INDIOS, LOTTA INFINITA
Gli Indios sono da secoli abituati a lottare ferocemente per difendere un diritto che gli spetta dalla nascita: la propria terra. E ancora oggi, nel 2000 e passa, sono lì a combattere contro un falso sviluppo e la voracità degli occidentali. Proprio come nel 1500, quando gli europei scoprirono la loro esistenza.
La rivolta è iniziata vistosamente ad aprile, e a giugno ha raggiunto il picco più alto, con una trentina di morti e decine di feriti ricoverati per patologie legate all’inalazione di gas lacrimogeni. Decine di morti fra agenti di polizia. La mobilitazione si era concentrata a Cruz del Diablo, a 700 kilometri dalla capitale Lima. La rivolta ha riguardato ben 1350 comunità.
I nativi si sono mobilitati poiché vi è una legge forestale che permette l’esplorazione e lo sfruttamento di un’area di 45 milioni di ettari di foresta per cercare gas e petrolio, rendendo così inapplicabile i loro diritti ancestrali garantiti dal Trattato Internazionale sui Popoli Indigeni, dei quali il Perù è firmatario. Il Governo di Lima ha venduto di fatto, con un trattato di libero commercio stipulato con gli Stati Uniti, l’Amazzonia peruviana alle multinazionali.
L’atteggiamento del Governo Peruviano sta comportando fratture tra questo Stato ed altri sudamericani, con Alan Garcia che ha accusato allusivamente alcuni paesi vicini, come la Bolivia e il Venezuela, poiché, in nome della sensibilità verso gli Indios, sono a suo dire in realtà interessati alle risorse naturali del proprio paese. Anche Daniel Ortega, il presidente nicaraguese alleato di ferro del presidente venezuelano Chavez, pare abbia concesso asilo ad Alberto Piango, uno dei leader della rivolta, determinando così in modo significativo la frattura politica tra Lima e gli altri paesi socialisti latino-americani.
Vi è anche un italiano tra gli stranieri pro-indios, come l’italiano Mario Bartolini, da trent’anni parroco di Barranquita, che si batte affinché non venga sottratta agli Indios la terra dove sono nati. Accusato di “istigazione alla rivolta”, padre Bartolini è una persona non gradita non solo dal Governo ma anche dal potere locale, ma non si scompone, ed ha chiesto 5mila euro alla sua Congregazione per pagare un buon avvocato che lo difenda davanti ai giudici nel nuovo processo.
In questi giorni però, gli Indios sono passati alle vie legali. Dopo mesi di protesta e di blocco fluviale contro il progetto petrolifero dell’anglo-francese Perenco, hanno deciso di denunciare alla Corte Costituzionale lo sfruttamento in un’ampia area di foresta, catalogata come “Blocco 67”. L’associazione indigena AIDESEP teme infatti che il faraonico progetto (per un investimento dichiarato di 2 miliardi di dollari) possa rivelarsi letale per le tribù indigene che ancora non hanno avuto contatti con l’uomo bianco, e che rischiano di essere sterminate da malattie e germi per cui non hanno anticorpi.
La settimana scorsa Commissione dell’ONU per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali (CERD) si era espressa in favore dei diritti indigeni, raccomandando al governo peruviano di non consentire lo sfruttamento di petrolio e gas nelle terre dei popoli indigeni senza il loro previo consenso informato.
Ho sempre pensato che due cose hanno rovinato il Mondo: la droga e il petrolio, e notizie come questa non fanno che avallare questo mio pensiero. La distruzione della foresta Amazzonica (già da anni sottoposta ad una graduale riduzione dovuta al continuo deforestamento, in favore di strade, case, pozzi petroliferi, sfruttamento degli alberi) vuol dire morte di esseri umani ch vivono ancora ai margini del progresso che ci ha resi tutti infelici; vuol dire morte di centinaia di specie animali e vegetali di rara bellezza e autenticità; vuol dire ossigeno in meno per tutti noi.