Numerosi studi portano influenti ricercatori in vari campi scientifici a firmare l’inclusiva New York Declaration on Animal Consciousness
Cosa sia la coscienza è ancora oggi molto dibattuto, sia in campo filosofico (e in particolare nell’ambito del panpsichismo) che fisico e non c’è nemmeno consenso sul fatto se sia un fenomeno fondamentale o emergente da altri fattori elementari.
Indipendentemente da questo, però, è possibile definire se un animale sia cosciente o meno comparandolo con l’essere umano, che viene universalmente riconosciuto come in possesso di coscienza, qualunque cosa essa sia.
Di conseguenza, per lungo tempo sono stati identificati come coscienti animali simili a noi, ad esempio gli ominidi, per quanto la loro coscienza possa essere diversa dalla nostra e manifestarsi in maniera differente.
Di recente, però, i ricercatori hanno iniziato a rendersi conto che la presenza di coscienza nel mondo animale potrebbe essere ben più diffusa di quanto creduto finora ed essere associabile a specie molto lontane dalla nostra, inclusi invertebrati con un sistema nervoso estremamente diverso e decisamente più semplice.
Un nuovo approccio alla coscienza animale
Nel 2022 Hiruni Samadi Galpayage Dona e colleghe della School of Biological and Behavioural Sciences presso la Queen Mary University (Londra) stavano facendo esperimenti sui bombi quando notarono un comportamento inatteso: le piccole creature, senza ricevere alcuna ricompensa, spingevano e facevano rotolare delle palline di legno, con apparentemente nessun altro scopo che quello di giocare.
Lo studio andava ad aggiungersi a numerosi altri in ambito di coscienza animale, tra cui in particolare alcuni che suggeriscono che:
- i polpi sono in grado di provare dolore emotivo;
- le seppie ricordano dettagli di alcuni eventi passati;
- il cosiddetto pesce pulitore pare superare il test dello specchio, dimostrando quindi un’almeno parziale coscienza di sé;
- il pesce zebra (danio rerio) mostra segni di curiosità;
- il ritmo del sonno nella drosophila (il comune moscerino della frutta) è influenzato dall’ambiente sociale in cui vive;
- i gamberi mostrano stati d’ansia, che vengono perfino alterati da farmaci ansiolitici.
Questo e altro ha portato Kristin Andrews, filosofa e scienziata cognitiva, Jeff Sebo, filosofo e scienziato ambientale, e il filosofo Jonathan Birch a promuovere una rivoluzionaria, decisamente più inclusiva dichiarazione sulla coscienza animale.
New York Declaration on Animal Consciousness
Firmata da numerosi ricercatori influenti, tra cui i filosofi David Chalmers e Peter Godfrey-Smith, le psicologhe Nicola Clayton e Irene Pepperberg, i neurologi Anil Seth e Christof Koch, e lo zoologo Lars Chittka, la New York Declaration on Animal Consciousness mira ad estendere la precedente Cambridge Declaration on Consciousness del 2012, in cui si riconosce che mammiferi, uccelli e altre specie sono (molto probabilmente) coscienti.
La nuova dichiarazione è incentrata sul tipo più semplice di coscienza, quella fenomenica, enunciata per la prima volta dal filosofo Thomas Nagel nel suo saggio del 1974 “What is it like to be a bat?” (“Com’è essere un pipistrello?”). Secondo Nagel, un animale possiede coscienza fenomenica se, come da titolo, essere quell’animale significa essere “come qualcosa”.
All’atto pratico, la creatura deve essere almeno in grado di provare sensazioni quali dolore, piacere o fame, pur senza arrivare necessariamente a esibire stati mentali più complessi, come la coscienza di sé.
Di conseguenza, non è rilevante che tali animali abbiano un sistema nervoso simile o complesso come quello umano e pare che per possedere coscienza fenomenica non sia nemmeno necessario avere una corteccia cerebrale (cioè, lo strato esterno del cervello dei mammiferi, che si ritiene sia utile per percezione, attenzione, memoria e altri aspetti della coscienza).
Implicazioni e obbiettivi della dichiarazione
La dichiarazione ha certamente importanti implicazioni sul trattamento degli animali in cattività, al fine di prevenire dolore fisico e stress, ma i ricercatori sottolineano come questo debba essere solo il punto di partenza.
L’obbiettivo, infatti, è quello di fornire loro le opportunità indispensabili per esprimere i propri istinti, esplorare il loro ambiente naturale e instaurare relazioni sociali: in parole povere, essere se stessi in qualità di agenti complessi.
Ovviamente la strada da percorrere è lunga e accidentata: basti pensare al nostro difficile rapporto con insetti che rovinano i raccolti o zanzare che trasmettono malattie, passando per la scarsa attenzione al benessere della drosophila, ampiamente usata per esperimenti in laboratorio.
Ma Andrews, Sebo e Birch si dicono speranzosi: dopotutto, alcuni avanzamenti scientifici in passato hanno portato all’emanazione di leggi in merito, come quando il Regno Unito ha deliberato un incremento di protezione per polpi, granchi e aragoste.
Inoltre, la dichiarazione ha anche il potenziale per spronare la creazione di nuovi progetti di ricerca sulla coscienza di creature spesso trascurate al riguardo, ma largamente diffuse nei laboratori, come i vermi nematodi e i già citati moscerini della frutta.
(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)