l’argentino che è entrato in aria, è riuscito con rara freddezza ad eseguire anche una mezza finta e poi ha trafitto il portiere Butt; nella ripresa, dopo un periodo d’attesa, è sempre Milito ad involarsi in aria, dribblare Van Buyten e trafiggere per la seconda volta Butt. I tedeschi mollano la presa, con il pur bravo Van Gaal che non è riescito a trovare il colpo di genio che rimetta in pista la sua squadra.
Fischio finale: lacrime per il sempre freddo e imperturbabile Mourinho, che ottiene così la seconda Champions league da allenatore con due squadre diverse (l’altra col Porto; impresa che è riuscita solo a tre allenatori), e forti emozioni per Massimo Moratti, il quale, dopo 15 anni di grandi investimenti, spesso esagerati ed discutibili, è riuscito a vincere la principale competizione europea, raggiungendo in parte il papà Angelo che ne ha vinte due di fila con il mago Herrera (’64 e ’65). Gioia ovviamente per decine di migliaia di tifosi che hanno seguito la gara al Bernabeu, quelli che si sono radunati a Piazza Duomo prima e a Malpensa poi per accogliere la squadra, e quelli sparsi per l’Italia e per il Mondo, le cui distanze geografiche sono state rimosse da una gioia immensa.
Gioia ovviamente per i giocatori, ai quali va dato il merito di aver disputato una stagione incredibile.
Un pensiero va però anche all’avvocato Peppino Prisco e a Giacinto Facchetti, che la coppa la vinsero sì quando si chiamava ancora Coppa Campioni, ma che hanno dovuto assistere altresì a tante nefandezze e soprusi calcistici durante gli anni ’90 e gli ultimi della loro vita.
Un pensiero va ad un altro simbolo dell’Inter, lui però vivo e vegeto, altroché: il capitano Javier Zanetti, da 15 anni all’Inter con grande serietà e professionalità.
La festa è stata però coperta da un velo di malinconia e dispiacere scaturito dall’annuncio di Mourinho, seppur atteso, che la prossima stagione lascerà la società, destinazione Real Madrid. Una decisione certo dolorosa per noi tifosi, ma che in fondo dobbiamo comprendere, giacché Mou qui ha vinto praticamente tutto (anche se manca ancora la Coppa Intercontinentale che si disputerà a Dubai a dicembre) e quindi è in cerca di nuovi stimoli: un nuovo campionato da disputare in un altro Paese, un grande club da riportare agli antichi fasti, andarsene dall’Italia a testa alta. Quell’Italia che spesso lo ha vituperato, pressato, criticato, quasi sempre per “bocca” o per “mano” di qualche giornalista, dirigente, allenatore, Presidente, bramoso di popolarità e simpatie da parte del proprio “popolo calcistico”; iniziò il dirigente Monaco del Catania e ha finito la Sensi presidentessa della Roma. Josè da Setubal, da grande uomo qual è, li ha “risposti” tutti sul campo. In bocca al lupo per la tua nuova avventura madrilista Mister!
Oltre all’addio ormai sicuro di Mourinho si è parlato anche di quello probabile di Milito, forse sempre destinazione Madrid. Mentre Maicon, ai microfoni della Rai, ha affermato che resta; chissà, forse trattasi solo di diplomazia. Fatto sta che in fondo capirei anche la partenza di diversi campioni nerazzurri, in cerca tutti di nuovi stimoli, proprio come l’allenatore portoghese.
Certo, non sarà facile per il nuovo allenatore prendere il suo posto, non solo per ciò che ha vinto ma anche per il carisma con cui ha affrontato l’avventura interista. In effetti un allenatore di carisma e vincente potrebbe non accettare la scomoda panchina nerazzurra proprio perché sa che su di lui ci sarà per anni l’ombra di Mourinho e lo attende una piazza ormai abituata a vincere; pertanto, forse la scelta di un allenatore emergente, e affamato di vittorie, potrebbe essere la scelta giusta. Si è già fatto il nome di Sinisa Mihajlovic, già sulla panchina dell’Inter come secondo di Mancini; oltre che già calciatore nerazzurro. Ma si è anche fatto il nome di Fabio Capello, un allenatore abituato a gestire squadre con molti campioni da far convivere: sebbene si sa che difficilmente lascerà il ruolo di ct della nazionale inglese. Io personalmente, preferirei il secondo.
Comunque, confido nelle scelte della società nerazzurra, che negli ultimi anni ha operato bene, senza compiere quei grossolani errori di mercato compiuti durante gli anni ’90 e inizio 2000.
Concludendo, l’Inter ha conseguito il terzo “titulo” stagionale, dopo Coppa Italia e Scudetto (18^, quindi consecutivo). Potevano essere quattro, se la squadra non avesse perso contro la Lazio a fine agosto la finale di Supercoppa Italia. Ma chi se ne frega. Forza Inter!